F. Tozzi - Disamore, frustrazione, crudeltà  nella personalità, deprivata di ogni illusione, di un inetto alla vita

O.Rosai - Strade

Federigo Tozzi è un autore di difficile lettura, sia per la forza inquietante dei contenuti nascosti dietro un'apparente narratività naturalistica, sia per lo stile, secco e arido,   ricco di termini toscani arcaici o popolari di non semplice decifrazione.  La rappresentazione di una tormentata e infelice "inettitudine" alla vita è il tratto tematico che caratterizza tutta la sua produzione. Essa, nelle prove più mature, si orienta verso un espressionismo forte, che lascia intuire il bisogno di trasferire nelle immagini - anche a livello di connotazione simbolica - forti tensioni irrisolte sul piano esistenziale.

"Da parte del critico Debenedetti Tozzi viene letto alla luce delle dottrine freudiane, e viene assimilato al maestri del rinnovamento narrativo europeo, in particolare a Kafka, cui lo legano il traumatico rapporto con un padre autoritario e la conseguente incapacità di sviluppare armoniose relazioni con se stesso e il reale. I personaggi di Tozzi, proiezioni autobiografiche, sono perciò una serie di "inetti", di disadattati, di abulici, che in vario modo manifestano la loro difficoltà all'esistenza, sempre pervenendo a un fallimento finale, eroi del negativo dunque e In quanto tali rappresentanti delle inquietudini e delle crisi del nostro secolo." ( Segre )

Le narrazioni ( racconti e romanzi ) sono ambientate nella campagna senese o nella città natale, e parlano di un'umanità frustrata, delusa, nella quale predominano sentimenti negativi: disamore, ostilità, crudeltà, rancori anche immotivati, solitudine, emarginazione, estraniamento.  L'universo tozziano appare dunque un sistema chiuso, attraversato dal dolore, senza spazio per illusioni e consolazioni. A un'interiorità tanto oppressa risponde la ricerca di dettagli spiacevoli anche nell'aspetto fisico dei personaggi, che appaiono perlopiù deformi, toccati da malattie psichiche o organiche, quando non addirittura ripugnanti.  Con impietosa crudeltà, Tozzi paragona molto spesso i suoi personaggi, in generale o nel dettaglio, ad animali, lasciando indovinare la comunanza tra bestialità e umanità, fatte evidentemente della stessa pasta.  Nelle descrizioni fisiche, come in certi scorci ambientali, la scrittura secca di Tozzi arriva a risultati amaramente grotteschi di tipo espressionistico.

La rivoluzione espressiva di Tozzi  è evidente soprattutto nel primo dei suoi romanzi Con gli occhi chiusi, come rivelano  le tecniche narrative impiegate e la forza dei contenuti.

Il malessere nervoso di Pietro, personaggio nato da esperienze autobiografiche giovanili dell'autore, è vittima di un estraniamento dal reale che lo costringe a vivere in una sua dimensione visionana e allucinata, tra delirio e fantasie.  Così emerge nitida la dimensione misteriosa e oscura dell'inconscio: cosìcché, prevalendo tale ottica narrativa, la narrazione è strutturata in modo discontinuo e frammentario, senza cura dei nessi oggettivi.  La vicenda base - l'amore di Pietro per Ghìsola - non si apre mai al rapporto di vita ma  rimane legata all'inazione e condizionata dall'inibizione. Pietro, tacitamente condizionato dal padre, non può amare Ghìsola e alla fine resterà sconvolto di scoprirla incinta di un altro.

 
 



