Osservazioni sul tema della valutazione
( tratto da http://www.univirtual.it/  sito dell’Università Virtuale di Trieste )

I FONDAMENTI DELLA VALUTAZIONE SCOLASTICA

1.1 LE TRACCE DEL CORSO ON LINE

Il corso svilupperà quattro nuclei tematici:
1) La prima traccia dovrà riguardare il ventaglio dei significati della valutazione: ad un estremo, troviamo significati rigidi ai limiti della sperimentazione statistica e, all’estremo opposto, troviamo significati non soggetti a regole, ai limiti della più assoluta discrezionalità.
2) La seconda linea di condivisione, ed anche di convenzione terminologica, dovrà riguardare le molteplici attività che concorrono a definire un’azione valutativa: controllo, accertamento, verifica, monitoraggio, validazione; sono tutte attività che contribuiscono a determinare il valore della formazione, ma ciascuna di esse va collocata e ambientata entro specifici contesti.
3) Una terza traccia dovrà sviluppare analiticamente, e strumentalmente, tanto la valutazione degli apprendimenti, quanto quella degli insegnamenti, per completarsi con quella del sistema scolastico.
4) Un ultimo punto, infine, non potrà che riguardare lesame finale  di stato (sia nelle medie che nelle superiori) e la certificazione delle competenze acquisite.

1.2 TRA TANTI SIGNIFICATI, ALLA RICERCA DI SENSO E DI VALORE

1.2.1 Il pensiero valutativo

Per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti, è opportuno precisare il concetto comprensivo di valutazione: valutare significa attribuire o dichiarare il valore di qualcosa, significa valorizzare   qualcosa in funzione di uno scopo. Valutare nella scuola è individuazione e ricerca di ciò che ha valore (negli apprendimenti, negli insegnamenti, nell’istituzione) per la formazione della persona. "L’atto valutativo può essenzialmente definirsi come una assegnazione di senso-valore a un determinato evento o processo educativo (e agli oggetti, fatti, elementi che lo costituiscono)" (C. Borello, 1996, p. 129).

L’attribuzione di senso e valore è necessario ma non sufficiente per definire il nucleo concettuale della valutazione: anche il giudizio morale o il giudizio estetico conducono ad attribuire senso e valore a qualcosa, eppure non sono riconducibili in toto alla valutazione. Per essere tale un'attività valutativa dovrà considerarsi:

- un’attività di pensiero produttivo: la valutazione deve produrre qualcosa di nuovo 1 ; e quel qualcosa deve essere funzionale alla regolazione, al cambiamento, alla crescita, allo sviluppo;

un’attività di
pensiero comparativo: la valutazione è sempre frutto di un confronto tra due o più entità. Il giudizio senza confronto, senza comparazione, non può essere definito valutativo. Se si emette un giudizio senza esplicitare il termine di paragone non si valuta: tutt'al più (e nel migliore dei casi) si contempla;

un’attività di pensiero critico: la valutazione, attraverso il confronto delle idee, punta alla ricerca di conferme e di confutazioni, nel dubbio e nella critica, per produrre informazioni necessarie per decidere e per agire;

un’attività di pensiero ermeneutico: la valutazione vive di interpretazioni e congetture, radicate nei mondi (valoriali, cognitivi, esperienziali, affettivi, relazionali, …) di colui che valuta.

Rifletti: Nella scuola si usa frequentemente il termine "giudizio": in genere denota un’espressione verbale (aggettivi o frasi) in contrapposizione ai numeri (il 7 è un voto, o un punteggio, ma non può   essere definito giudizio). Benché il termine "giudizio" si sia impropriamente consolidato nelle comunicazioni scolastiche, il verbo "giudicare" non ha il medesimo significato di "valutare". Anche il giudice valuta, ma il risultato della sua riflessione è una sentenza che condanna o assolve.

Es.: se attribuisco 5 o "insufficiente" ad una prestazione dello studente, il 5 (o l’insufficiente) è il risultato della mia analisi, della mia riflessione, del mio pensiero; è il valore che io attribuisco a quella prestazione: è qualcosa di nuovo, che quella prestazione prima non aveva, ed ora cambia il senso e la rappresentazione della prestazione (e perciò serve per regolare, reindirizzare, il percorso formativo).

