Indice L'Istituto Cavour nel '900 Avanti Indietro

  La seconda metà degli '70 e gli anni '80

Nella seconda metà degli anni Settanta al «Cavour» due brevissime presidenze: prima quella di Guido Ricotti (a.s.1975-1977), già docente di Lettere all’Istituto negli anni Cinquanta; in seguito quella di Salvatore Guerrera Rocca (a.s.1977-1979), eccentrica figura un po’ d’antan, passato alla storia del «Cavour» come “l’ammiraglio”, per la sua devozione assoluta per la Marina militare: mai prima d’allora tante visite d’istruzione ai grandi porti genovesi e all’Arsenale della Marina militare di La Spezia.
L’ultimo dei tabelloni di fine anno dell’intera nostra vicenda storica risale al 1979 e ritrae il preside in un disegno “navale”, mentre osserva sull’albero di una nave gli allievi di una V Geometri, in alto mare, mentre i loro docenti remano, forse più degli stessi studenti, nel tentativo di trarli in salvo da un probabile letale naufragio da esame. Si distinguono nel disegno, di cui purtroppo abbiamo solo una riproduzione fotografica, l’ingegner Evasio Morano (che ringraziamo per averlo gentilmente ricordato e fornito) e la professoressa Lidia Bagnasco, su una barchetta minuscola, in balia dei flutti.

Accanto a questi docenti in quegli anni ve ne furono naturalmente anche altri che, già da tempo in Istituto, vi sarebbero rimasti ancora a lungo, e che hanno saputo rappresentare dei sicuri punti di riferimento non solo per i propri allievi, ma anche per i giovani colleghi che stavano arrivando numerosi: ad accogliere con cordialità il nuovo ricambio generazionale, ricordiamo Maria Rosa Cumino (Matematica), Giovanna Roncarolo (Materie letterarie), anche per la loro straordinaria carica umana. Né vogliamo dimenticare due tra i sacerdoti che in quegli anni furono continuativamente più  a lungo in Istituto: don Osvaldo Carlino, don Paolo Orecchia.
Inoltre è doveroso rammentare che moltissimi altri, indipendentemente dalle differenze di età, di carattere, di idee hanno saputo condividere giorno dopo giorno il loro patrimonio di esperienza e di cultura.
Ma desideriamo ricordare qui anche quelli che sono mancati, molti dei quali prematuramente: Franco Correale, Piero Codegoni, Maria Rosa Cumino, Franco Pinto, Paola Rossi, Mario Sola, Oscar Renzulli, cui è stata dedicata un’aula al primo piano dell’Istituto. Né va dimenticata Maria Grazia Guida, alla cui memoria sono legati tutt’oggi premi di studio.

Nella metà degli anni Settanta la scuola era molto cambiata rispetto al decennio precedente: la contestazione dopo il 1972 e il 1974 si affievolì; all’Istituto si respirava il malessere generale dei periodi di transizione: per quanto riguarda l’indirizzo per Geometri allora in difficoltà nell’incremento, poco lasciava presagire la sua ripresa degli anni Ottanta; mentre i dati riguardanti la sezione Commerciale mostravano tutto sommato ancora una certa stabilità, sia nel numero degli iscritti che nelle possibilità occupazionali, ma una delle antiche tradizionali aspirazioni dei ragionieri (il famoso posto in banca) sembrava conoscere qualche inversione di tendenza a favore della continuazione degli studi. Tra le facoltà prescelte quelle dell’area linguistica o le tradizionali discipline economiche e giuridiche. Anche i geometri per la prima volta, con dati interessanti in ragione dei numeri, sceglievano di accedere alla facoltà di Ingegneria o di Architettura e si apprestavano a divenire corsi con una maggiore presenza femminile.
Questi elementi, ma anche altri, molto meno formali, sono emersi nel corso di una serie di conversazioni con alcuni docenti che furono anche allievi dell’Istituto e alcuni componenti del personale ATA, oggi entrati a far parte della dirigenza e dell’organico del personale amministrativo: in particolare  il direttore amministrativo Margherita Fariolotti e, con lei, Cristina Luciani
 


Proviamo a raccogliere alcune testimonianze lasciando spazio a qualche ricordo.  

