Le quattro forme di bellezza nel sonetto A Zacinto:
la bellezza della natura, del divino, della poesia e del sacrificio.

 
A Zacinto


Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.  

 

Non tornerò mai più alle rive dell' isola dove il mio corpo da bambino giacque, mia cara Zacinto che ti specchi nelle onde del greco mare
dal quale vergine nacque

Venere che fece fertili le isole
con il suo primo sorriso, e la poesia di Omero
non trascurò di esaltare tue limpidi nubi e la tua vegetazione

 e il diverso esilio per il quale
Ulisse - bello di fama e di sventura -
 tornò alla sua pietrosa isola di Itaca.

Cara terra natale tu non avrai altro che il canto del tuo figlio, a me il destino ha imposto la sepoltura in terra straniera.

Sempre vivo e struggente resta in Foscolo il pensiero della sua terra natale: Zante.
In questo sonetto il poeta si protende con nostalgia verso la sua patria reale ma
soprattutto ideale dove tutto risulta essere perfetto, in particolare
le quattro forme di
bellezza: quella della natura( Zacinto) , del divino( Venere), della poesia(Omero) e
del sacrificio.

 

La bellezza della natura, in quanto Zante risulta essere un paesaggio luminoso, un
paradiso perduto unito al fascino della Grecia classica, incarnazione ideale della
bellezza e dell'armonia cosmica in cui l'uomo si sente immerso.
 

La bellezza del divino in quanto vi è una segreta relazione fra Zacinto e Venere,
entrambe infatti emergono dalle stesse acque.
Venere implica l' idea della fecondità,
Zacinto quella della maternità. La dea Venere, la terra natale e la madre si fondono
così in un'unica immagine, quella della Grande Madre antica divinità mediterranea.
 

La bellezza della poesia in quanto Foscolo rievoca il poeta Omero, il quale narrò
il generoso viaggio di
Ulisse diretto verso la sua lontana Itaca dopo la guerra di Troia. Compito dunque della poesia quello di rendere immortale questa vicenda e di celebrare la generosità degli uomini che sanno affrontare coraggiosamente il loro destino.
 

La bellezza del sacrificio inteso come una delle prove più alte di cui  l'uomo possa essere capace. Si contrappone  la situazione di Foscolo che non toccherà mai più Zante a quella di Ulisse, che invece ha  potuto di nuovo baciare la sua pietrosa Itaca; due peregrinazioni  volute dal fato ma con esito diverso. Ad Ulisse gli dei concessero il ritorno a Foscolo non lo concederanno.

 

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