 Succede che qualche insegnante utilizzi i momenti della valutazione come forche caudine per esercitare "l’ultima azione che ci è rimasta per poter esercitare un minimo di potere sugli studenti". È una deriva deontologicamente riprovevole e denota l’incapacità di affermare le proprie competenze professionali.

La valutazione non è mai assoluta o definitiva. L ’incertezza è sempre presente, ed è perciò necessario assumere un atteggiamento scientifico (di ricerca) riservando alla valutazione il ruolo di convalida delle ipotesi di riuscita che ci si pone in sede di progettazione. Per superare la soggettività della valutazione è opportuna la massima trasparenza comunicativa negli scopi, nei criteri e nei metodi tra coloro che valutano.

1.2.2 Le modalità valutative

La valutazione si rappresenta concretamente come un sistema di attività, tecniche e strategie che accompagnano tutto il percorso formativo (la valutazione non si fa solo alla fine, com’è banale consuetudine, ma comincia con l’analisi dei bisogni, del contesto, della situazione iniziale). Le tecniche valutative comprendono l’osservazione sistematica (per riscontrare lo stato delle conoscenze, capacità, abilità, competenze, procedure, ...) e l’osservazione esperienziale (per l’analisi dei comportamenti, atteggiamenti, stili, climi, processi...), la rilevazione dei dati (per misurare risposte, risultati, prodotti, ...), la verifica delle ipotesi e del raggiungimento degli obiettivi; ma la valutazione non si identifica e non si esaurisce con l’applicazione di alcune tecniche.

Qual è il rapporto tra la valutazione e il suo oggetto?
Si possono ritrovare tre diverse intenzioni: la valutazione può proporsi a) di misurarlo, b) di apprezzarlo, oppure può cercare c) di interpretarlo.
La misura, in cui prevale ovviamente una dimensione squisitamente quantitativa, e l’apprezzamento, il cui l’approccio è fondamentalmente qualitativo, sono accomunati dalla predeterminazione dei criteri: l’oggetto di valutazione (o le sue caratteristiche, proprietà, …) è confrontato con i criteri prefissati. L’interpretazione come atto valutativo, invece, ha lo scopo di portare alla luce, attraverso la comprensione personale del valutatore i significati da lui vissuti ed esperiti in relazione a ciò che sta valutando.

Es.: Gli allievi hanno svolto una prova di verifica. Le attività valutative dell'insegnante rispetto la prova sono: Misura: sommatoria delle risposte positive e/o errate. Apprezzamento: comparazione (valorizzazione) tra i risultati ottenuti dallo studente rispetto a quelli (suoi) precedenti o a quelli della classe o agli obiettivi (criteri) prefissati. Interpretazione: il docente si rende consapevole circa i vissuti inerenti le prove di verifica (sia i suoi vissuti che le reazioni personali e collettive degli studenti).

1.2.3 Il senso di tutti e il valore di pochi

Bisogna inizialmente fissare un assioma fondamentale: è impossibile non valutare. In altre parole tutti valutano tutto (e sempre). La valutazione, infatti, è primariamente un'attività del pensiero, attraverso cui ogni persona, grande o piccola, assegna propri significati a ciò con cui si relaziona o con cui viene in contatto; e, sulla base del senso attribuito, agisce, si comporta, sceglie e prende decisioni. In classe non valuta solo il docente. Anch'esso è valutato dagli studenti (e non solo rispetto al suo agire professionale): quando entra in aula, alcuni indizi, come lo sguardo, l’espressione del volto, l’andatura e la gestualità, le prime parole, la postura, permettono agli allievi di percepire immediatamente il suo umore e, di conseguenza, adottare i comportamenti ritenuti idonei. Questa valutazione è spesso inconsapevole, non si presenta come un processo di pensiero riflettente ma quasi come un meccanismo retroattivo tra percezione e reazione. È opportuna, pertanto, la precisazione di J.M. Barbier (1989, pp. 32-33), il quale distingue la valutazione in tre grandi tipologie: la valutazione implicita, quella spontanea e quella istituita.

