Il fascismo e la Chiesa - I Patti Lateranensi ( 1929 )


La firma dei Patti Lateranensi tra Mussolini ed il Cardinal Gasparri. ( 1929 )



Complesso fu il rapporto della Chiesa cattolica con il fascismo italiano. Ai suoi inizi, il movimento di Mussolini era apertamente anticlericale e ostile alla Chiesa, di cui il confuso programma del 1919 minacciava seriamente i beni materiali. Inoltre, negli anni 1921-1922, lo squadrísmo fascista colpì con la sua violenza brutale le organizzazione e le leghe bianche (= cattoliche) non meno di quelle rosse; nel 1923 venne assassinato a bastonate persino un sacerdote, don Giovanni Minzoni. li primo giudizio della Chiesa sul fascismo fu, dunque, estremamente duro:
«Il fascismo - scrisse la "Civiltà cattolica" nel 1922 - ha lo spirito di violenza del socialismo, a cui pretende di rimediare, imitandone non solo, ma superandone ben anche le prepotenze, le uccisioni, le barbaríe».

La valutazione iniziò a modificarsi dopo che il fascismo andò al potere, Mussolini si rese conto di quinto fosse essenziale, per consolidare il proprio potere, l'appoggio dei cattolici. Pertanto, con grande soddisfazione

della Santa Sede, nel 1923 ordinò di reintrodurre i crocefissi negli ospedali (da dove, invece, il laico stato liberale li aveva rimossi) e stanziò tre milioni di lire per il restauro e la ricostruzione delle chiese danneggiate durante la guerra. In tal modo, andò costruendosi un clima di reciproca fiducia, che sfociò nella firma degli accordi del Laterano dell'11 febbraio 1929.

I Patti Lateranensí si concretizzarono in tre distinti documenti. Al primo posto va ricordato il Trattato, in base al quale il Regno d'Italia riconosceva Santa Sede «la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul -Vaticano». In tal modo, dopo quasi sessant'anní, rinasceva uno Stato della Chiesa (la Città del Vaticano), dotato di piena e completa sovranità sul proprio territorio: la «questione romana», apertasi nel 1870, trovava così la sua definitiva e formale chiusura.

La Convenzione finanziaria fu una specie di corollario economico del Trattato (che si limitava alle sole questioni politiche e territoriali); l'Italia si impegnò a versare alla Santa Sede una cospicua somma ( 750 milioni di lire in contanti, più una rendita perpetua di 50 milioni annui da interessi su un miliardo in titoli di stato ) in qualità di indennizzo per la perdita dei proventi dell'antico Stato della Chiesa, subita dal papato nel 1870. In questo caso non si può parlare di una rottura con il passato, visto che lo stato liberale, con la Legge delle guarentigie del 1871, si era offerto di versare al papa una rendita annua, in modo che egli potesse provvedere alle proprie necessità dopo aver perduto gli introiti provenienti dai territori di cui era stato in passato il signore temporale.

Una vera svolta rispetto allo stato laico uscito dal Risorgimento fu rappresentata invece dal terzo documento firmato il 1 febbraio 1929: il Concordato; . Sulla base di esso, infatti. lo stato cessava di essere neutrale in campo religioso, e accettava di privilegiare una confessione sopra tutte le altre. Alla Chiesa cattolica fu concesso che la sua dottrina religiosa fosse oggetto di insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado; l'articolo 36 del Concordato affermava categoricamente che «l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica» veniva considerato dall'Italia a fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica». Analogamente, alla Chiesa venne concesso che il matrimonio celebrato secondo il rito cattolico avesse piena validità civile e che ai sacerdoti scomunicati fosse impedito di esercitare attività di insegnamento nelle scuole e nelle università dello stato.

La differente valutazione degli accordi del Laterano

Sia per la Chiesa sia per il regime fascista, i Patti Lateranensi furono un grande successo. Eppure ben presto emersero differenti valutazioni degli accordi: ciascuna delle due parti cercò di porre l'accento sull'elemento che riteneva maggiormente importante per la propria strategia d'azione. Mussolini ad esempio, nel discorso tenuto alla Camera il 13 maggio 1929 in occasione della ratifica degli accordi, insisté soprattutto sul fatto che lo stato fascista era riuscito là dove lo stato liberale aveva sempre fallito. La stipulazione del Concordato, a suo giudizio, era stata soltanto il necessario prezzo da pagare per giungere alla soluzione della questione romana. In nessun modo, secondo il Duce, la firma del Concordato significava che alla Chiesa venisse concesso di interferire nella vita civile e sociale: lo stato non aveva rinunciato in nessun settore alla sua piena sovranità.

Tuttavia Mussolini non si proponeva di tutelare quel poco che restava della laicità dello stato italiano, né si preoccupava che i cittadini non cattolici potessero in qualche modo risultare discriminati. Egli, piuttosto, ribadiva che il regime mirava comunque (malgrado il Concordato) al pieno controllo di ogni aspetto della vita del paese e degli italiani: «Lo stato fascista - affermò Mussolini nel suo discorso - rivendica in pieno il suo carattere di eticità: è cattolico, ma è fascista, anzi soprattutto, esclusivamente, essenzialmente fascista. Il cattolicesimo lo integra, e noi lo dichiariamo apertamente, ma nessuno pensi, sotto la specie filosofica o metafisica, di cambiarci le carte in tavola». .

