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L'istituzione  del Mercato Comune Europeo
e le politiche agricole comunitarie

La nascita della Comunità europea

Le condizioni economiche, politiche e militari dell’Europa alla fine del secondo conflitto mondiale erano ben diverse da quelle d’anteguerra. Negli anni Cinquanta l’Europa si trovò difatti a fare i conti con milioni di morti e un’economia in rovina, correndo il rischio di dover subire l’egemonia della superpotenza americana e di quella sovietica, che avevano assunto il ruolo di nuove dominatrici del mondo. Per evitare tutto questo, alcuni intellettuali, politici e statisti, tra cui R. Schuman, ministro degli esteri francese, De Gasperi e Adenauer, capi del governo italiano e tedesco, avviarono una strategia tesa all’unificazione politica dell’Europa. Forti degli aiuti degli Stati Uniti, attraverso il cosiddetto piano Marshall, i maggiori paesi europei iniziarono così un programma di ricostruzione delle loro economie e posero le basi di una cooperazione tra i singoli Stati d’Europa, promuovendo la creazione di tre comunità europee:

- la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) costituita con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951, stipulato tra sei paesi europei, Belgio, Francia, Germania Federale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, allo scopo di mettere in comune, per fini di pace, le risorse che erano servite sino ad allora per la guerra, cioè avviare l’integrazione dei mercati di due beni fondamentali;

- la CE (Comunità Europea) nata dai due trattati di Roma, del 25 marzo 1957, che hanno costituito la CEE (Comunità economica europea), e la CEEA (Comunità europea dell’energia atomica), nota anche come Euratom, allo scopo di allargare l’integrazione, tra gli stessi Stati fondatori della CECA, ad altri settori e realizzare un’unione economica, dove merci e fattori produttivi, capitale e lavoro, circolassero liberamente, nell’armonia delle politiche economiche nazionali. La CE rappresenta dunque una tappa importante del processo di unificazione.
La cooperazione generalizzata a tutta l’attività economica avrebbe permesso di creare un mercato comune europeo.
 


Gli anni di ingresso degli stati nel Mercato Comune europeo e nella UE
 

La politica agricola comune degli anni '50 e '60

Le norme sulla libera circolazione delle merci si applicano anche ai prodotti agricoli. Tuttavia l'agricoltura occupa una posizione particolare all'interno del mercato comune, dal momento che a tali disposizioni si sovrappongono le norme specifiche della Politica agricola comune (Pac): la libera circolazione delle merci viene integrata da azioni d'intervento che garantiscono l'applicazione dei prezzi minimi per i prodotti più importanti e/o la concessione di aiuti finalizzati al sostegno dei prezzi, e assicurano una protezione esterna nei confronti dei paesi terzi. Questa politica di tipo interventista è comprensibile se si tiene conto della diversità delle strutture e delle produzioni agricole dei singoli Stati prima dell'adesione al trattato. Ciascun paese aveva organizzato il proprio mercato basandolo su dazi protettivi, garanzie di prezzi minimi, sovvenzioni dirette per proteggersi dalla concorrenza internazionale. Diversamente dall'ambito industriale, la liberalizzazione dei mercati agricoli si presentava complessa e gravida di contraccolpi negativi. Pesava il ricordo delle carenze alimentari degli anni successivi al secondo conflitto mondiale, ricordo reso ancora più vivo dai timori causati dalle tensioni politiche della guerra fredda. All'imperativo di garantire l'auto-approvvigionamento alimentare - la capacità della Comunità di produrre un livello sufficiente di generi alimentari per soddisfare autonomamente i suoi consumi interni - si aggiungeva la necessità di salvaguardare i redditi della popolazione agricola, che nel 1957 era costituita da quindici milioni di persone, pari a circa il 20% della popolazione attiva comunitaria. Era quindi necessario mettere in atto una politica agricola comunitaria, che tutelasse questi obiettivi e non mettesse a repentaglio l'auto-approvvigionamento alimentare della Comunità.

Alla politica agricola comune ( PAC ) sono stati assegnati una varietà di obiettivi, in parte contraddittori, come aumentare la produttività, assicurare un livello di vita equo agli agricoltori, stabilizzare i mercati, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori. Tale politica si è articolata attorno a tre assi fondamentali.
1) L'unicità dei mercati, che si traduce nell'istituzione di un mercato agricolo comune attuato non solo con l'eliminazione degli ostacoli agli scambi, ma con la fissazione di prezzi comuni per i prodotti agricoli.
2) La preferenza comunitaria, che consiste nella priorità accordata alla produzione agricola interna con misure di protezione ( prelievi e sostegni ) nei confronti delle importazioni a basso prezzo e delle oscillazioni dei mercati mondiali.
3 ) La solidarietà finanziaria, che prevede la compartecipazione di tutti i paesi comunitari alle spese della politica agricola comune attraverso la creazione di un fondo comune ad hoc, denominato Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (Feoga).

