Indice Il Vercellese nell'800 Avanti Indietro


Una rivoluzione agraria attorno agli anni '50
 

L’agricoltura piemontese all’aprirsi della Restaurazione conservava ancora tutti i caratteri che l’avevano contrassegnata nel corso degli ultimi decenni del secolo precedente e non si ritrovano segni di rinnovamento. Nella Francia del Settecento l’agricoltura era stata oggetto di attenzioni tali da avere anche favorito la nascita di una scuola di pensiero economico, detta fisiocrazia, considerata dagli studiosi del pensiero economico come la prima espressione di una vera e propria dottrina economica dotata di una sua organicità. Le vicende delle guerre del periodo napoleonico avevano creato occasioni di sperimentazioni particolari, ad esempio il tentativo di sostituire lo zucchero di canna, di incentivare la coltivazione delle piante tintorie, ecc… Nel Vercellese poche di queste cose ebbero modo di produrre effetti e, quando lo fecero, non furono tali da lasciare conseguenze significative e durature. La coltivazione del riso ebbe una certa attenzione ma durò poco, anche perché il blocco pose molte limitazioni ai movimenti delle squadre navali francesi.
 


Aratri di varie tipologie impiegati nel corso dell'Ottocento.
 

Vi era uno stacco fra le pratiche agrarie quotidianamente adottate e seguite e le conoscenze degli uomini più aperti allo studio degli elementi che avevano caratterizzato lo sviluppo di una rivoluzione agraria negli altri paesi. Erano noti gli aspetti principali: dalle pratiche delle nuove rotazioni all’utilizzo di fertilizzanti, dalle applicazioni della chimica e della meccanica ai progressi nell’allevamento. Le aziende agrarie piemontesi si ritrovarono ad avere un'organizzazione sperimentata, frutto di lunghi anni di pratica e, soprattutto, a dare un buon reddito complessivo, tanto che gli affitti tenevano un livello soddisfacente per i proprietari. Camillo Cavour, nel 1835 assunse la direzione della tenuta familiare di Leri e Montarucco. Leri si estendeva su una superficie di 1261 giornate, 17 tavole e 9 piedi, pari a 480 ettari; Montarucco su 1235 giornate, 30 tavole e 8 piedi, pari a 471 ettari.

Cavour si ritrovò a Leri con un bagaglio notevole di conoscenze, tratte sia dagli studi che dalle visite all’estero, ma con una superficiale cognizione delle sue terre. La sua primitiva e principale preoccupazione doveva essere quella di una gestione che nell’immediato desse risultati positivi, senza potere programmare profondi rinnovamenti, i quali avrebbero con ogni probabilità richiesto molto; inoltre, non aveva a disposizione mezzi finanziari che andassero oltre il capitale circolante per la gestione corrente, e non poteva avventurarsi in investimenti importanti.

I primi anni dell’attività di imprenditore furono dedicati allo studio attento di molte cose. Cavour viene presentato come uno dei benemeriti del rinnovamento dell’agricoltura nel Vercellese, si ritrovano molti suoi interventi nelle pratiche agrarie ; la sua attenzione fu rivolta all’agricoltura nella misura in cui in essa vedeva uno strumento di sviluppo economico generale. Nel caso piemontese le maggiori risorse erano rintracciabili nei prodotti provenienti dai campi, dalla sua agricoltura, e la trasformazione di questi prodotti poteva essere il settore dove applicarsi per lo sviluppo industriale e per creare occasioni di buoni affari. Il primo episodio di un certo rilievo fu il tentativo di inserire fra le colture del Vercellese la barbabietola da zucchero.

I Concimi

Una innovazione più significativa venne dall’introduzione del guano, come concime. Il problema della carenza dei concimi era sempre stato alla base delle scarse produttività dei campi e condizionava le rotazioni agrarie. Il guano proveniente dal Perù e dall’Africa divenne così anche una occasione di buoni affari per il Conte agricoltore, che si fece intermediario fra l’importazione dall’estero e il suo smercio nel paese. Il guano era un prodotto di importazione, nel solito schema delle industrie naturali; Cavour si dedicò alla ricerca della possibilità di produrre concimi chimici.

Il dibattito su questi concimi si era fatto più intenso e suscitava interesse soprattutto dopo avere sperimentato il guano, tanto che ai concimi chimici venne spesso applicata la definizione di guano artificiale. La chimica applicata all’agricoltura divenne un ramo speciale di studi delle persone dotte e di applicazione per gli scienziati. La teoria della concimazione delle terre formò parte essenziale della chimica applicata all’agricoltura. Esistono in America meridionale alcuni luoghi che la natura volle privilegiare con un tesoro inestimabile. Questo tesoro consiste in strati abbondantissimi di concime, prodotto, si crede, di enormi ammassi di uccelli putrefatti ed escrementi di fenicotteri; si cominciò per circa 15 anni a trasportare i primi carichi, che diedero i loro frutti economici. Notevole le differenze di prezzo, che per il guano in Perù era fissato a 38 lire il quintale, mentre i concimi artificiali oscillavano fra le 26 e le 20 lire il quintale. Purtroppo anche la qualità seguiva il prezzo, non sempre in correlazione diretta.
 


Il Seminatore di Giambattista e Alfonso Ratti
 


Fonti bibliografiche:
-  Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea, Un. agricoltori di Vercelli e di Biella 2002
 
 


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