T.Stigliani , Cagnolino accarezzato

       

               Quella candida man, che sempre scocca

          nel misero mio cor faci e quadrella,

          or un vil can, ch'ebbe più amica stella,

          teneramente lusingando tocca.

 

               E quella amorosetta e dolce bocca,

          ov'ha per me 'l silenzio eterna cella,

          a lui non ride pur, non pur favella,

          ma in lui di baci una tempesta fiocca.

 

               Deh, perché questi agli amator dovuti

         soavissimi vezzi, or da te sono

         concessi, ingrata donna, ai rozzi bruti?

 

              Tu sai che chi Zerbin donotti, io sono:

         or perché a lui tu baci i membri irsuti?

         Si premia il donatore e non il dono.

 

 

 

 

In questo sonetto il poeta esprime tutta la sua invidia nei confronti di un cagnolino accarezzato dalla candida mano della donna amata: le mani sono uno degli elementi tipici della bellezza femminile, ma la situazione in cui qui viene rappresentata la donna è del tutto inconsueta.

 

 

 

 

Stigliani, Tommaso (Matera 1573 – Roma 1661): poeta italiano, esordì nel 1600 col poemetto in ottave Il Polifemo, d’ispirazione ovidiana e sannazariana; seguirono una prima raccolta di Rime (1601), che poi confluì nel Canzoniere (1605 e 1623), e il poema Il mondo nuovo, passato dai venti canti dell’edizione 1617 ai trentaquattro dell’edizione 1628. A causa di un’allusione al Marino contenuta in quest’opera, nacque una lunga disputa tra i due poeti e le rispettive schiere di seguaci. L’attacco all’autore dell’Adone troverà poi più meditati sviluppi teorici nella prosa polemica dell’Occhiale (1627), che è in sostanza una ripresa di motivi classicistici contro le bizzarrie barocche.

 

 

 

 

 

 

 

 

Home, Attività, La dimensione del corpo e la bellezza femminile nella lirica barocca