L'arrivo di Bradamante e il duello 
vittorioso con Sacripante 

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    Ecco pel bosco un cavallier venire,
    il cui sembiante è d'uom gagliardo e fiero:
    candido come nieve è il suo vestire,
    un bianco pennoncello ha per cimiero.
    Re Sacripante, che non può patire
    che quel con l'importuno suo sentiero
    gli abbia interrotto il gran piacer ch'avea,
    con vista il guarda disdegnosa e rea.
    
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    Come è più presso, lo sfida a battaglia;
    che crede ben fargli votar l'arcione.
    Quel che di lui non stimo già che vaglia
    un grano meno, e ne fa paragone,
    l'orgogliose minacce a mezzo taglia,
    sprona a un tempo, e la lancia in resta pone.
    Sacripante ritorna con tempesta,
    e corronsi a ferir testa per testa.
    
    
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    Non si vanno i leoni o i tori in salto
    a dar di petto, ad accozzar sì crudi,
    sì come i duo guerrieri al fiero assalto,
    che parimente si passâr gli scudi.
    Fe' lo scontro tremar dal basso all'alto
    l'erbose valli insino ai poggi ignudi;
    e ben giovò che fur buoni e perfetti
    gli osberghi sì, che lor salvaro i petti.
    
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    Già non fêro i cavalli un correr torto,
    anzi cozzaro a guisa di montoni:
    quel del guerrier pagan morí di corto,
    ch'era vivendo in numero de' buoni:
    quell'altro cadde ancor, ma fu risorto
    tosto ch'al fianco si sentí gli sproni.
    Quel del re saracin restò disteso
    adosso al suo signor con tutto il peso.
    
    
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    L'incognito campion che restò ritto,
    e vide l'altro col cavallo in terra,
    stimando avere assai di quel conflitto,
    non si curò di rinovar la guerra;
    ma dove per la selva è il camin dritto,
    correndo a tutta briglia si disserra;
    e prima che di briga esca il pagano,
    un miglio o poco meno è già lontano.
    
    
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    Qual istordito e stupido aratore,
    poi ch'è passato il fulmine, si leva
    di là dove l'altissimo fragore
    appresso ai morti buoi steso l'aveva;
    che mira senza fronde e senza onore
    il pin che di lontan veder soleva:
    tal si levò il pagano a piè rimaso,
    Angelica presente al duro caso.
    
    
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    Sospira e geme, non perché l'annoi
    che piede o braccia s'abbi rotto o mosso,
    ma per vergogna sola, onde a' dì suoi
    né pria né dopo il viso ebbe sì rosso:
    e più, ch'oltre al cader, sua donna poi
    fu che gli tolse il gran peso d'adosso.
    Muto restava, mi cred'io, se quella
    non gli rendea la voce e la favella.
    
    
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    - Deh! (diss'ella) signor, non vi rincresca!
    che del cader non è la colpa vostra,
    ma del cavallo, a cui riposo et esca
    meglio si convenia che nuova giostra.
    Né perciò quel guerrier sua gloria accresca;
    che d'esser stato il perditor dimostra:
    così, per quel ch'io me ne sappia, stimo,
    quando a lasciare il campo è stato primo.