1) La valutazione implicita, benché sia per lo più disgiunta da una piena consapevolezza della sua reale natura valutativa (che sta appunto nell’attribuire un senso e un valore al fine di modificare le azioni e i comportamenti), accompagna la maggior parte delle interazioni che avvengono scuola, e ciò condiziona largamente le attese e gli esiti del processo educativo. La valutazione implicita è pervasiva, spiccatamente soggettiva, largamente influenzata da stereotipi e pregiudizi.
2) Anche la valutazione spontanea è informale, ma, a differenza di quella implicita, si svolge su un piano di consapevolezza; non dipende da norme fissate in precedenza ma da criteri contingenti, adottati al momento. Il valore della valutazione spontanea si ritrova nella sua capacità di cogliere e far emergere quegli elementi connessi all’incertezza e all’imprevedibilità dei processi, alla complessità e alla variabilità delle situazioni; mette in risalto quindi, quegli elementi che una valutazione più strutturata e guidata rischia di tralasciare.

3) La valutazione istituita, infine, si caratterizza non solo per essere esplicita e formalmente espressa, ma soprattutto perché è socialmente organizzata, annunciata ed eseguita come tale, sulla base di procedure determinate e per mezzo di strumentazioni specifiche. "Essa possiede allora una funzione sociale precisa … definita dall’uso che potrà essere fatto del giudizio di valore, che a sua volta dipende concretamente dal tipo di decisione che si è in grado di prendere in funzione dei risultati della valutazione" (C. Hadji, 1995, p. 22).

1.2.4 La valutazione non deve esprimere solo il senso ma anche il valore

Nella scuola convivono tutte le tipologie e le espressioni valutative,  tanto quelle implicite e sottintese, quanto quelle esplicite ed organizzate: ogni soggetto che valuta esprime ciò che sente, palesa il  suo senso; ma solo la valutazione istituita, progettata, trasparente, socialmente coordinata rivela i valori. La valutazione non deve cercare soltanto il senso (il significato personale rispetto ad un mondo di significati), deve invece spingersi a cercare ciò che vale in quel senso, il positivo che diventa base di partenza di percorsi formativi, le qualità per assumere decisioni consapevoli, i talenti per valorizzare ogni soggetto. Il valutatore di qualità, sia esso insegnante o studente, dovrà puntare alla trasparenza e alla condivisione della valutazione istituita, rimanendo comunque sempre consapevole dell’ingerenza dei fattori umani, soggettivi e personali, che naturalmente si interpongono nei processi formativi: questa consapevolezza arricchisce tanto la valutazione quanto l’azione formativa.

1.2.5 Il controllo totale di una formazione squilibrata

Se il primo assioma "è impossibile non valutare", è valido se applicato ai processi di pensiero personali, esso viene contraddetto e negato se adottato in ambito di progettazione formativa. Il secondo assioma, in contrapposizione al primo, sostiene che nella scuola è deleterio e dannoso valutare sempre e tutto. È sufficientemente evidente, senza particolari approfondimenti etici o ideologici, come il controllo totale, alla stessa stregua dell’assenza di controllo, sia antiformativo. Il controllo totale trasforma l’istruzione in mero addestramento ripetitivo, produce automi spersonalizzati; l’assenza totale di controllo fa perdere all’istruzione il paradigma determinante in quanto attività intenzionale verso uno scopo: senza controllo non si sa dove si sta andando. Le attività di valutazione, pertanto, vanno dosate, calibrate, centrate su quei nodi concettuali (competenze, conoscenze, principi, teorie, modelli) e su quei legami (processi, procedure, relazioni) che si considerano cruciali per lo sviluppo e significativamente rappresentativi dell’intero mondo sottoposto ad analisi. Ogni eccesso valutativo  è un inutile esercizio di dominio, che manifesta l’insicurezza pedagogica (e probabilmente anche psichica) di chi lo esegue; e provoca, a colui che subisce l’eccesso valutativo, sensi di ansia, di impotenza e di inadeguatezza, vissuti inquisitori e reattivi. Al contrario la mancanza di valutazione, quando andrebbe fatta, porta a incomprensioni di ciò che sta realmente succedendo, e quindi a distorsioni ed interpretazioni errate, a disorientamenti nei curricoli, ad apprendimenti superficiali. Soltanto l’equilibrio valutativo garantisce processi di insegnamento efficaci e processi di apprendimento autonomi. Allo stesso modo, il cammino verso una formazione orientata all’equilibrio prevede tappe metacognitive nell’affinamento della consapevolezza di sé. La consapevolezza è prima di tutto capacità di autovalutazione. L’allievo apprende davvero quando è consapevole di ciò che ha imparato, del perché lo ha imparato, a che cosa gli serve e a che cosa gli potrà servire quello che ha imparato. Lo stesso accade al docente. Il processo iterativo dell’azione-riflessione promuove lo sviluppo metacognitivo: la valutazione, da controllo esterno, diventa elemento di maturazione verso l’acquisizione di padronanze e di competenze a garanzia dell’autonomia delle persone e dell’istituzione formativa. Sia per l’allievo che per la scuola, l’autonomia nasce dalla capacità di autovalutarsi.
Dal punto di vista del docente, l’equilibrio didattico si costruisce sull’orientamento e sulla personalizzazione degli apprendimenti, con progetti, azioni e decisioni. La valutazione consapevole e quella che costruisce apprendimenti fondati sulla relatività dei progetti, sull’incertezza dei processi, sulla necessità di continui affinamenti per migliorare i risultati e diventare "esperti".