Tenendo conto di questi tre assi, sono state istituite, a partire dal 1962, le organizzazioni comuni di mercato per le diverse categorie di prodotti agricoli. Pur con caratteristiche specifiche derivanti dalle particolarità di ciascun prodotto agricolo, le organizzazioni di mercato si basano su alcuni meccanismi comuni:
- i prezzi indicativi di mercato, cioè i prezzi che riflettono la domanda e l'offerta nel mercato comunitario;
- i prezzi di intervento, che determinano il livello al di sotto del quale la Comunità agisce per stabilizzare il mercato con azioni di sostegno (acquisto e stoccaggio dei prodotti);
- i prelievi e le restituzioni, consistenti rispettivamente in dazi doganali gravanti sulle importazioni extracomunitarie ( per parificare prezzo mondiale e prezzo comunitario )
- in forme di sostegno per le esportazioni comunitarie sui mercati mondiali.

La circolazione dei prodotti agricoli ha richiesto un'organizzazione più complessa rispetto a quella dei prodotti industriali anche dal punto di vista monetario. In assenza di una moneta unica si è reso indispensabile istituire complicati meccanismi di compensazione per evitare che il sistema dei prezzi comuni fosse esposto alle oscillazioni delle valute e per riequilibrare i vantaggi concorrenziali dei prodotti derivanti dalla svalutazione delle monete nazionali. Nel corso degli anni, l'aumento della produzione ha ampiamente superato la domanda di mercato con conseguente crescita delle eccedenze agricole e delle spese di intervento e di stoccaggio a carico del bilancio comunitario. Poiché il livello di tali spese ha raggiunto livelli patologici, a partire dagli anni ottanta la politica agricola comune è stata oggetto di successivi ritocchi per mettere sotto controllo la produzione. La riforma della Politica Agraria Comunitaria attuata nel 1992 ha puntato a reintrodurre i normali meccanismi di mercato nel settore agricolo.
 


Dimostrazione del 1964 a Vercelli da parte degli agricoltori, che protestano per la mancanza di una reale politica agraria in grado di sostenere il settore risicolo nelle prime fasi di applicazione dell'organizzazione comune di mercato - Foto tratta da 2001 e dintorni- Federazione Coltivatori Diretti
 


I coltivatori di fronte alla Prefettura di Vercelli si oppongono alle importazioni di riso dall'Egitto e da altri Paesi del Terzo mondo -
Foto tratta da 2001 e dintorni- Federazione Coltivatori Diretti


 

Il ruolo della risicoltura

L’agricoltura svolge in tutti i sistemi economici, e nelle diverse aree geografiche del mondo, un ruolo strategico, in quanto essa rappresenta la risorsa primaria per eccellenza, tesa a soddisfare un bisogno fondamentale per l’umanità, con una incidenza ancora rilevante sotto il profilo della produzione mondiale e dell’occupazione, nonostante il ruolo ormai consolidato dell’industria e gli sviluppi del terziario.  In particolare la coltivazione del riso storicamente ha rappresentato un punto di forza per l’economia vercellese e ancora oggi, nonostante il momento di crisi del settore, a causa della concorrenza dei produttori extracomunitari, occupa ancora la maggioranza degli addetti al settore agricolo.

A livello europeo l’Italia rappresenta il maggior produttore di riso, infatti il Piemonte e la Lombardia localizzano oltre il 50% della superficie risicola comunitaria; ma in considerazione del fatto che altri stati dell’Unione Europea   Spagna, Portogallo, Grecia e Francia – sono produttori di tale cereale,  si è sentita la necessità di mettere in atto un’organizzazione comune del mercato del riso, già a partire dal 1° settembre 1964 ( Reg. 16/64 ).
Il mercato unico del riso  è stato istituito a partire dal 1° settembre 1967 ( Reg. 359 / 67 ), ed è stato codificato a partire dal 1° settembre 1976 ( Reg. 1418/76 ).
 


Fonti bibliografiche:-
- E. Villa ( a cura di ) Federazione Provinciale Coltivatori diretti -2001 e dintorni- Agroalimentare, territorio, credito verso la svolta del nuovo millennio
- R. Santaniello, Il Mercato Comune Europeo, Il Mulino, 1998
 

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