Come è nata la Didattica Breve.

Questa pagina illustra come è nata la DB e attinge ampiamente dal testo di F.Ciampolini, La didattica breve, Il Mulino, 1993.
In particolare i rilievi qui proposti, che si rifanno ad interventi del Prof. F.Ciampolini,  si trovano alla pp.15-23 dell'opuscolo divulgativo :  Progetto inter - IRRSAE M.P.I , Un percorso di "Didattica Breve" verso la qualità del recupero scolastico e nella Ricerca metodologico Disciplinare" a cura di Stefano Contadini. IRRSAE Emilia Romagna
L'IRRSAE Emilia Romagna (  V.U.Bassi 7 40121 Bologna 051-27669   Fax 051-269221) e gli IRRSAE regionali sono a disposizione di quelle scuole  facciano richiesta di questo materiale.

Come è nata la D.B.

"Occupiamoci ora, brevemente, di come è nata la D.B. e di come successivamente si è sviluppata. Questo soprattutto in vista di comprendere quale tipo di retroazione essa abbia ricevuto dalla scuola militante, e quali modifiche ' di conseguenza siano state apportate ad essa, cosicché la D.B. oggi, pur immutata nelle idee di fondo, ci appare sensibilmente diversa da quella di venti anni fa, soprattutto sul piano operativo....                                
Rifacendomi appunto a tale inizio, devo precisare che la D.B. alla fine degli anni '70 era nata per rispondere soprattutto a esigenze di aggiornamento rapido dei docenti. Era evidente allora, e ancor più lo è oggi, che il travolgente sviluppo scientifico-tecnico, caratteristico della nostra era di cambiamento, rende estremamente difficile per il singolo docente mantenersi al passo con i tempi. Se il docente tenta di auto-aggiornarsi con i mezzi abituali (libri, ad esempio), scopre quasi sempre che essi sono veicoli lenti se commisurati all'impegnativa routine quotidiana di ognuno di noi. Si pensò allora di mettere a punto una metodologia da applicarsi fra persone di pari maturità ( i docenti), per il trasferimento rapido del sapere dall’uno all'altro in sede di aggiornamento ("oggi io ti aggiorno sulle cose che tu non sai, domani mi renderai la cortesia, aggiornandomi sulle cose che io non so). Questi erano i discorsi che circolavano fra noi docenti a quei tempi, discorsi certo non molto formalizzati, ma sicuramente interessanti per tutti noi. Interessanti anche per il mondo delle imprese, sensibile al problema della rapidità dell’aggiornamento ancor più della scuola, per gli indubbi risvolti positivi che tale rapidità avrebbe potuto avere sulla competitività delle aziende stesse. Anche la scuola mostrò un certo interesse iniziale. Sembrava che la DB potesse decollare, sia pur timidamente, già agli inizi degli anni '80, ma poi non se ne fece nulla: per vari motivi, ma fondamentalmente perché il sospetto di utopia, di cui si è detto, era troppo resistente e duro a morire.