Con la scuola dell’autonomia la valutazione assume un valore determinante, viene estesa ad ogni elemento, ad ogni progetto, ad ogni evento formativo. In tal senso, i rischi maggiori cui va incontro questa scuola sono legati all’espansione degli elementi da valutare e ai conseguenti tecnicismi risolutivi. La dilatazione valutativa non conduce ad un vero e proprio controllo totale, ma comporta un’insistenza eccessiva al dominio di tutto, anche del dettaglio e dell’insignificante, e questo potrebbe condurre a insofferenze, distorsioni, rifiuti. Ciò che deve caratterizzare la valutazione nella scuola dell’autonomia sono i significati e i valori che in ogni scuola si prospettano nel Piano dell’offerta formativa e quotidianamente si costruiscono e si "processano".

 H.G.Gadamer (1985) parla, al riguardo, dell’opportunità di sospendere il giudizio. La sobrietà valutativa per un verso permette all’allievo di provare e di sbagliare senza l’assillo del controllo punitivo e, dall’altro, riconosce le esigenze individuali di ciascuno, rispettandone i tempi ed i ritmi di apprendimento e di maturazione.
L’altro rischio, connesso ai tecnicismi valutativi che vengono adottati in sostituzione dell’expertise professionale del docente, riguarda l’incapacità di approfondire le trame significative degli apprendimenti negli allievi. Un insegnante può essere specializzato in tecniche di costruzione dei test, ma se la sua valutazione è tutta legata ai test rende un cattivo servizio tanto alle ricerche docimologiche quanto alla formazione dell’allievo. Allo stesso modo, sul versante opposto, la stigmatizzazione o il rifiuto delle prove oggettive, o delle prove strutturate, privano l’insegnante di utili strumenti di comparazione delle osservazioni e di approfondimento delle analisi.

Perciò i nuovi punti di attenzione della valutazione si ritroveranno nel suo essere plurale, condivisa, migliorativa, ecologica, sistemica, sistematica, dinamica.

1.3 TRIANGOLARE LO SGUARDO VALUTATIVO

l terzo assioma sostiene che la valutazione di una persona è sempre soggettiva. L’individualismo del docente, ed in particolare del docente della secondaria, è un freno continuo all’innovazione e al miglioramento. Le nuove norme sollecitano azioni in team di docenti, in gruppi di lavoro, in dipartimenti per aree disciplinari, e per progetti trasversali. Tali azioni comprendono attività di progettazione, di pianificazione, di produzione dei materiali, di gestione dei gruppi di studenti, ed anche di valutazione. La scuola dell’autonomia comporta una valutazione plurale e condivisa, non individualistica. La valutazione di una sola persona, insegnante, dirigente, genitore o allievo, è una valutazione ad elevata probabilità di errore, in quanto la percezione soggettiva si piega e si conforma ai propri schemi cognitivi e mentali, alle proprie esperienze e ai propri vissuti. Le distorsioni dovute all’effetto alone, che enfatizza una caratteristica a detrimento di altre, o anche all’effetto Pigmaglione, che modella l’allievo sulla base delle proprie previsioni, devono essere superate con la triangolazione dei punti di vista. Il principio di triangolazione sostiene che per ridurre la 4 Va da sé che nessuna norma legislativa potrà imporre la repentina trasformazione di una consolidata cultura al lavoro solitario del docente. Si renderanno necessarie azioni formative per il personale in servizio, concertazioni progressive (in particolare tra docenti della medesima area disciplinare), progettazioni condivise (in particolare tra docenti che operano nei confronti di uno specifico gruppo di studenti).  Vedremo l'effetto alone e l'effetto Pigmaglione tra gli errori di valutazione soggettività valutativa è opportuno che l’osservazione sia effettuata da almeno tre persone.
Il principio della triangolazione non intende sfiduciare le osservazioni individuali e le interpretazioni soggettive, bensì valorizzarle nel confronto e nel raccordo, per ottenere un risultato con un valore aggiunto superiore e più ricco rispetto alla somma delle parti. Osservare qualcosa da più punti di vista significa abbracciarla, "prenderla dentro", comprenderla meglio. Valutare qualcosa da più punti di vista significa condividere significati e valori, ad un livello di profondità irraggiungibile da un singolo valutatore.

