Le origini ed il periodo romano
Il documento è tratto da R.Ordano, Sommario della storia di Vercelli, Vercelli 1955

Il Piemonte diviene abitabile nell'ultimo periodo glaciale, quando le immense aree paludose si  restringono poco a poco. Con  un clima più mite e condizioni naturali meno avverse, gli uomini fecero la loro prima apparizione nelle zone comprese tra le Alpi, il Ticino e il Po.
Probabilmente essi appartenevano alla civiltà che si sviluppò fra  l'epoca delle schegge ritoccate ( moustériana ) e il principio dell'età neolitica ( 6000 - 4000 a.C. ); usavano quindi strumenti di pietra a cui si aggiunsero asce,  scalpelli e  altri arnesi di pietra levigata e perforata; conoscevano il fuoco, costruivano vasi d'argilla, seppellivano i morti ed allevavano animali domestici. 
Poi, con il trascorrere dei millenni,  anche gli. antichi popoli che risiedevano nell'area ai piedi dei monti incominciarono  ad abitare  stabilmente, oltre le caverne, anche le capanne e le palafitte,  apprendendo l'uso del rame e del bronzo, nonché i primi rudimenti dell'agricoltura ( 5000 - 3000. a, C.).              

Durante il periodo  protostorico, comprensivo del medio ed ultimo periodo del bronzo e tutta la prima età del ferro ( 3000-500 a.C. ) la regione ligure piemontese era abitata dai Liguri, anche se non sappiamo come questo termine potesse giustificarsi dal punto di vista etnico e linguistico. Erano i Liguri una parte di quei popoli la cui parlata derivava dal ceppo indoeuropeo e che, in epoca non ancora ben precisata, ma forse nel 2000 a.C., emigrarono  nei territori mediterranei. Oppure erano popoli di altra origine o ancora, fondamentalmente, gli stessi primissimi abitanti preistorici. La questione è ancora molto dibattuta fra gli specialisti. Molte parole e molti toponimi delle nostre zone conservano elementi lessicali liguri e specialmente suffissi legati a questa parlata.
  Comunque nel primo millennio a .C. fu acquisita anche dai Liguri la civiltà della prima età  del ferro ( civiltà di Golasecca ),   come è provato dai ritrovamenti  del Novarese, principalmente presso il Ticino e il lago d'Orta.

Successivamente queste popolazioni si mescolarono con i Celti ( Galli, secondo la tradizione romana ), etnograficamente indoeuropei, la cui immigrazione dovette iniziarsi attorno al 500. a. C. Il toponimo  Vercelli  infatti ha probabilmente origine celtica sia nel tema Verk che nel suffisso elle.
La località di Vercelli
dovette quindi formarsi dopo il V sec e presumibilmente prima del III sec. a. C., mentre era in graduale sviluppo la seconda età del ferro (o gallica). Secondo Plinio ( Vercellae Libicorum ex Saliis ortae ) pare che i fondatori di Vercelli siano stati i Salii; ma è difficile prestar fede a questa tardiva testimonianza.
Al tempo della seconda guerra punica gli abitanti del vercellese sono dalle fonti latine chiamati Libici.  o Libui, piccolo gruppo .celtico le cui vicende si confondono con quelle dei Galli Insubri, concentrati maggiormente a sud del lago Maggiore e di Como. Poco o nulla si sa sui rapporti intercorrenti fra le tribù celtiche. Nel II sec. a. C. il territorio dei Libici confinava con quello dei Galli Vertacomori nel Novarese, con i Victimuli e con i
Salassi nel Biellese e nel Canavese, con i Levi nel Pavese e infine con i Taurini nella zona torinese. Ci .è rimasta notizia di un'incursione nel paese dei Libici compiuta dai Galli Boi, stanziati nella Cispadana, e avvenuta a scopo di razzia nell'anno 196 a.C.