Come si è sviluppata la DB.
Il manipolo di "ricercatori DB, allora alquanto sparuto, entrò in una sorta di quarantena, che sostanzialmente risultò utile perché avemmo la possibilità di continuare con tranquillità le nostre ricerche e di migliorare la messa a punto di esempi che potessero confermare la previsione di notevoli guadagni temporali. La quarantena durò fin oltre la metà degli anni '80, quando finalmente il Ministero della Pubblica Istruzione (in conseguenza forse di un convegno nazionale sulla innovazione nella Scuola, nel quale avevamo avuto occasione di esprimere alcune nostre idee) ci chiamò e ci invitò a tenere alcuni corsi di aggiornamento sulla DB, rivolti a docenti della Media Superiore. Fu in particolare la Direzione Generale Tecnica quella che ci dette i primi incarichi, e la D.B. di conseguenza si rivolse per prima ai docenti di scuola afferenti a tale Direzione.
I  corsi in questione andarono bene per un verso, non troppo bene per un altro. Andarono abbastanza bene perché appariva molto più facile di prima convincere numerosi docenti che in fondo la D.B. era "fattibile", magari con difficoltà; un conto è pensare che una cosa è difficile, altro è dichiararla impossibile. Una prima battaglia si poteva dunque dire già vinta, forse la più importante. Sotto un altro versante le cose non andarono altrettanto bene. Vi era infatti una obiezione che i docenti sistematicamente ci facevano: 'la D.B. è interessante per noi docenti ... però non è trasferibile ai nostri studenti. Devo dire che, almeno all'inizio, questa obiezione non ci preoccupò granché. Eravamo infatti ancora nella logica della fine anni '70, quando pensavamo alla D.B. come a uno strumento per accelerare l'aggiornamento. Nel mirino della D.B. erano allora i docenti, non gli studenti.
Questi ultimi erano sullo sfondo della nostra interazione, ma non pensavamo di dovercene interessare direttamente. Se i corsisti (ossia i docenti partecipanti all'aggiornamento DB) avessero intravisto nella D.B. qualcosa di utile per i loro studenti, avrebbero pensato loro stessi a fare gli adattamenti necessari per il trasferimento della D.B. ai propri studenti. Così ragionavamo allora. Tuttavia, constatando che questa obiezione di non trasferibilità della D.B. agli allievi continuava a ripetersi, sistematica e convinta, nei vari corsi successivi, capimmo una cosa importante: che i docenti quando si aggiornano lo fanno soprattutto per i loro studenti. Questa scoperta, che penso faccia onore ai docenti medesimi, fece decidere anche noi; da quel momento in poi anche gli studenti furono nel mirino della D.B.. Così nei vari incontri, successivi a una prima generica sensibilizzazione, per affrontare (a livello di esempio) il dettaglio specialistico di una disciplina, organizzammo l'esposizione facendo finta di avere di fronte non dei docenti, ma i loro allievi.
Questa decisione si rivelò azzeccata e rappresentò un vero e proprio giro di boa che segnava un'importante retroazione della scuola militante sulla D.B.. I corsi di aggiornamento si arricchirono infatti di una bidirezionalità di formazione, se così posso dire: noi, ricercatori D.B., insegnavamo ai docenti i fondamenti della DB, loro insegnavano a noi (in gran parte provenienti dall'Università, un mondo molto diverso dalla scuola) come è fatto uno studente della media superiore, oggi. Siamo sinceramente grati alla Scuola militante di aver reagito in quel modo, anche perché, se oggi possiamo dire qualcosa di attendibile anche al di fuori della D.B., più precisamente nel delicatissimo settore del 'recupero scolastico". questo lo dobbiamo certamente a quel cambio di orientamento e di mentalità che la D.B. ha effettuato in risposta alla retroazione suddetta. A questo punto possiamo arrestare la descrizione dello sviluppo della D.B.
 

Possibili applicazioni della DB.
Rimandando a un punto successivo la risposta alla domanda più importante ("Come si fa la D.B.?'), diamo per ora per scontato che si sappia come si fa. Immaginando dunque di poter disporre di uno strumento come la D.B., che uso possiamo farne? In proposito la D.B. può essere vista sia come generatrice di "qualità", sia come generatrice di "tempo". Per chi è convinto che la D.B. sia soprattutto una didattica di elevata qualità (e noi pensiamo che questo convincimento crescerà man mano che i docenti impareranno a praticarla anche nel loro insegnamento abituale) è chiaro che la D.B. è utilizzabile un po' ovunque, anche quando non vi siano particolari motivi di fretta. Come generatrice di "tempo". l'importanza della D.B. coincide con l'importanza delle attività che utilizzano il tempo messo a disposizione dalla D.B. stessa, e che, senza la D.B., probabilmente non si potrebbero fare, quantomeno con un buon rendimento. L'elenco delle attività che la D.B. rende possibili o comunque favorisce è abbastanza lungo; procediamo a un breve commento delle medesime.
 

