Giuseppe Battista

      Amore bugiardo 

    

          Nice, qualora il suo pensier mi spiega,

       ogni parola è di bugie vestita;

       quando ella mi discaccia, allor m'invita,

       e quando mi minaccia, allor mi prega.

 

         Ora pietà promette, ora la nega,

       ed ora m'abbandona, ora m'aita;

       mesta e lieta mantiene a me la vita,

       e mi discioglie allor quando mi lega.

 

         Dopo tante menzogne, alfin m'induce

       a non amarla più giusto furore,

       benché beltà celeste in lei riluce.

 

         Poi dico: - Il non amarla è grave errore;

      ché se la veritate odio produce,

      dritto è che la bugia produca amore.

 

 

Il sonetto ha per tema le “bugie” dell’amante, il cui atteggiamento contraddittorio è descritto nelle due quartine con un gioco di parallelismi sintattici (quandoallor, oraora…) e antitesi (discaccia/invita, minaccia/prega..). Nelle due terzine il poeta esprime la sua reazione con un’arguzia. Un giusto furore per le tante menzogne sembra soffocare il sentimento amoroso. Ma accade poi il contrario: egli si rende conto che se la verità – cioè il carattere capriccioso e falso della donna -  provoca odio, allora è dritto che l’amore nasca proprio dalla bugia. L’amore barocco non è sentimento spontaneo, è un gioco dell’intelletto, che si compiace della finzione, dell’apparenza e del suo rovesciamento.

 

Giuseppe Battista (1610 – 1675), nato a Grottaglie in Puglia, visse a lungo a Napoli e ad Avellino. Laureatosi in teologia, prese gli ordini sacerdotali ma dedicò tutta la sua vita alla poesia. La sua opera principale sono le Poesie meliche, pubblicate in 5 volumi tra il 1646 e il 1675, uno dei maggiori successi editoriali nella seconda metà del XVII secolo in Italia. Scrisse inoltre epigrammi latini, vite di santi e saggi sulla poetica marinista. Fu studiato e citato da Benedetto Croce, che riconobbe in lui una delle voci più caratteristiche del Seicento.

 

 

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