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Cenni storici sull'industria risiera

Dall’Ottocento ai giorni nostri, l’industria della lavorazione del riso ha subito radicali trasformazioni, che riguardano soprattutto aspetti tecnici e logistici.
Come già detto, inizialmente la lavorazione del riso era svolta a livello strettamente locale: in quasi tutti i paesi esisteva almeno un molino che serviva, oltre che alla macinazione della meliga, anche alla brillatura del riso, ossia quell’operazione che consiste nell’eliminare l’involucro naturale dal chicco.

I molini erano costituiti da grandi ruote a pale di legno poste su un corso d’acqua in un punto in cui vi fosse un "salto", cioè un dislivello sufficiente per far girare la ruota. Mediante un sistema d’ingranaggi il moto delle pale faceva ruotare una macina superiore che girava sopra una inferiore fissa.


 


Ruota a pale di un mulino
 


Palestro - Mulino vecchio

Una figura tipica dell’epoca era quella del pilatore (chiamato anche "Pilù" o "Pilota"). I pilatori erano i Maestri delle "pile", chiamate anche "piste", fabbriche nelle quali fino alla metà dell'Ottocento il riso veniva lavorato (in francese: pilè, ossia scortecciato, pulito) mediante una o più batterie di cilindri entro i quali un pestello (in francese: pilon) ritmicamente s'alzava e si abbassava prima scortecciandolo, poi sgrezzandolo. In pratica il riso doveva essere posto in una serie di mortai e colpito da pestelli di legno che però non dovevano arrivare fin sul fondo per non schiacciare i chicchi: era solo la percussione e lo sfregarsi del riso contro le pareti del mortaio che lo liberava dalla buccia.
Le pile sorgevano tra le risaie, in riva ai canali o sugli argini. Qui, il Maestro ed i suoi aiutanti trascorrevano la campagna della pilatura, da metà settembre al giorno di Sant'Antonio Abate, a metà gennaio.

Ancor oggi i capi fabbrica nelle raffinerie di riso sono chiamati "Capi Pila", e "Pilatori" son detti gli specialisti della linea di lavorazione a bianco.

Le varie fasi di lavorazione del riso, che prima erano eseguite nei singoli poderi, dalla fine dell’’800 iniziarono ad essere realizzate in stabilimenti di più grandi dimensioni e maggiormente attrezzati: le riserie.
Le industrie cominciarono ad acquisire una fisionomia tecnica verso il 1870 – 1875, conseguendo con il perfezionamento dei macchinari i vantaggi di una maggiore resa e di una migliore presentazione del prodotto.
I grandi impianti sorsero dapprima vicino ai porti per poter lavorare sia il risone italiano che quello estero (ad esempio la ditta Frugone e Preve impiantò il primo stabilimento a Genova), successivamente si diffusero nelle zone di coltura del riso e nel Vercellese in particolare.
Dalla consultazione di documenti risalenti al 1889, si rileva che all’epoca, nel territorio di Vercelli, esistevano almeno sei grandi riserie, di carattere industriale o agricolo-industriale, che, utilizzando una forza motrice di 205 cavalli dinamici, potevano produrre oltre 115.000 quintali di riso lavorato l’anno. Il prodotto finito era destinato specialmente al mercato estero.

Fino alla seconda guerra mondiale esistevano comunque due categorie distinte di esercizi di lavorazione del riso:

- Le pilerie industriali, meglio note come riserie

- Le pilerie agricole che svolgevano lavorazioni dirette al consumo familiare utilizzando per lo più energia idraulica.

Nell’albo degli impianti del 1935 tenuto dall’Ente Nazionale Risi, nelle province di Vercelli ed Alessandria, si contano 138 pilerie industriali e 49 pilerie agricole.
 

Attualmente, per ciò che riguarda le numerose aziende che operano nel settore risicolo, si può effettuare la seguente distinzione:

*      pilerie agricole: mantengono sostanzialmente le caratteristiche di un tempo; esse svolgono un’attività saltuaria e stagionale, che utilizza mezzi prettamente manuali. Il prodotto agricolo viene lavorato sul posto e venduto sfuso (sotto forma di “riso integrale” o “naturale”) ad un numero limitato di acquirenti al minuto. Negli ultimi anni queste lavorazioni sono state rivalutate per un’attenzione accresciuta verso tutto ciò che è biologico e genuino.

*      piccole riserie: si tratta di aziende quasi sempre a conduzione familiare e che comprendono poche unità produttive. Sono dotate di una scarsa produttività; per questo, si rivolgono ad un limitato numero di negozi al dettaglio oppure effettuano lavorazioni conto terzi, senza operare direttamente nel mercato di sbocco.

*      aziende di piccole dimensioni: sono tecnologicamente piuttosto avanzate; ciò le rende operative anche sul mercato estero. Sono stanziate sul territorio nazionale nelle aree in cui la concorrenza è meno agguerrita, mentre per la copertura all’intero territorio si avvalgono della distribuzione capillare di aziende alimentari, a cui trasferiscono parte della produzione.

Possono attuare due tipi di lavorazione:
lavorazione normale o tradizionale
parboilizzazione, procedure idrotermica che garantisce la tenuta in cottura del prodotto

 

*      imprese di grandi dimensioni: dispongono di impianti tecnologicamente simili a quelli delle medie imprese, ma, grazie ad un sistema organizzativo molto efficace, sono in grado di raggiungere vari segmenti di mercato. Il raggiungimento di buoni margini di guadagno è dovuto all’ampia varietà di prodotti che offrono e ai notevoli investimenti pubblicitari.
Tali aziende sono spesso legate attraverso rapporti di partecipazione con altre imprese di distribuzione, di confezionamento o di commercializzazione.
 

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