 

Le incursioni galliche e la conquista romana

Nel V sec. a. C. quando Roma aveva già stabilito una sicura egemonia fra la gente latina, un esercito gallico proveniente  dalla pianura padana o  d'oltralpe percorse vittoriosamente l'area centrale e giunse nel Lazio, occupò e devastò Roma.
Altre incursioni galliche .avvennero nel III secolo a.C., quando i Galli Senoni assalirono Arezzo, mettendo in fuga un esercito consolare, anche se poi furono costretti a cedere i loro territori alle preponderanti forze romano-latine.  Solo dopo la prima guerra punica ( 264 a.c. - 241 a.C. ), avendo ormai raggiunto una posizione preminente nel bacino del Mediterraneo, Roma volse la sua potenza contro le tribù galliche dell'Italia del nord. La lotta fu sanguinosissima. Contro l'esercito celtico dei Boi e degli Insubri. Roma  chiese l'appoggio di tutti gli alleati, compresi i Veneti e i Galli Cenomani. I Galli, battuti inizialmente i Romani a Fiesole, furono sconfitti nel 225 a.C.
La Gallia Cisalpina fu quindi aperta all'invasione e al saccheggio dei Romani, che tuttavia dovettero ancora combattere altre dure battaglie prima di poter espugnare tre anni dopo Milano, capitale degli Insubri, e costringere i Celti all'alleanza.

Solamente nei primi decenni del II secolo a.C. poté affermarsi la conquista romana nella Gallia Cisalpina e  quindi anche nel territorio di Vercelli.
. Con la fondazione di lvrea ( 100 a. C.) infine, anche i Galli, abitanti delle vallate alpine che circondano l'area dell'alto vercellese, furono definitivamente arginati nelle loro azioni e confinati fra i loro monti.

Il passaggio di Annibale e la sconfitta dei Cimbri ai Campi Raudi

Annibale,
comandante cartaginese,  era disceso in Italia nell'autunno del 218 a. C., ridestando le speranze di molte tribù galliche, che  attendevano il momento opportuno per opporsi a Roma. Gli stessi Vercellesi, secondo Silio Italico, si  unirono all'esercito di Cartagine. Contro di essi accorreva  un esercito romano  comandato da Publio Cornelio Scipione, il quale intendeva bloccare l'avanzata dell'avversario, che  stava ancora attestato ai margini delle Alpi. Annibale si era portato nel territorio di Victimulae, sul rilievo della Serra ( presso Salussola forse) (1). A breve distanza da Victimuli ( secondo lo storico Livio ) si accamparono i Romani. Il primo scontro fra i due eserciti si concluse con la sconfitta di Scipione, che segnò l'inizio della serie di rovesci che i Romani dovranno subire fino al  disastro di Canne. Benché non sia stato mai ben definito il luogo di questa storica battaglia, che prese il nome dal Ticino, tuttavia si ammette quasi unanimemente che si svolse nel vasto agro vercellese.  

Circa un secolo dopo lo stesso terreno vercellese sarà invece favorevole ai romani.  Nell'anno 113 a. C. incominciò la calata verso le regioni meridionali di due forti popoli di stirpe germanica: i Cimbri e i Teutoni. Per più di dieci anni costoro poterono espandersi nel Norico, nella penisola balcanica, nell'Elvezia, nella Gallia e nella Spagna. Solamente nell'autunno del 102 a.C. i Teutoni poterono essere definitivamente dispersi da Caio Mario ad Aquae Sextiae.