Per la riflessione: Quello della triangolazione non è certamente un principio originale (basti pensare alle valutazioni delle commissioni d’esame, dei team o dei consigli di classe), ma è altrettanto certamente uno dei più disattesi. Perché? Per il semplice fatto che la cultura della valutazione, una cultura insieme rigorosa, comprensiva e trasparente, mette in crisi le sicurezze personali di coloro che valutano: tutti si  sentono in grado di valutare (e spesso pensano di essere valutatori competenti) ma ben pochi se la sentono di mettere in discussione le proprie idee, e ancor di più i propri giudizi, confrontandoli e comparandoli con quelli degli altri.

Perché il numero tre? Bisogna subito precisare che il tre non è il numero ideale, ma il numero minimo per garantire l’attendibilità di una valutazione qualitativa: aumentando i punti di vista si incrementano gli incroci e le comparazioni, e questo non potrà che affinare la conoscenza. L’oggetto da valutare viene "compreso" da una rete che, per essere tale, deve unire almeno tre nodi; e, in quanto oggetto complesso, viene individuato e riconosciuto da almeno tre coordinate. Un
consiglio di classe, mediamente composto da una decina di insegnanti, dovrebbe essere una rete di punti di vista, purché l’oggetto-processo osservato sia comune e condiviso.



Se si perseguono competenze trasversali, comuni a più discipline, è necessario che quelle competenze trovino un momento valutativo comune. In consiglio di classe, nelle riunioni per gli scrutini, non si dovrebbero semplicemente accostare i voti che ciascun insegnante attribuisce; non ha senso: tanto varrebbe consegnare gli elenchi in segreteria. Se ha un senso la valutazione nel consiglio di classe, quel senso si ritrova nella condivisione di un obiettivo che tutti concorrono a raggiungere, nei percorsi che l’insegnante attiva, da solo e/o con altri, e nell’ analisi collettiva (confronto) del risultato raggiunto. Così in un consiglio di classe si parla di qualcosa che professionalmente interessa tutti, perché quel qualcosa è una competenza, che l’allievo deve apprendere, che insieme era stata progettata e insieme sarà valutata.
E quando non si può essere in tre?
Naturalmente nelle molteplici situazioni scolastiche non è sempre possibile valutare utilizzando la triangolazione dei punti di vista; finché lavora da solo, l’insegnante, nell’isolamento della sua classe, agisce nella massima discrezionalità valutativa. In tal caso si rende necessaria la triangolazione tecnico-strumentale , dove, per ridurre la soggettività del docente, è opportuno che costui metta in atto una molteplicità di tecniche e di strumenti, sia misurativi (come le prove di verifica, i test, gli esercizi), sia descrittivi e narrativi (come i colloqui e le interrogazioni orali, gli elaborati e le produzioni personali, le dimostrazioni di procedure e le discussioni, ecc.). Gli strumenti e le tecniche valutative, sia di impronta qualitativa che quantitativa, vanno usati e dosati in modo equilibrato; se si utilizza sempre e soltanto uno specifico strumento o una particolare tipologia comunicativo-valutativa, il potenziale del soggetto sarà malamente interpretato (c’è chi riesce meglio nella produzione orale e chi nella produzione manuale, chi nelle prove a risposta aperta e chi nelle prove a risposta chiusa). L’insegnante deve valutare l’acquisizione di una competenza, così come quella competenza è presente nell’allievo, e non recepire soltanto ciò che gli viene concesso dall’unico strumento valutativo che conosce o di cui ha maggiore consuetudine.

