I. Svevo - La Coscienza di Zeno ( 1923 )


Trieste ai primo del '900


Ettore Schmitz ( Italo Svevo )


LA COSCIENZA DI ZENO. Romanzo di Italo Svevo ( pseudonimo del triestino Ettore Schmitz, 1861-1928), pubblicato nel 1923. Dopo il lungo silenzio dello scrittore (Senilità è del 1898), quest'opera, a molti critici d'Europa apparve una scoperta vera e propria e fu addirittura considerato da taluni un capolavoro per la sua nuova tecnica narrativa. La materia della narrazione e l'atteggiamento di un'acuta introspezione ed autoanalisi fecero avvicinare  Svevo a Proust e a Joyce, determinando un vivissimo interesse per la nuova sua manifestazione artistica. In un lungo racconto autobiografico - che si immagina steso per ordine del medico curante ( lo psicanalista Dott. S. ) - un essere abulico e apparentemente annoiato della vita, Zeno Cosini, riparla del suo passato, attraverso il recupero memoriale di alcune situazioni che sembrano tracciare tappe significative nella costruzione della sua personalità. Tutte queste esperienze sono presentate con distacco e sostanzialmente accettate dal protagonista, che delinea anche la parabola della nevrosi, che forse lo accompagna da gran tempo, ma che non può in alcun modo considerarsi un male da curare.

La presentazione dei cinque episodi chiave della sua vita si compie  legando continuamente i ricordi remoti con la percezione del presente in quello che viene definito un continuo monologo interiore. E' la  coscienza - come misteriosa entità psicologica e linguistica - ad esprimersi, quasi inconsciamente, al posto del personaggio. Essa ricuce le sensazioni ed i ricordi più o meno sfocati legati al passato e tende costantemente ad autogiustificare il comportamento e le scelte del protagonista. Esso è visto in fondo in balia del suo destino, solo aiutato da un naturale istinto alla spontaneità, che - tutto sommato - lo cautela dai drammi più dolorosi. Anche le scelte che possono - ad una prima analisi apparire inopportune - in realtà si riveleranno positive, perché la vita è sempre capace di correggere da sola gli sbagli degli uomini, che sappiano accettare la sua sostanziale assenza di logica. L'avvertire che c'è qualcosa di differente e sostanziale nel dramma degli altri non lo porta mai a rendersi  conto della necessità dell'azione energica, mentre viene privilegiata la riflessione continua sul senso delle cose, piuttosto che l'impegno a mostrare una salda volontà di cambiamento.

Ad esempio il vizio giovanile del fumo indica un suo vago malessere, un suo cattivo adattamento alla disciplina imposta dal padre ed egli giunge fino ai piccoli furti domestici per accontentare la sua abitudine.
Tuttavia egli non saprà mai liberarsi da questa abitudine nociva e finirà per autogiustificarla, come necessaria alla compensazione dell'esistenza.

 Con l'andar degli anni perviene al matrimonio: indeciso tra le diverse sorelle Malfenti, si unisce a quella che meno gli piace, Augusta. Anche questa scelta, alla lunga , si rivelerà felice, perché l'attenta intelligenza della moglie sarà capace di vigilare sulla salute e sull'equilibrio di Zeno molto meglio di quanto avrebbe potuto fare l'avvenente Ada.

Intanto Ada, che sarebbe stata da lui in certo modo preferita, andrà sposa a Guido Speier, un ragazzo brillante ma scioperato e poco adatto agli affari, a cui si associa lo stesso Zeno. La nuova azienda va lentamente alla rovina per il malcalcolato acquisto di settanta tonnellate di solfato. Anche in questo caso Zeno si rivela però più abile del cognato ( apparentemente tanto sicuro di sé ). Quest'ultimo infatti perde la vita, mal disponendo un suo falso suicidio, mentre il protagonista lentamente è capace di risanare l'azienda.

Se Guido ha i suoi vizi, e le relazioni con la segretaria indicano come egli trascuri la famiglia, per conto suo Zeno, uomo che non sembra provare nessun vero rammarico morale, s'è già fatto un'amante in una povera ragazza, Carla Gerco, curiosa di musica. Ma dopo un certo tempo egli finisce per stancarsene. Anche l'avventura extraconiugale sembra non aggiungere interesse e significato alla sua vita di inetto.

Zeno del resto incerto e neghittoso non fa neanche a tempo, per star dietro alla Borsa, ad andare ai funerali del cognato Guido. Già quando si era trattato del proprio matrimonio con Augusta, si era fatto attendere inutilmente per più ore. La sua non è pura distrazione ma piuttosto leggerezza con cui affronta i veri drammi della vita o le situazioni importanti, quasi per dimostrare - inconsciamente - che il coinvolgimento è irrazionale e non aiuta davvero gli uomini.

L'opera termina con alcune pagine quasi staccate dal resto del racconto, in riferimento al contatto del personaggio con la realtà della guerra italo - austriaca e con il successo economico legato alla sua attività commerciale di venditore di vernici. Tale successo economico sembra averlo definitivamente guarito dalle sue nevrosi: ed è così che decide di interrompere unilateralmente la cura psicanalitica, che forse per la verità non aveva mai iniziato. Infatti la scrittura del diario - sempre razionale e controllata - non può considerarsi una vera confessione, che si possa inquadrare come una terapia di tipo psicanalitico. Insomma la scrittura è attività razionale che priva di ogni automatismo il linguaggio dell'inconscio.

La conclusione è quasi filosofica: la vita appare inquinata alle radici. Esasperata produttività, ricchezza e consumismo alterano la natura umana, mentre la guerra appare quasi un benefico deterrente alla proliferazione di tali logiche utilitaristiche, alle quali pure Zeno si sente legato attraverso la sua professione. Forse l'unica salvezza, individuata ottimisticamente, sta proprio nel lasciar parlare la nostra coscienza che valuta l'assurdità e la casualità del vivere ed accetta tutte le insensate debolezze umane. E' compito poi della scrittura e non della cura psicanalitica permettere all'uomo di convivere con tali debolezze. Ironia e distacco aiutano l'uomo ad accettarsi nella sua lenta e contraddittoria maturazione alla vita.
 

GRAFO ESEMPLIFICATIVO

MODULI DI STORIA CLASSE 5^DOCUMENTI