I Cimbri invece,erano ormai entrati in Italia infliggendo una disfatta all'esercito del proconsole Lutazio Catulo presso l'Adige nelle Alpi Tridentine. Tutta la Transpadana si aprì allora alla loro invasione. Senonché i Cimbri, indugiando troppo in questa regione, diedero modo agli eserciti di Catulo e di Mario  di poter  riunire le loro forze. La stessa sorte toccata ai Teutoni  toccò ai Cimbri presso Vercelli nella famosa pianura dei Campi Raudi, alla confluenza del fiume Sesia con il Po ( 30 luglio 101 a. C.). Questa battaglia, secondo la concorde descrizione degli storici antichi, fu sanguinosissima e di gigantesche proporzioni; ma i particolari attendibili che ci furono tramandati sono pochi. Sulla questione riguardante la topografia dei Campi Raudi  pare certo che i Campi Raudi si trovassero presso Vercelli,  nella pianura fra Vercelli e il Po. 
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L'espansione romana dal III al I secolo a.C. - 
Le frecce indicano le discese cartaginesi di Asdrubale ed Annibale

Sezione del cartogramma tratto dall'Atlante storico del mondo - Touring Club Italiano


 


Vercelli municipio romano

Il caratteristico atteggiamento vendicativo e spietato con cui i Romani erano soliti trattare i popoli vinti, si manifestò anche nella Cisalpjna; tuttavia a differenza dei Celti sud-padani che furono ferocemente perseguitati e massacrati, con gli Insubri e con essi i Libici di Vercelli furono tollerati ed i loro agglomerati urbani poterono sopravvivere, crediamo, con la costituzione celtica distrettuale.
 
Assai presto le fertili terre a settentrione del Po incominciarono ad essere sfruttate dai grandi latifondisti romani, e con le terre furono sfruttati anche gli abitanti, la cui condizione giuridica era vicina a quella degli schiavi. Erano considerati stranieri soggiogati ( peregrini dediticii ), perciò non  potevano portare armi; non solo e nessuno di loro avrebbe mai potuto divenire cittadino romano.
Contemporaneamente all'approfondirsi della dominazione economico-militare romana si sviluppò anche la cosiddetta romanizzazione. Nell'agro vercellese l'arrivo di nuovi coloni latini e italici, il passaggio di soldati romani, la deduzioni della colonia militare di Ivrea e l'attrattiva esercitata dall'oro che si estraeva presso Victimuli,  misero a contatto la locale civiltà celtica-li
gure con quella romana, la cui fusione totale avvenne però assai tardi, nei secoli della romanità imperiale, dopo le riforme democratiche di Cesare.

Ciò che rallentava  la romanizzazione dei Celti transpadani
- come degli stessi Italici - era il mancato godimento dei diritti civili, cioè della cittadinanza romana.   Soltanto nell'82 a. C., dopo che gli Italici, proprio per conseguire la cittadinanza romana,  avevano scatenato la guerra civile, il console Gneo Pompeo Strabone riuscì a far concedere il  ius Latii  ai Transpadani, i quali alla rivolta non avevano partecipato e anzi avevano contribuito sensibilmente alla vittoria romana. La piena cittadinanza romana non venne accordata che quarant'anni dopo, quando ormai la Cisalpina era considerata la regione più laboriosa, più ricca e più popolata della penisola. Sulla potenza economica ed umana dell'Italia settentrionale Cesare aveva potuto edificare la sua fortuna militare e politica::qui aveva reclutato i suoi legionari, qui aveva trovato armi, vettovaglie e un permanente appoggio logistico per le sue vittoriose campagne militari, qui aveva trovato la fedeltà per muovere alla conquista del potere in Roma. E nell''anno 49 a.C. Cesare concesse a tutti i comuni transpadani i diritti politici di Roma. Vercelli allora divenne municipio romano.
 

L'agro vercellese a partire dal I secolo d.C.

I Vercellesi furono cittadini romani iscritti  alla  tribù Aniense  e anche  la  città subì un ulteriore sviluppo. Il vecchio agglomerato celtico  incominciò a trasformarsi sensibilmente nel I sec. a. C. con l'apparire delle prime costruzioni in muratura. Nel I e II sec. d. C. Vercellae era ormai  una grande e bella città romana, dotata di tutti caratteri edilizi (  monumenti, edifici e strade lastricate ) dell'urbanistica antica.
 


