Identità, io,
doppio, follia.
Le dimensioni dell'io tra
Ottocento e Novecento.
Allora io guardai nel passato - allora io mi voltava avidamente al futuro, ma io errava sempre nel vano e le mie braccia tornavano deluse senza pur mai stringere nulla; e conobbi tutta tutta la disperazione del mio stato. U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, Milano, 4 dicembre 1798
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egregie cose il forte animo accendono l'urne dei forti....... U. Foscolo, Dei sepolcri , vv.151-152 |
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Cardinale Federigo Borromeo > Chi siete voi,
pover'uomo, che
vi pensiate d'aver saputo da voi immaginare e fare cose più grandi nel
male, che Dio non possa farvene volere e operare nel bene?
Cosa può Dio far di voi? E perdonarvi? e farvi
salvo? e compire in voi l'opera della redenzione? Non son cose magnifiche
e degne di Lui? Oh pensate! se io
omiciattolo, io miserabile, e pur così pieno di me stesso, io qual mi
sono, mi struggo ora tanto della vostra salute,
che per essa darei con gaudio (Egli m'è testimonio) questi pochi giorni
che mi rimangono; oh pensate! quanta, quale
debba essere la carità di Colui che m'infonde questa così imperfetta, ma
così viva; come vi ami, come vi voglia.
A.Manzoni, Promessi
Sposi, cap.XXIII |
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Ed io
pur seggo sovra l’erbe, all’ombra, E un fastidio m’ingombra La mente, ed uno spron quasi mi punge Sì che, sedendo, più che mai son lunge Da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo, E non ho fino a qui cagion di pianto. Quel che tu goda o quanto, Non so già dir; ma fortunata sei. Ed io godo ancor poco, O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno. Se tu parlar sapessi, io chiederei: Dimmi: perchè giacendo A bell’agio, ozioso, S’appaga ogni animale; Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? G. Leopardi, Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia |
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Nessun nome. Nessun ricordo oggi del nome di ieri;
del nome d'oggi, domani. Se il nome è la cosa; se un nome è in noi il
concetto d'ogni cosa posta fuori di noi; e senza nome non si ha il
concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e non definita;
ebbene questo che portai tra gli uomini ciascuno lo incida, epigrafe
funeraria, sulla fronte di quell'immagine con cui gli apparvi e la lasci
in pace e non ne parli più. Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un
nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo.
La vita non conclude. E non sa di nomi, la
vita. Quest'albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest'albero. Albero, nuvola; domani libro o vento; il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo. L.Pirandello, Uno, nessuno, centomila.
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Intertestualità e tematizzazioni - Presentazione del percorso