Aggiornamento
 Dell'aggiornamento su contenuti nuovi, reso rapido mediante l'utilizzo della D.B., già si è detto a proposito degli inizi della D.B. stessa. Visto dal Ministero P.I. è chiaro che un aggiornamento più veloce riduce i costi unitari e di conseguenza, a parità di investimenti e di tempo, permette di aggiornare un maggior numero di docenti e aggiornamenti meno costosi potrebbero anche consentire di aumentare il grado di polivalenza disciplinare dei docenti. Particolarmente di quelli che, avendo la cattedra centrata su una materia tipicamente multidisciplinare, si trovano spesso in difficoltà nel momento in cui la loro formazione universitaria, ricevuta su uno spettro di contenuti meno ampio di quello previsto per la materia in questione, venga a confronto con l'insegnamento della materia stessa. Può accadere allora che il docente finisca col nutrire un vero "complesso" per la parte di materia su cui non si sente adeguatamente preparato, e tenda di conseguenza a "squilibrare" l'insegnamento, spostandolo istintivamente verso la parte che conosce meglio. La D.B. in casi del genere, tutt'altro che rari nella scuola italiana, potrebbe svolgere un ruolo duplice: quello di rendere disponibile il tempo per fornire ai docenti quella preparazione che non hanno ricevuto negli studi universitari; quello di entrare nel vivo del corso di aggiornamento a ciò preposto, rendendolo assai "breve" e, come tale, particolarmente "invitante" per quei docenti che sul piano psicologico hanno da superare le difficoltà di cui si è accennato sopra.
 

Recupero scolastico
Come è noto, il tema del 'recupero scolastico" è forse il più attuale e il più scottante fra quelli che la scuola italiana deve oggi affrontare. E' evidente che per 'recuperare" studenti occorre molto tempo: un tempo molto maggiore di quello che oggi si dedica a tale attività. Di conseguenza è chiaro il ruolo che la D.B. può svolgere in proposito. L'argomento è di tale importanza che ad esso verrà dedicata tutta la parte finale dell'incontro di sensibilizzazione, alla quale parte pertanto si la trattazione.
 

Lauree brevi
Un settore, a prima vista estremamente congeniale alla D.B., è indubbiamente quello dei Diplomi universitari, più comunemente noti come 'lauree brevi". In effetti la natura specialistica di tali diplomi, fortemente ancorata ai contenuti disciplinari delle discipline in oggetto (caratteristica, questa, in comune con la D.B., come vedremo meglio nel seguito), e l'esigenza di portare in tempi brevi gli allievi a diplomarsi, sono alla base della congenialità suddetta. Tuttavia la D.B. stenta, e non poco, ad entrare su questo terreno per lei estremamente favorevole. Le difficoltà che incontra, però, non nascono dal suo essere "breve", ma dal suo essere "didattica": e dal fatto che tale didattica richiede un preliminare investimento in un tipo di ricerca, la RMD, che non trova al momento riconoscimento adeguato nell' Università.
In proposito vale forse la pena ricordare. ciò che non è un mistero per nessuno, particolarmente per chi (come il sottoscritto) vive nel mondo universitario. L'Università italiana ha molti pregi, ma purtroppo essi sono scarsamente collegati ai problemi della didattica. E' ben noto infatti che nell'attuale modello universitario la "ricerca" occupa incontrastata il primo (ma forse sarebbe meglio dire, "l’unico") posto. Si tratta di una ricerca orientata sui contenuti (ma non sui metodi ottimali per insegnarli), nei quali non infrequentemente vengono raggiunte punte di eccellenza di livello mondiale, mentre le attività didattiche vengono, nei fatti, ovunque considerate di serie "b". Per rendersi conto di questa verità è sufficiente dare una occhiata agli abnormi livelli di incremento nei tempi medi necessari a laurearsi. Nella mia Facoltà (Ingegneria) ci si laurea ormai mediamente in otto anni ed è rarissimo, anche fra gli allievi migliori, il laurearsi senza perdere almeno un anno o due. Per non parlare poi del drop-out, addirittura più elevato (seppur psicologicamente meno drammatico) di quello scolastico. Nessuno si stupisce di ciò nel nostro ambiente, a cominciare dai giovani laureati agli inizi della carriera universitaria, i quali apprendono come prima cosa che, se vogliono avere qualche speranza di arrivare alla cattedra, non devono dedicarsi troppo alla didattica, perché questo sottrarrebbe tempo prezioso alle attività di ricerca, da testimoniare con pubblicazioni di tipo non didattico. lo stesso, per occuparmi di problematiche inerenti all'insegnamento, ho dovuto attendere di diventare prima ordinario, seguendo tutt'altre cose. E' dunque il "modello universitario" che spinge verso questa indifferenza per tutto ciò che attiene all'insegnamento e quindi alla scuola. Finché il modello resterà quello attuale, coerentemente con se stesso, esso continuerà a generare l'indifferenza suddetta. Chi dunque architetta grandi piani di coinvolgimento dell'Università nelle questioni della scuola, punta, a mio avviso, su un cambiamento di modello nell'Università. I cambiamenti di modello, si sa, non avvengono dalla sera alla mattina: li possiamo auspicare (come personalmente faccio), ma dobbiamo anche tenere i piedi per terra, consapevoli che i tempi saranno comunque molto lunghi e che la scuola non può vivere nel frattempo solo di attese. Questo non significa naturalmente che sull'Università non si possa oggi fare alcun conto. A parte il contributo dei pedagogisti universitari, da sempre presenti nel mondo della Scuola, vi è quello relativo all'aggiornamento sui contenuti. Si tratta di contributi indubbiamente indispensabili, ma che lasciano tuttavia scoperta l'area di ricerca sui metodi di insegnamento "specifici" ottimali per le singole discipline. Per una scuola di massa come la nostra, il cui principale punto dolente non sta, a mio avviso, nella quantità dei contenuti, ma nella qualità dei modi con cui si insegnano, è fondamentale correre urgentemente ai ripari. La copertura di quest'area è vitale anche per il fatto che essa è quella più direttamente chiamata in causa per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro e della società in genere. Su questo argomento tornerò fra breve quando tratterò della cosiddetta RMD.
In conclusione, ritornando, alle lauree brevi, è chiaro che, proprio in quanto il rispetto dei tempi nominali è per esse fondamentale, non è parimenti rispettata la qualità, come la D.B. sarebbe in grado di fare, previo però investimenti nella suddetta RMD: in assenza di tali investimenti, la D.B. stenta a decollare a livello universitario, ma anche le lauree brevi registrano "un'impasse", in quanto mostrano la loro debolezza sul piano metodologico dell'insegnamento.
 