1.4 IL CIRCOLO VIRTUOSO DELLA REGOLAZIONE VALUTATIVA

Tra i molteplici approcci e modelli valutativi, i più recenti in chiave transazionale e organizzativa, enfatizzano lo scopo migliorativo della valutazione: essa serve per ottimizzare l’apprendimento, per perfezionare l'azione didattica, per adottare le soluzioni che possono rendere più efficace l’intervento formativo. Ebbene, il miglioramento rimarrebbe una felice intenzione se non fosse continuamente regolato dal controllo; l’altro canto solo il miglioramento garantisce la virtuosità del circolo continuo, che il controllo tenderebbe a reiterare. Sono molteplici le funzioni della valutazione, ma senza dubbio quella più pertinente alla scuola d’oggi è la funzione regolativa: si valuta per regolare i percorsi, i curricoli, gli apprendimenti, le azioni e le decisioni didattiche; in breve, si valuta per migliorare continuamente l’offerta formativa della scuola e non semplicemente per controllare il suo funzionamento. Miglioramento e controllo sono azioni complementari, a supporto reciproco. I termini però conservano ambiguità concettuali e semantiche che non favoriscono certo la chiarezza del discorso complessivo. La parola controllo, in questo ambito, può essere intesa in due accezioni, entrambe corrette seppure decisamente differenti: va distinta l’accezione di derivazione francese (contrôle), intesa nel senso di verifica della regolarità dell’esercizio di una funzione, di una azione o di una procedura, dall’accezione inglese (control), nel senso cibernetico di pilotaggio, guida, direzione. Valutare per migliorare (accezione inglese) presuppone la verifica della regolarità delle procedure (accezione francese) ma non può fermarsi ad essa.

Valutazione interna o esterna

Il miglioramento deriva da una valutazione soprattutto interna (una sorta di autocontrollo riflessivo degli stessi allievi e insegnanti), mentre il controllo richiede una valutazione soprattutto esterna (poiché un buon controllo presuppone distacco e neutralità). Per questo, pur enfatizzando lo scopo di miglioramento, la valutazione non può dimenticare la funzione di controllo. Va cercata un’utile integrazione: il solo controllo esterno è esercizio di potere che crea dipendenza (non autonomia ma sudditanza); la sola valutazione interna rischia di ridursi a sterile circolo autoreferenziale, rannicchiato in se stesso (non autonomia ma autarchia). Il circolo virtuoso per un cambiamento efficace è garantito da un processo valutativo integrato, insieme interno ed esterno, necessario per regolare i raccordi tra i progetti formativi e le loro implementazioni nelle situazioni reali, tra le procedure e i processi, per perfezionare in itinere la direzione del senso formativo.

1.5 SOGGETTI E AMBIENTI DELL’ECOLOGIA VALUTATIVA

La nuova concezione di scuola comporta una valutazione ecologica, dove tutte le persone (allievi, docenti, dirigenti, tecnici, amministrativi e ausiliari) sono soggetti e non oggetti di valutazione. Considerato che sino ad ora solo l’allievo è stato oggetto di valutazione, il fatto che tutti gli attori del sistema scolastico divengano soggetti di valutazione, comporta due corollari:
a) la valutazione non può riguardare solo l’allievo, ma deve estendersi a tutti coloro che operano all’interno della scuola;
b) la valutazione è partecipata a tutti gli attori, non è subita (nemmeno dagli allievi).

Quali motivi giustificano questa trasformazione sostanziale della valutazione? In primo luogo, motivi etico-deontologici.
A nessuno piace essere valutato: nella scuola, luogo educativo e formativo per eccellenza, è deontologicamente improprio valutare le persone in quanto tali. Ciò che può essere sottoposto a valutazione sono i comportamenti e i risultati, le prestazioni e le competenze, le abilità e le capacità, i percorsi e il profitto: che bisogno c’è di investire la persona nella sua complessità indifferenziata, e quindi nel suo essere persona? In ambito formativo ed educativo, solo al soggetto stesso è consentito di valutarsi come persona. Gli oggetti di valutazione non sono quindi le persone-allievi ma gli apprendimenti, non le persone-insegnanti ma le competenze professionali per insegnare, non le persone-dirigenti ma le competenze organizzative e gestionali per il governo della scuola. Possono sembrare distinzioni linguistiche, sono invece questioni molto serie proprio perché investono le persone.

1.5.1 "Bravo!".