I geometri: al solito, più turbolenti, ancora prevalentemente un indirizzo maschile, un po’ goliardi, un po’eredi dei vecchi “pistapauta” (a detta dei ragionieri), ottimi atleti, di sicuro aitanti (a detta delle ragioniere).  I ragionieri: “pistini”, “troppi”, con “la fissa del posto in banca” (secchioni, noiosi, a detta dei geometri).
Ma apprezzabilissima e in netto incremento la presenza femminile,“visionabile” nell’intervallo (a detta dei geometri). Le ragazze: più competitive e motivate (a detta di tutti). I geometri: più lazzaroni, ma genuini, più gratificanti e diligenti i ragionieri (a detta dei proff.).Per “operazione taglia”  sconsigliabile confidare nei ragionieri, più “esperti” i geometri (a detta dei bidelli).
Ancora ben distinte le differenze tra i corsi.  Ad esempio alla ragioneria il corso A continuava a rimanere interamente femminile e a fregiarsi dell’antica passata nomea di corso d’élite (perdurata nel ricambio generazionale: vi insegnò, tra gli altri,  Eugenio Bellini per un certo periodo – durante gli anni Ottanta collaboratore vicario). Il corso B era invece quello ritenuto più vivace, per la presenza di alcuni docenti con una personalità aperta (la professoressa Beleu’) e di altri con la battuta pronta (Franco Madonini); il corso C aveva fama di essere la roccaforte del conservatorismo (“paura paura”: Paolo Bosso, Giuseppe Dellarole, Emanuele Emanuelli, Mario Sola:- “ci facevano neri”!); il corso D rappresentava una via di mezzo fra la migliore delle tradizioni e la novità: c’erano docenti rigorosissimi nelle materie d’indirizzo e docenti disponibili a mettere in atto criteri didattici apprezzati per il loro “anticonformismo” (Franco Correale).

 


Ed ecco i corsi “nuovi”: negli anni Ottanta i corsi E  e  F, in formazione, le cui classi,  generalmente caratterizzate da un’alta percentuale di studenti pendolari, di docenti di prima nomina, o appena “passati di ruolo”, si distinguevano per attività di sperimentazione, soprattutto nelle materie Letterarie (sono gli anni in cui si ripresero più dinamicamente le attività di biblioteca).
 

 

Per il corso Geometri, alcuni docenti da tanto in Istituto: Lidia Bagnasco, Florindo Borgarelli, Giuseppe Bottero (“se c’era uno con il camice bianco, quello era l’ingegner Bottero”), Valentino Ciocchetti, Angelo Ferraris, Giovanna Roncarolo, Caterina Perazzo accanto al gruppo dei più “giovani”, giunti verso la metà o la fine degli anni Settanta, i “matematici” Ferruccio Gherzi, Oscar Renzulli (a dire il vero all’Istituto dalla metà degli anni Sessanta). All’epoca cominciarono la loro carriera nella sezione Geometri anche alcuni che oggi si apprestano quasi ai trenta anni continuativi di servizio al “Cavour”: Domenico Barillà, Roberto Crosio, Luisa Facelli, Immacolata Fazzone, Gaetano Lo Priore (“Nino”),  Margherita Pasquino, Andreina Ruiti; tra questi anche Laura Corona, da non molto tempo in pensione.
Anni in cui ci si contentava delle prime “macchine del caffè”, invidiando ferocemente l’ITIS, dove c’era il bar. Comunque fosse, in surroga al bar, che continuiamo tuttora ad invidiare ad altre scuole,  andava bene anche la coda  presso i punti di distribuzione delle bevande: luogo di ritrovo importantissimo che metteva d’accordo l’antica rivalità tra ragionieri e geometri, come poi nei decenni successivi sarebbe nuovamente accaduto davanti ai panini e alle pizze di Ettore Clemente.
Sembra di capire insomma che, pur tra mille contraddizioni, ci fossero da  parte di tutte le componenti della scuola curiosità intellettuali, spunti di dibattito, un rapporto dinamico e critico  con l’istituzione. Vent’anni la centralità della scuola nel processo formativo dei giovani era fuori di discussione, anzi, si riconosceva all’istituzione un impegno crescente, una delega più ampia del passato, anche in ragione dei forti mutamenti dell’istituto familiare.
Va detto che già nei primi anni Ottanta l’offerta formativa della scuola doveva registrare la concorrenza di una pluralità di interessi e proposte che erano a portata di mano della nuova cultura giovanile, trasgressiva e difficilmente integrabile nel contesto scolastico che stenta sempre a svecchiarsi e a riconoscerne a fondo la portata.

