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      Foscolo e Ulisse sono uniti da un destino comune: 
      il
      viaggio doloroso e l'esilio, la lontananza dalla terra natale, dagli
      affetti, l'avventura incerta del ritorno. Un destino crudele che li vuole
      lontani dal luogo dei più cari affetti e dalla terra che li ha visti
      nascere, dove risiedono i legami più saldi con il passato. La terra delle
      origini è quella che non si vorrebbe mai abbandonare, è quella a cui si
      ripensa con più nostalgia.
 
 Questa terra per  
      Ulisse è
      Itaca, dove ritroverà Penelope ed il figlio
      Telemaco, riunendosi dopo molte traversie al suo nucleo familiare. Zacinto
      ( Zante ) è invece la terra natale di Foscolo.
 Il 
      mare greco, che Ulisse attraversa per tornare da Troia alla sua
      famiglia è sede di mille avventure; ma il mito leggendario dell'eroe
      tenace e sfortunato, è storia a lieto fine.  
      Il viaggio è viaggio di
      ritorno. Bello di fama e di sventura , Ulisse rivedrà alfine la sua
      amata isola.
 
      
      Per il poeta c'è come 
      il presagio di un distacco definitivo dalla sua terra 
      natale: 
      "a noi prescrisse il fato illacrimata
      sepoltura" dice Foscolo negli ultimi versi del sonetto. La sua 
      morte non sarà compianta dalle persone care; la tensione che  spinge 
      verso la sua terra diventa amarezza, dolore, disagio dell'assenza. 
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    | Né più mai toccherò
    le sacre sponde        
    ove il mio corpo fanciulletto giacque,
 Zacinto mia, che te specchi nell'onde
 del greco mar da cui vergine nacque
 
 Venere, e fea quelle isole feconde
 col suo primo sorriso, onde non tacque
 le tue limpidi nubi e le tue fronde
 l'inclito verso di colui che
    l'acque
 
 cantò fatali, ed  
    il diverso esilio
 per cui bello di fama e di sventura
 baciò la sua preziosa Itaca Ulisse.
 
 Tu non altro che il canto avrai del figlio,
 o materna mia terra; a noi prescrisse
 il fato illacrimata sepoltura
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      Non toccherò mai più le sacre sponde
 dove posò il mio corpo di fanciullo,
 Zacinto mia, che ti specchi nelle onde
 del mare greco dal quale nacque
 Venere,
      che rese con il suo primo sorriso quelle sponde fertili,  così
      che la poesia famosa di Omero esaltò le tue limpide nubi e la tua
      vegetazione,<Omero> che narrò anche i viaggi in
      mare voluti
 
 dal destino e il diverso esilio
 per il quale Ulisse tornò alla sua pietrosa isola
 con fama e circondato dal fascino dell'avventura.
 
 Tu non avrai altro che il canto del tuo
      figlio
 terra mia materna, a me il destino ha destinato una sepoltura senza
      lacrime in terra straniera.
 
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