L'insegnante usa frequentemente appellativi, in accezione valutativa, riferiti alla persona-allievo. È il caso (positivo) dell’attributo "bravo" in tutte le sue alterazioni (superlativi, vezzeggiativi, diminutivi, ecc.) e con i più strani neologismi. In genere sono giudizi positivi (anche perché se espressi in forma negativa sarebbero offensivi!), che manifestano la volontà di premiare gli allievi o di incrementarne la motivazione. Sia in positivo che in negativo, sono antiformativi poiché sono giudizi che investono tutta la persona-allievo, la mantengono subordinata all’insegnante e di conseguenza legata ad una effimera motivazione estrinseca. Ma ciò che è più deleterio, dal punto di vista formativo, è che tali giudizi privano l’allievo della comprensione articolata e dettagliata della valutazione. L’etichetta valutativa "bravo", e con essa tutte le aggettivazioni che riguardano un soggetto nella sua complessità, è indifferenziata e totalizzante: come può lo studente regolare i propri apprendimenti se, anziché essere valutato su quelli, viene stigmatizzato globalmente? Naturalmente con ciò non si intende sostenere l’abolizione ossessiva delle espressioni gratificanti che possono incrementare la motivazione del soggetto, ma bisogna far sì che queste non vengano confuse come espressioni valutative e, inoltre, che esse stesse siano comprese in modo puntuale e specifico dall’allievo.

1.5.2 Tutti soggetti

In secondo luogo, i partecipanti al sistema sono soggetti e non oggetti di valutazione per specifici motivi formativi. Tutti sono agenti e attori del proprio sviluppo e di quello dell’intero sistema, della propria formazione e della trasformazione complessiva. Lo studente deve sentirsi protagonista dei percorsi di apprendimento in cui viene immerso. L’insegnante deve sentirsi responsabile dell’organizzazione e della gestione dei percorsi didattici. Per tutti, sentirsi protagonista significa sentirsi "ecologicamente bene a scuola come a casa propria". È ecologica la valutazione del soggetto-allievo sul suo essere soggetto-protagonista nel suo ambiente-contesto di formazione. L’allievo valuta se stesso e l’ambiente che contribuisce a costruire. E ciò sulla base di un principio fondamentale: indipendentemente dall’età, un soggetto apprende solo se è soggettivamente consapevole del senso e del valore personale del sapere che scopre e che costruisce, integrando il nuovo con il conosciuto. La consapevolezza del senso e del valore di ciò che si apprende presuppone capacità riflessiva sulla propria azione, insieme metacognitiva e autovalutativa.

1.5.3 Solo i progetti

In terzo luogo, i protagonisti dei processi formativi sono soggetti e non oggetti di valutazione per motivi spiccatamente didattici. Il progetto didattico, quello messo a punto dagli insegnanti, accompagna l’allievo nel percorso verso la sua autonomia, che è consapevolezza di sé, autostima, responsabilità, capacità di pensare con la propria testa, di discernere e di scegliere, di sostenere le proprie idee e di argomentarle. È il cammino verso l’autovalutazione. Questo cammino comporta un delicato lavoro di distacco dalla sola valutazione esterna (o eterovalutazione, dove l’allievo rischia comunque di rimanere oggetto e non soggetto di valutazione) per integrarsi con processi autovalutativi, attraverso tecniche di covalutazione.

1.5.4 Insieme verso l'autovalutazione

La covalutazione è una tecnica insieme formativa e valutativa, in cui sia l’insegnante che l’allievo valutano individualmente la medesima prestazione, e successivamente confrontano le loro risposte affinandone il giudizio. In tale processo di affinamento progressivo la valutazione si configura come ecologia condivisa.

Le domande di un’azione di covalutazione Immaginiamo che gli allievi abbiano svolto un compito. . Chi valuta il compito? Sia l’insegnante che i singoli allievi. . Con quali strumenti viene valutato il compito? Mediante l’uso di liste di indicatori (di completezza, di pertinenza, di correttezza, di coerenza, ecc.). Chi ha predisposto le liste di controllo? L’insegnante, dopo averle condivise e negoziate con gli allievi. . Come avviene la valutazione? Individualmente, sia l’insegnante che i singoli allievi, attribuiscono un valore ad ogni indicatore (su una classica scala di valutazione).

