Il ricordo del passato si focalizza su ricorrenze e anniversari, che tuttavia non mutano le leggi del tempo irrevocabile
 


Il tema della ricordanza, centrale nei canti, è considerato nel tredicesimo dei Pensieri leopardiani nel suo carattere di esperienza psicologica. La ricordanza è bella ed amabile illusione la quale - attraverso la creazione di anniversari e ricorrenze - "fa sì che il passato non sia spento né perduto del tutto".  Tale falsa proiezione mentale dell'uomo è legata alla volontà di tenere in vita i sogni e l'ansia positiva della giovinezza, di non perdere nulla del passato, annodando gli eventi significativi della vita privata e pubblica attorno ad una storia o ad una tradizione. Vale solo la pena di ricordare che questo tentativo è lo stesso operato da Foscolo nei Sepolcri.
In realtà il muto trascorrere del tempo è irreversibile ed imprevedibile, soprattutto privo di vero significato per l'uomo, che nel mondo della Natura è quasi ospite indesiderato ( Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Dialogo di un Islandese e della Natura ).
Anche la ripetitività degli eventi umani è illusoria e credere che certe date abbiano particolari significati, orientando l'uomo a celebrarne l'importanza, è falsa illusione. La vita dell'uomo è in realtà un perdersi nel nulla, che rende inutile scandire il tempo passato e futuro in relazione ad eventi ritenuti a torto centrali per l'esperienza umana.

Nel Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, composto nel 1832 e inserito nelle Operette morali, si ha una delle tante riflessioni leopardiane sul concetto di tempo. Viene in parte ripresa la riflessione sull'assurdità di festeggiare gli anniversari e le ricorrenze - già presente nei Pensieri - affiancata però da un'altra interessante intuizione. La memoria dei dolori passati non ammaestra in nulla gli uomini, che si proiettano fiduciosamente sul futuro, riponendo mille speranze sulle date che contrassegnano un nuovo almanacco.
Un anno si è concluso, un altro sta per sorgere: una pausa nel grigio flusso del vivere, aperta alla meditazione sul passato ed insieme alla speranza ed all'attesa. S'incontrano e parlano per via un venditore di almanacchi e un passeggere, uomo meditativo e razionale. Sarà quest'anno più felice di quello passato? Certo lo speriamo; ma d'altra parte quale felicità sogniamo se pur mai l'abbiamo conosciuta? Nessuno vorrebbe trascorrere nessuno degli anni già trascorsi ( la memoria sostanzialmente censura il passato come dolore ); vorremmo tuttavia qualcosa di diverso, di ignoto  e in fondo di imprevedibile, perché " Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura", la sola che si può aprire alla speranza e all'illusione.

Il punto di vista leopardiano è certo più vicino alla fredda saggezza del passeggere, che nega valore alle illusioni, ma è sintomatico che - a pochi anni dalla morte - Leopardi ancora presenti,  seppur in un testo filosofico di carattere amaramente ironico, la continua oscillazione della psicologia umana, nell'altalenante riferimento alle certezze del passato e alle vaghe speranze riposte nel futuro.
 



S. Dalì, La persistenza della memoria

Pensieri - XIII

Bella ed amabile illusione è quella per la quale i dì anniversari di un avvenimento, che per verità non ha a fare con essi più che con qualunque altro dì dell'anno, paiono avere con quello un'attinenza particolare, e che quasi un'ombra del passato risorga e ritorni sempre in quei giorni, e ci sia davanti: onde è medicato in parte il tristo pensiero dell'annullamento di ciò che fu, e sollevato il dolore di molte perdite, parendo che quelle ricorrenze facciano che ciò che è passato, e che più non torna, non sia spento né perduto del tutto. Come trovandoci in luoghi dove sieno accadute cose o per se stesse o verso di noi memorabili, e dicendo, qui avvenne questo, e qui questo, ci reputiamo, per modo di dire, più vicini a quegli avvenimenti, che quando ci troviamo altrove; così quando diciamo, oggi è l'anno, o tanti anni, accadde la tal cosa, ovvero la tale, questa ci pare, per dir così, più presente, o meno passata, che negli altri giorni. E tale immaginazione è sì radicata nell'uomo, che a fatica pare che si possa credere che l'anniversario sia così alieno dalla cosa come ogni altro dì: onde il celebrare annualmente le ricordanze importanti, sì religiose come civili, sì pubbliche come private, i dì natalizi e quelli delle morti delle persone care, ed altri simili, fu comune, ed è, a tutte le nazioni che hanno, ovvero ebbero, ricordanze e calendario. Ed ho notato, interrogando in tal proposito parecchi, che gli uomini sensibili, ed usati alla solitudine, o a conversare internamente, sogliono essere studiosissimi degli anniversari, e vivere, per dir così, di rimembranze di tal genere, sempre riandando, e dicendo fra sé: in un giorno dell'anno come il presente mi accadde questa o questa cosa.
 

G. Leopardi, Operette morali - Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere ( 1832 )

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere
. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere.
Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere.
Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore.
Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro?
O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore.
Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male.
E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

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