O. Rosai - Disegno



O. Rosai - Paesaggio toscano


Federigo Tozzi nasce a Siena nel 1883, da Federico ( noto come "Ghigo del sasso" nella trattoria di cui è proprietario) e Annunziata, donna mite e di malferma salute. Il padre è un uomo rude, abile negli affari, possidente: le sue collere e il suo disprezzo verso la cultura provocano molti traumi al ragazzo, dotato di grande sensibilità. Difficili si rivelano subito anche i contatti con la scuola. Tozzi viene infatti espulso dal collegio arcivescovile di Provenzano nel 1895, anno in cui muore sua madre; non trova maggiore fortuna nemmeno presso la scuola delle Belle Arti, dove il giovane trascorre tre anni piuttosto burrascosi. Nel 1898 si iscrive alle Scuole Tecniche e già l'anno successivo tenta una prima fuga da casa. Dopo un'ultima delusione (1902) abbandona per sempre gli studi regolari. Ancora al 1902 risale l'inizio dello scambio epistolare con una Annalena, senhal che la novella Novale ha poi mostrato nascondere l'identità della futura moglie di Tozzi, Emma Palagi. È pure l'epoca del suo rapporto con Isola, la Ghìsola di Con gli occhi chiusi.
Resta fondamentale per Tozzi l'esigenza di sottrarsi al dominio del padre, che nel frattempo si è sposato per la seconda volta e ha una relazione con una domestica. Nel gennaio 1907 si reca infatti a Roma alla ricerca, peraltro sfortunata, di un impiego come giornalista. Tornato a Siena a giugno Tozzi concorre ad un posto di lavoro nelle Ferrovie; lo vince, e deve restare a Pontedera dal 5 marzo al 26 aprile 1908. Ottiene quindi il trasferimento a Firenze, ma lascia l'impiego per la morte del padre (15 maggio 1908). Eredita i poderi e la trattoria, liberandosi immediatamente di quest'ultima e rinunciando al suo posto di lavoro con la speranza di poter vivere della rendita dei suoi possedimenti. Si sposa a questo punto con Emma, ritirandosi nel podere di Castagneto (dove tuttavia incontra gravi difficoltà di gestione del fondo, anche a causa della sua incapacità come amministratore), e nel 1909 gli nasce il figlio Glauco.
È l'anno 1910 che segna l'intensificarsi per Tozzi dell'attività letteraria: scrive Ricordi di un impiegato e Con gli occhi chiusi e pubblica alcuni poemetti in versi. Dalla frequentazione della Biblioteca Comunale di Siena ricava competenza e passione per gli antichi scrittori, tanto che arriverà a curare alcune antologie. Già da tempo in amicizia con Domenico Giuliotti, fonda con lui nel 1913 la rivista La Torre di ispirazione cattolica. Collabora anche a riviste di stampo dannunziano come l'Eroica (1912) e la neoromantica San Giorgio (1912-13).
Intanto Tozzi è costretto per difficoltà economiche a vendere un podere e ad affittare quello di Castagneto. Si trasferisce perciò a Roma dove, allo scoppio della guerra, trova impiego come addetto stampa presso la Croce Rossa. Sono di quest'epoca Bestie (che uscirà nel 1917) e Tre Croci, romanzo steso dal 25 ottobre al 9 novembre 1918. Tozzi muore improvvisamente il 21 marzo 1920. Di lì a poco verranno pubblicati Tre Croci, Il podere, e Ricordi di un impiegato.

tratto da http://utenti.lycos.it/Siena_Tozzi/tozzi/biogr.htm

 


da
Bestie - La lumaca

La mia anima è cresciuta nella silenziosa ombra di Sleììa, in disparte, senza amicizie, mgannata tutte le volte che ha chiesto d'esser conosciuta.  E così, molte volte, escivo' solo, di notte, scansarido aiì(,Iìe i laìììploíìl.  Per lo più andavo fino alla Piazza dei Servi, tutta pendente dalla scalinata della Chiesa, con due abeti in mezzo a due piccoli prati, divisi tra loro dalla imboccatura della strada.  Accanto alla Chiesa. un convento, quasi di faccia, un altro; da una parte, un muro con sopra i mattoni messi ad angolo; di là dal muro, Siena con tutta la sua torre.  Allora pensavo alla mia fidanzata.
   Siccome mi riesciva  di vivere, così, separato da tutti, ogni volta che qualcuno mi guardava con quella sua curiosità acuta che m'offendeva, io doventavo più triste, e facevo la strada più corta possibile.  Non passavo mai per Via Cavour, che è quella principale; ma, dal Vicolo della Torre, rasente il Palazzo Tolomei, le cui pietre sono ormai nere, attraversavo e scendevo per il Vicolo del Moro: in fondo, a sinistra, c'era la mia casa.
Basta ch'io mi ricordi di quelle mie tristezze perché mi sembri cattivo anche il cielo di Siena.  Specialmente la sera soffrivo troppo, e non accendevo il lume per non vedere le mie mani: la tristezza stava sopra la mia anima come una pietra sepolcrale, sempre più greve; e mi sentivo schiacciato su la sedia.  E avrei voluto morire.

La mattina, quando incominciavano i soliti pettegolezzi e le chiacchiere - la mia padrona,' Marianna, non poteva fare a meno, magari con una parola sola, di farmene sentire subito la feroce persecuzione, andavo subito in collera; ed ero certo che sarei stato male tutta la giornata.
O strade che mi parevano chiuse sotto campane di vetro!
O amicizie sognate, e soffocate per forza dentro la mia anima, con ira!
Quando andavo a lavarmi le mani e il viso in cucina, sotto la cannella, quasi sempre una lumaca aveva scombiccherato con il suo inchiostro luccicante, tutta la porta.

 


Quinto frammento del volume.  Descrive l'infelice giovinezza senese del narratore. I sentimenti richiamati sono tutti di ordine negativo: solitudine, asocialità, collera. tristezza soffocante di chi racconta; curiosità ostile e pettegola degli altri ( i passanti sconosciuti, la padrona di casa).  Alla fine l'apparizione della lumaca, come spesso in Bestie, provoca un senso di ambigua sospensione straniante. La comparsa della lumaca esemplifica analogicamente come una sorta di correlativo oggettivo ancora una volta lo stato d'animo fondamentale del protagonista e la situazione di emarginazione prima descritta.
 

Prima pagina, Presentazione