Corsi post-diploma.
Per i corsi post- diploma si potrebbero ripetere considerazioni molto simili a quelle appena svolte per i diplomi universitari  con qualche lieve speranza di riuscita in più. Paradossalmente la maggiore aspettativa deriva proprio dal fatto che essi si appoggiano fondamentalmente alla Secondaria e non all'Università. Poiché nella Secondaria sussiste una maggior fiducia nei confronti della didattica intesa come "ricerca", se questa fiducia saprà concretizzarsi in ricerca effettiva, orientata a conciliare tempo e qualità (così come cerca di fare la D.B.), i risultati non mancheranno. In attesa che ciò possa avvenire (per ora è solo un auspicio), anche i corsi post-diploma mostreranno difetti analoghi a quelli delle lauree brevi, dimostrandosi più che "formativi".
 

Raccordi vari
 Sotto il generico titolo "Raccordi vari" si raggruppa una serie di possibili applicazioni, che sarebbe troppo lungo elencare minuziosamente, in quanto riferibili a molteplici attività che spesso sono già presenti nella scuola, ma che trovano qualche difficoltà proprio nella limitatezza del tempo * disposizione per esse. Mi limito a qualche esempio.
Un problema di fronte al quale tutti i docenti si trovano è quello relativo ai "pre-requisiti" che uno studente "dovrebbe' avere ben saldi per affrontare con efficacia lo studio di una nuova materia. Sappiamo benissimo quali situazioni tragiche il condizionale "dovrebbe" non poche volte nasconde. Ecco dunque che una D.B., in grado di contrarre i tempi della nuova disciplina (per far spazio ai pre-requisiti) ed anche quelli da dedicare ai pre-requisiti medesimi, può rivelarsi strumento assai utile nel raccordare la materia in questione a quelle ad essa propedeutiche.
Analoghi raccordi si possono immaginare (nell'anno della maturità ad esempio) fra la scuola che termina e l'ambiente in cui presumibilmente lo studente andrà a vivere l'anno dopo ( Facoltà universitarie di vario tipo, mondo delle imprese e/o del lavoro in genere )   integrando quella semplice informazione, che ormai tutte le scuole danno abitualmente, con qualcosa di più sostanzioso e mirato".....

Filippo Ciampolini.

I contributi della DB all'autonomia delle scuole.

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