L'Italia ai tempi di Augusto - I secolo d.C - La regione XI Traspadana e l'agro vercellese
Sezione del cartogramma tratto dall'Atlante storico del mondo - Touring Club Italiano
 

A giudicare dall'area sulla quale sono avvenute le scoperte archeologiche e sulla quale doveva estendersi approssimativamente l'antica città, e a giudicare altresì dal numero elevatissimo di Vercellesi che militarono nell'esercito romano, come ci è tramandato dall'epigrafia, possiamo supporre che Vercelli, municipio fortissimo al dire di Tacito, possedesse una popolazione per quei tempi  assai   rilevante :   oltre 20.000 abitanti.

Il territorio posto sotto la giurisdizione municipale di Vercelii  ( ager vercellensis ) risultava assai esteso e vario, compreso  fra le Prealpi, la Sesia, il Po, la Dora e la Serra, con gli importanti centri minori ( pagi ) di Rigomagus (Trino), Cestae, Victimulae, Bugella ( Biella ), e molte altre località rurali ( vici ) dove sono avvenuti frequenti ritrovamenti di reperti archeologici ( ad esempio nelle zone di Palazzolo, Caresana, Villanova e Lignana ). Una testimonianza evidente della penetrazione romana nelle campagne vercellesi è rappresentata dalle località i cui nomi derivano da gentilizi romani: Asiliano da Acilianus, cioè luogo, podere di Acilius o della famiglia Acilia; e analogamente Caresana, Caresanablot, Carisio da Carisius o Carisiana, Cigliano da Caecilia, Cavaglià da Cabalia, Costanzana da Constantius, Desana da Decius, Formigliana da Firminius, Lignana da Lignius, Muzzano da Mucius. Pezzana da Pettia, Sandigliano da Sandilius, Stroppiana da Stirpius.

Da  Strabone e da Plinio il Vecchio sappiamo che nell'agro vercellese esistevano delle aurifodinae ( campi auriferi ), che i Romani davano in appalto con la limitazione di non impiegare in tale lavoro più di 5.000 schiavi. L'industria aurifera  era  localizzata nella Bessa zona compresa fra l'Elvo e la Serra.  Forse il lavaggio e la ricerca dell'oro era praticato sporadicamente su una zona assai più ampia, fino nell'interno delle vallate prealpine dell'Elvo, del Cervo e del Sessera. Centro di raccolta e di smistamento di tutta la produzione era Victimulae, la cui posizione geografica permetteva il contatto diretto con Vercelli ed Ivrea, attraverso l'importante arteria stradale che da Milano conduceva ai valichi alpini.

L'agro vercellese era attraversato da tre grandi strade romane: due, quella citata e un'altra proveniente da Piacenza, confluivano a Vercelli, e passando quindi per Ivrea risalivano la valle della Dora dirette alla Gallia Transalpina, una terza, passando dall'importante nodo stradale di Cuttìge (Cozzo Lomellina ) e proseguendo sulla sinistra del Po per Rigomago ( Trino ) e Ceste andava a Torino. Una quarta strada, meno importante, univa Vercelli a Rigomago da cui proseguiva probabilmente per Asti.

Su Vercelli  convergeva tutta la vita agricola, commerciale e industriale del suo ampio territorio, ben servito da una rete stradale che lo metteva in facile comunicazione con gli altri centri dell'Italia settentrionale e d'oltr'Alpe. Come tutti gli altri municipi, anche il municipio di Vercelli aveva una larga autonomia tanto nella giurisdizione civile che penale, non limitata al solo nucleo urbano, ma estesa a tutto il territorio che gli era stato assegnato. Reggevano le sorti della vita pubblica il popolo ( plebs urbana } e l'ordine dei decurioni fatto a somiglianza del senato di Roma e composto da cittadini aventi determinati requisiti di censo e di nascita. In un secondo tempo venne in auge anche il collegio degli augustali, che si occupavano principalmente del culto di Augusto e degli imperatori.. Magistrati supremi della municipalità erano quattro magistrati, di cui due esercitavano funzioni giurisdizionali e due si occupavano delle materia amministrativa.
 

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