Il termine cassina e la designazione della cascina a corte
Fonte:  Paola Sereno,Una trasformazione dell'insediamento rurale in età moderna: l'origine della dimora "a corte" in Piemonte
http://192.167.112.135/NewPages/TESTIAM/am80/14.pdf

L'articolazione del termine "cassina"

Nelle fonti storiche il termine "cassina" - quasi omogeneamente diffuso per indicare l'insediamento rurale sparso tipico della pianura piemontese - include in realtà molte tipologie di dimore rurali,  che rispecchiano le differenze anche notevoli nelle forme abitative.  Nell'età moderna i tipi di insediamento conservano, nelle zone di montagna un ricco livello lessicale di designazione, mentre per la pianura il termine cassina si alterna talvolta con grangia e più raramente con tetti ( termine impiegato soprattutto in toponomastica ). L'abbondanza di documenti descrittivi e cartografici non aiuta tuttavia i a definire chiaramente in modo attendibile e preciso le forme insediative rurali sparse.
 

Diffusione della cascina a corte nell'area della pianura padana
 http://www.bibliolab.it/casa/cartacase.htm
 


Dapprima cassina non è sufficente a definire una struttura abitativa e produttiva; infatti si deve ricorrere all'espressione "casa et cassina", connotando il termine solo per la parte funzionale dell'edificio rurale. In breve tuttavia cassina si sovrappone anche a casa e passa a designare l'intera dimora rurale.
 Nella sua polisemia cassina poteva essere intesa come dimora rurale riferita alla struttura abitativa e produttiva con concezione esclusivamente economico-funzionale. Viene in questo senso spiegata come "casa de massaro" cioècome unità di lavoro che corrisponde ad una unità familiare.

Nella prima metà del XVII secolo cassina sostituirà la parola massaria ( la dimora del lavoratore ). L'abitato sparso prendeva una denominazione non dalla sua forma bensì da una distinzione tra "costruito" e "coltivato". Cassina viene  a designare l'intero podere con la sua dotazione di terre.  Il termine è dunque polisemico e del tutto adattabile a svariati impieghi.
In un documento del 1575 così viene definita una cassina presso Tronzano:
" Et primo petia una di terra sive sedime co la cassina dentro et il sitto di una fontana co il suo cano o sia fosso atorno detto sedimen, laqual casina si è di trabate otto nelli quali gli è una casa et stalla oue al presente habita il massaro:::".

 


Cassina della Stella - Cabreo del Conte delle Lanze di Sali ( prima del 1749 ) -
Tratto da Archivio di Stato di Vercelli - L'agro vercellese nei secoli XVII-XIX

 

In generale, il sedimen comprende, oltre all'edificio, l'aia, l'orto di norma cintato, a volte un canapale, spesso un prato, il tutto concepito come di frequente come unitario. Il sedimen d'altronde è in larga misura assimilabile allo spazio interno delle «corti» moderne, diversamente dalla corte così come è intesa nei nostri documenti, vale a dire lo spiazzo, antistante l'edificio rurale, parte del quale è definito «ajra», là dove si batte il grano.

Tutto ciò favorì la chiusura della corte. Nel 1680, a Momo, dato l'arrivo di un'epidemia, uno dei massari del marchese Carli della Porta fa recingere con una siepe il sedimen. Anche se non vi era ancora una recinzione muraria la cassina può far riferimento ai paesaggi ad enclos (recinzioni), riguardanti soprattutto l'abitato.

La corte viene definita come uno spazio chiuso in uno strumento di vendita della cassina Cantone di Ronco a Suno, il quale afferma
"capsina una murata et cupata cum non nullis eius locis inferioribus et superioribus, curia, vulgo chioso, canepale, horto et prato, quantitatis in totam modiorum quatuor circit site in terra suni, ubi dicitur in Cantone di Ronco".
 Ritornando alla polisemia della parola cassina si può rilevare la derivazione di «capsina / cassina» dal latino capsum / cassum. La parola «casso» è presente spesso nella forma «cassi da terra», per indicare una tettoia chiusa su tre lati, posta in proseguimento della stalla e del soprammesso fienile. Spesso i documenti descrivono le cassine in termini di numero di cassi o di numero di travate. Per questo motivo pare ragionevole supporre che «casso» e «travata» fossero misure volumetriche, ossia moduli edili di valore standardizzato. Dalla seconda metà del '500 e prima metà del '600. Il termine casso e, quindi, cassina verrà intesa come unità di misura

L'uso di descrivere gli edifici attraverso le loro misure - esemplificato nel primo documento - diventa nella seconda metà del secolo XVI una forma di specificazione di una espressione più sintetica. In questo modo si continuano a descrivere le case rurali ancora nella prima metà del secolo XVII. Poi le dimensioni in piedi e trabucchi scompaiono del tutto per essere sostituite esclusivamente dal numero dei cassi o delle travate. Il casso sembra invece avere in generale un uso più estensivo, riferito al numero delle campate — o «colmate»— dell'intero edificio rurale, senza una precisa distinzione tra le sue parti, mentre il termine « travata », pur essendogli nella pratica sinonimo, ha una frequenza d'uso quasi esclusiva per denominare il fienile. La cassina si accosta anche a cassa da fieno, che forma un legame semantico con il fienile in quanto la fenera veniva misurata in numero di travate.
 


