D'Annunzio - Il notturno


Il Notturno nasce dalle annotazioni prese da D'Annunzio in un periodo di cecità ed immobilità forzata, in conseguenza di un incidente aereo che gli aveva provocato il distacco della retina. L'opera consta di annotazioni frammentarie, che emergono dalle percezioni della realtà circostante ( colte solo attraverso l'udito ), dalle visioni, dalle fantasie e dai ricordi che si susseguono disordinatamente ed alogicamente.
Il carattere non pianificato della composizione lascia molto spazio alle libere associazioni, ad immagini talvolta allucinatorie che si sviluppano intrecciandosi e fondendosi in un delirio tra il vigile e l'onirico. Il dato fisico e gli echi del contesto esterno sono comunque fondamentali per dar corso alle impressioni mentalmente ricreate dall'immaginario.

All'interno di un affannoso fiorire di sensazioni e di immagini si alternano e si intrecciano due motivi: il rimpianto dell'adolescenza e della vita in genere consumata e perduta; l'immediata rievocazione dell'azione di guerra, del rischio mortale del volo su Vienna. Il "Notturno", nato come diario, si arricchisce di sogni, ricordi, visioni, che ci propongono comunque un D'Annunzio lontano da qualsiasi dimensione superumana e tensione capace di attuare un
sincero ripiegamento interiore esposto in una forma espressiva nuova e per lui inedita: il frammento.
 

Da "Notturno" o "Commentario delle tenebre"

Usciamo. Mastichiamo la nebbia.
La città è piena di fantasmi.
Gli uomini camminano senza rumore, fasciati di caligene.
I canali fumigano.
De i ponti non si vede se non l'orlo di pietra bianca per ciascun gradino.
Qualche canto d'ubriaco, qualche vocio, qualche schiamazzo.
I fanali azzurri nella fumea.
Il grido delle vedette aeree arrochhito dalla nebbia.
Una città di sogno, una città d'oltre mondo, una città bagnata dal Lete
o dall'Averno.
I fantasmi passano, sfiorano, si dileguano.
Non so se io abbia più sete d'acqua o più sete di musica o più sete di libertà.
Sento il sole dietro le imposte. Sento che c'è un'afa di marzo chiara e languida
sul canale. Sento che è bassa marea.
La primavera entra in me come un nuovo tossico. Ho le reni dolenti, in una
sonnnolenza rotta di sussulti e di tremori.


Ascolto
.
Lo sciacquio alla riva del battello che passa.
I colpi sordi dell'onda contro pietre grommose.
Le grida rauche dei gabbiani, i loro scrosci chiocci, le loro risa stridenti,
le loro pause galleggianti.
Il battito di un motore marino.
Il chiocciolìo sciocco del merlo.
Il ronzio lugubre d'una mosca che si leva e si posa.
Il ticchettio del pendolo che lega tutti gli intervalli.
La gocciola che cade nella vasca da bagno.
Il gemito del remo nello scalmo.
Le voci umane nel traghetto.
Il rastrello su la ghiaia del giardino.
Il pianto d'un bimbo non racconsolato.
La voce di donna che parla e non s'intende.
Un'altra voce che dice: "A che ora? a che ora?
"

 

Prima pagina - Percorso tematico