Il papato, all'opposto, minimizzò l'importanza del Trattato, insistendo sul fatto che i vari documenti erano assolutamente inseparabili l'uno dall'altro. Quel che contava, agli occhi di Pio XI, era di esser riuscito ad infligge ere un colpo decisivo al principio della laicità dello stato, e per questo motivo ammetteva che solo con un nemico del liberalismo come Mussolini gli era stato possibile raggiungere un simile risultato. Per il papa, l'essenziale era di esser riuscito a far sì che lo stato italiano fosse di nuovo ufficialmente cattolico, e non più agnostico. Tutta la storia dei rapporti tra fascismo e Chiesa cattolica poggiò su un equivoco: ognuna delle due parti pensava di poter utilizzare e strumentalmente l'altra, traendone profitto per i propri fini. Da un lato, in effetti, Mussolini trasse innegabili vantaggi dalla firma dei Patti, ovvero utilizzò l'alleanza con la Chiesa come potente arma per ottenere il consenso delle masse cattoliche al regime. Dall'altra parte, viceversa, la Chiesa sperò di poter sfruttare la cancellazione dalla scena italiana del liberalismo e del socialismo come piattaforma per rilanciare una vera e propria riconquista cristiana dell'ltalia.

I Patti lateranensi saranno rivisti nel 1984.

Il termine laici indica innanzitutto coloro che, all'interno della comunità cristiana, non sono sacerdoti. Estendendo il proprio significato, la parola designa più in generale coloro che non sono religiosi oppure hanno assunto verso la fede un atteggiamento di distacco critico. Lo stato laico  non esprime alcun giudizio sulle questioni religione: mantenendosi rigorosamente neutrale, si limita a garantire a tutti i suoi cittadini la più completa libertà di pensiero e di culto. Inoltre, uno stato laico non attua nessuna discriminazione per motivi religiosi: cattolici, ebrei, musulmani, atei... sono, ai suoi occhi, cittadini assolutamente identici, con gli stessi diritti e i medesimi doveri.

Il termine concordato indica un accordo stipulato dalla Santa Sede con un Governo. Tale accordo regola i rapporti tra uno stato e la Chiesa cattolica che. a seconda dei contesti, riesce ad ottenere maggiori o minori vantaggi. In certe situazioni, la Chiesa si limita a chiedere la completa libertà di culto e di evangelizzazione; in altre situazioni, ottiene invece che il cattolicesimo occupi una posizione speciale rispetto agli altri culti. Ad esempio, nelle scuole d'Italia viene insegnata soltanto la religione cattolica, mentre le altre fedi non sono diretto oggetto di studio. il Concordato stipulato nel 1929 è stato recepito tale e quale dalla Costituzione della Repubblica Italiana, ma nel 1984 è stato modificato per garantire in modo più efficace i diritti dei cittadini non cattolici.

La revisione dei Patti Lateranensi ( 1984 - 1985 ). Col tempo sia l'evoluzione in senso sempre più pluralista della nostra democrazia e la crescente sensibilità di fronte all'esigenza di una completa penetrazione dei principi costituzionali in ogni campo della vita associata, sia il nuovo orientamento della Chiesa, che con il Concilio Vaticano Il hanno finito per far riconoscere il pieno il valore della libertà religiosa. La Chiesa ha definitivamente rinunciato ad avvalersi dei braccio secolare dello Stato per la realizzazione dei suoi fini spirituali ed in tal modo si è affermata una diversa maniera d'intendere i rapporti tra le due istituzioni che ha portato all'accordo di modifica dei Patti Lateranensi, firmata il 18 febbraio 1984 e tradotta in legge nel marzo dell'anno successivo. Le innovazioni rispetto ai Patti del 1929 non sono poche né di poco conto. Scompare l'affermazione che la religione cattolica è la sola religione dello Stato ed è solennemente proclamato il principio della libertà religiosa, che sia lo Stato sia la Chiesa sono tenuti a rispettare. I matrimoni contratti con unione religiosa continuano a cadere sotto la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, ma le sentenze emesse da tali tribunali vengono sottoposte al controllo dei giudice italiano, teso ad accertare che non siano stati violati i principi fondamentali dell'ordinamento italiano. La religione cattolica continua ad essere oggetto di insegnamento nelle scuole pubbliche elementari e secondarie, ma è rispettata la libertà di coscienza e la responsabilità educativa dei genitori degli alunni minorenni, per i quali essi hanno il diritto di scegliere se avvalersi o no di quell'insegnamento (l'applicazione di tale normativa ha determinato nella vita di molte scuole notevoli difficoltà organizzativi ed ha suscitato anche aspre polemiche su questioni di principio). E' stato poi stabilito che, con decorrenza 1 gennaio 1990, venga a cessare ogni finanziamento diretto dello Stato alla Chiesa cattolica e divenga operativo un sistema in base al quale lo Stato ammette in detrazione fiscale le offerte elargite dai cittadini contribuenti in favore dei clero e riserva una percentuale dello 0,8% della massa delle imposte dirette o per scopi umanitari (a diretta gestione statale) o per scopi di carattere religioso (a diretta gestione della Chiesa o di altre confessioni religiose). Nel momento in cui si compila la denuncia dei redditi ciascun cittadino sceglie a quale dei due scopi debba essere indirizzata la quota suddetta: se non dà indicazioni la quota è ripartita in proporzione alle scelte operate dall'insieme dei contribuenti.

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