L’Istituto all’epoca era ancora in espansione: l’Ala nuova, appena conclusa, già tanto capiente non era più, tant’è che presto si sarebbe dovuto ricorrere  alle succursali.  Non si stava poi tanto male nelle succursali, a parte le corse di alcuni docenti che, avendo più classi, mantenevano una linea perfetta scapicollandosi di qua e di là (per fortuna alla sezione staccata del Seminario le suorine preparavano caffè e panini succulenti durante l’intervallo).
Erano gli anni in cui l’Ala nuova aveva “la Rosella” (Rosella Manzoli) e “la Anna” (Anna Servalli): la cortesia e l’efficienza fatte persona. Il «Cavour» è stata probabilmente l’unica scuola in cui un docente (Mario Sola) propose, ed effettivamente ottenne, l’assegnazione del cavalierato del lavoro per una bidella, appunto Anna Servalli, tra l’unanime plauso generale.
 


Una presidenza autorevole

All’epoca, nel giro di poco tempo, si avvicendarono due presidenze: innanzitutto quella di Antonino Scandaliato (a.s.1979-1984), messinese, ma  “naturalizzato” felicemente a Vercelli, città “più scandinava” di Oslo, a suo dire. Non alludeva al clima (il freddo e la nebbia infatti gli piacevano: in quanto a questo era un meridionale piuttosto atipico), ma all’efficienza nordica che, secondo lui, i vercellesi possedevano. Li stimava perché erano dei lavoratori abbastanza tenaci, come lui.

 - Attraverso i vetri di quella finestra [la finestra della presidenza] si vedeva sempre la luce accesa, fin di primo mattino; la sera, a volte già a tardi, si doveva andare, con un po’ di imbarazzo, a ricordargli che bisognava chiudere il portone… - ricorda Liberata Perri, in quegli anni già tra il personale ATA.
Scandaliato si riconosceva, curiosamente, nello spirito di questa città, tant’è vero che dopo essersene dovuto allontanare per un certo periodo, per ragioni familiare, vi fece ritorno non appena poté e concluse la sua carriera come preside del Liceo classico. Scomparso prematuramente era stato un preside autorevole: alla sua morte avvenuta lontano sia dalla Sicilia sia da Vercelli, fu allestita la sua camera ardente nell’Aula Faccio dell’Istituto dove aveva trascorso anni importanti della sua esperienza umana e professionale. Nella metà degli anni Settanta molti erano stati i docenti obbligati a spostarsi da altre regioni o province in più grande difficoltà: e non si parla solo delle province del Sud, ma anche di quelle più vicine della Liguria.

Seguì la presidenza del casalese Franco Romussi la più breve in assoluto tra quelle dell’Istituto, durata un solo anno, eppure in grado di lasciare un segno, avendo dato avvio al riordino della bibloteca proprio in quell’a. s. 1984-1985. Nella seconda metà degli anni Ottanta l’immobilismo della secondaria superiore è obbligato a fare i conti con nuove realtà territoriali, in ambito provinciale, con spinte socio-culturale di segno diverso, con decisive trasformazioni nella mentalità e nel costume di docenti e allievi, con la sfida tecnologica che tutte le scuole devono impegnarsi a gestire velocemente. L’Istituto sarà fra le prime scuole ad averne piena consapevolezza. 
 

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