. Dove sta l'azione formativa della covalutazione? Nel confronto tra le risposte dell'allievo e quelle dell'insegnante, e con la conseguente messa a punto delle rispettive attribuzioni di valore. . Che fare delle valutazioni individuali (in caso di nette divergenze)? Se i risultati non sono concordi è necessario l’approfondimento mediante il confronto delle posizioni: "io ritengo il compito molto corretto perché ...", "invece io ritengo il compito scarsamente corretto perché … ". . Come coinvolgere tutti gli allievi? Inizialmente facendo svolgere le valutazioni individuali e il confronto sul compito di un unico allievo (per apprendere e affinare la tecnica valutativa); successivamente mantenendo costante la prassi autovalutativa, diradando via via il confronto, riducendolo alle sole situazioni difficili, ambivalenti, confuse.
In sintesi, con le procedure di covalutazione l’allievo impara ad affinare l’osservazione e a differenziarne gli oggetti, a selezionare gli elementi di rilevazione, a relativizzare i giudizi (propri e altrui), ad attribuire significato, senso e valore alla sua azione.

1.6 LE PECULIARITÀ DELLA VALUTAZIONE NELLA SECONDARIA

Che cosa contraddistingue la valutazione della scuola secondaria? Tra i principali elementi caratterizzanti troviamo:

a) Gli esami finali di stato: presenti alla conclusione sia della scuola media che della superiore si caratterizzano per la certificazione (in veste docimologia) delle competenze raggiunte alla conclusione dei due corsi di studi. In particolare l’esame finale di Stato (un tempo chiamato esame di maturità), introdotto con recenti atti legislativi e continuamente "riformato", ha dato luogo, pur nel permanere della più genuina logica normativa, a profondi cambiamenti tanto nelle pratiche valutative quanto nei radicati costumi didattici della secondaria (detto altrimenti, e in termini più prosaici, molti insegnanti hanno scoperto che ci sono altri modi di fare scuola grazie all’avvio del nuovo esame); l’esame finale deve certificare le competenze raggiunte: una certificazione non più destinata alla scuola stessa (come le precedenti certificazioni), ma al mondo del lavoro o all’università; con l’esame finale la scuola rende conto al suo esterno; (nella scuola media: esame conclusivo, con meno vincoli

 Sono due i principali riferimenti normativi: la Legge 10 dicembre 1997, n. 425 con le "Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore" e il D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323, "Regolamento del nuovo esame di Stato". Il nuovo impianto dell’esame sarà approfondito nelle ultime lezioni legali, ma con le medesime problematiche metodologiche e certificative);

b) l’uso dei voti: nonostante il susseguirsi delle riforme, la scala numerica, in decimi, è rimasta saldamente ancorata a tutti i tipi di valutazione scolastica nelle superiori (nelle pagelle e nei compiti, nelle prove scritte, orali, grafiche e laboratoriali); l’esame di stato, con l’uso di altre scale a punteggi e con l’introduzione del credito scolastico, ha forzato il secolare appiattimento centrale (dove tutti i risultati si concentravano tra il quattro e il sette), e ha dato luogo ad una concezione del voto, in chiave docimologica, più vicina al concetto di punteggio quantitativo che a quello di valore qualitativo; (nella scuola media: i voti sono stati sostituiti da una scala di aggettivi, ma i problemi docimologici, anziché diminuire, sono incrementati);

c) l’avvio e il consolidamento di processi autovalutativi: l’autovalutazione è propria dell’apprendimento adulto, di quell’apprendimento capace di autoregolarsi consapevolmente e di riflettere sul senso del proprio operare; lo studente della secondaria, in particolare del triennio, è tenuto a potenziare le capacità di autoanalisi e il docente, dal canto suo, è tenuto a promuovere azioni didattiche in tale direzione, anche con la mediazione di pratiche covalutative;

d) una valutazione con spiccata funzione orientativa: se la dimensione orientativa (e continuamente ri-orientativa) è connaturata alla scuola secondaria (nella costruzione dei percorsi formativi personalizzati, nella progettazione modulare degli interventi didattici, nello sviluppo del potenziale di apprendimento individuale), la valutazione si presenta, qui, nella sua funzione autoregolativa, nella dialettica continua tra conoscenza sistemica diagnostica e orientamento prognostico.

Queste nuove modalità di intendere i processi valutativi (autoformativi, orientativi) nella secondaria hanno dato luogo alle consuete difficoltà connesse alle innovazioni didattiche (rifiuti, resistenze, incomprensioni); ci sta dinanzi un percorso lento, complesso  e accidentato, in cui per lungo tempo nuovo e vecchio si troveranno costretti a convivere, prima di trovare linee condivise in un percorso integrato. Per questo è opportuno cercare le radici profonde del valutare.

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