Una abitato rurale a corte chiusa
ormai solo parzialmente abitato ed utilizzato
 


L'interno di una cascina a corte della pianura lombarda
Sono visibili le particolari arcate ed i fienili soprastanti

La morfogenesi della cassina a corte chiusa
 

Nella più recente classificazione delle case rurali italiane compaiono diversi tipi di casa a corte chiusa, in rapporto a modi di produzione diversi. Ne consegue una sub-regionalizzazione definita, là dove in passato, in base soprattutto a considerazioni di analogia architettonica, si era riconosciuta un'unica area compatta.
Della si può affermare che - tradizionalmente - la Pianura Padana era considerata come area elettiva di diffusione delle cassina a corte chiusa.
Le tesi sull'origine della dimora a corte chiusa sono fondamentalmente due: quella del Saibene, che fa risalire il tipo insediativo al periodo medioevale, per imitazione del chiostro cistercense,
 


Il chiostro dell'abbazia cistrcense di Staffarda
 


Il cortile dell'ex abbazia cistercense di Lucedio
 

e quella del Caraci che, ancor prima, propone un rapporto di dipendenza della corte dalla villa rustica romana.
 


La casa de l'amo d'una villa rustica segons un mosaic del Museu del Bardo, Tunis,
da http://www.xtec.es/~sgiralt/labyrinthus/roma/urbs/rustica.htm
 

Tra le due tesi, quella del Caraci è la sola a poggiare su alcune argomentazioni, che si riferiscono soprattutto a scavi archeologici forse tra i primi condotti in villae rusticae, specie meridionali. Tuttavia il confronto tra queste e le case a corte chiusa del nostro secolo non dà risultati convincenti, poiché raffronta due strutture troppo distanti tra loro, senza poterne verificare in modo risolutivo la supposta continuità.D'altronde in tempi più recenti la ricerca archeologica ha dimostrato la ricchezza di soluzioni architettoniche e strutturali offerte dalla villa rustica, le quali sembrano andare al di là di una semplice varietà tipologica38. In particolare proprio per l'area piemontese recenti campagne di scavo
 

Anche le case a corte chiusa del 1500 -1600 mostrano planimetrie molto complesse e non confrontabili con le corti del nostro secolo e lo stesso discorso può riferirsi alle corti sette-ottocentesche che evidenziano la semplicità dei loro impianti, diversi dalle ville romane e dai chiostri cistercensi.


Trasformazioni di rilievo sull'assetto strutturale iniziano solo nella seconda metà del XIX secolo.
Un esempio può essere considerato quello del progetto ristrutturativo del 1850 della cassina Catella, presso Vercelli, di proprietà del principe di Masserano, dove l'azienda agricola muta sia sotto l'aspetto della specializzazione culturale sia per l'organizzazione gerarchica del lavoro ben più articolata e controllata, inaugurando una serie di trasformazioni radicali dell'insediamento rurale piemontese, mentre in precedenza gli interventi sulle strutture edili erano stati soprattutto di conservazione e raramente di ristrutturazione.


Le planimetrie e le descrizioni di cassine a corte chiusa del secolo XVIII e della prima metà del secolo XIX. indicano invece strutture che, pur arricchite dalla presenza di « case da nobile », cioè edifici a carattere non rurale, usati per la villeggiatura estiva dei proprietari, appaiono fondate sulla ripetizione lungo due o più lati della corte, di uno stesso nucleo insediativo-funzionale, riconoscibile anche se complicato a volte da aggiunte o modificazioni. La corte in breve appare come la giustapposizione geometrica di nuclei molto semplici.


L'elemento edile con cui si compongono le « corti » è un semplice edificio che, nelle sue numerose sopravvivenze attuali, viene definito come la cassina piemontese tradizionale della piccola proprietà. Si tratta di una costruzione a pianta rettangolare composta da una stanza (o due) al piano terra, un'altra stanza o un solaio al piano superiore; poi, in proseguimento, si trova la stalla con il sovrapposto fienile e infine, sempre in continuazione, il già ricordato « casso da terra »  a volte la pianta è modificata da un piccolo locale posto sul retro della stanza a piano terra, definito dalle fonti «crotta» (fig. 5). Vi può essere anche un forno, contiguo alla stanza o separato dall'edificio.
La stanza del piano terra è definita « stanza focolare » o « foganea » e costituisce spesso l'unico locale adibito ad abitazione: è usato come cucina, come luogo di riunione della famiglia del massaro e probabilmente anche come stanza da letto per alcuni membri della famiglia

La stanza al primo piano infatti è solo raramente usata con funzioni abitative
; di norma essa serve da granaio, così come il solaio con cui spesso è sostituita. Il porcile e il «polille» sono spesso situati dentro la stalla, almeno fino alla seconda metà del secolo XVIII. La « crotta » ha esclusivamente funzione di dispensa e non significa quindi « cantina », come nel dialetto attuale, tanto che non sempre è interrata, ma di frequente è sita al piano di terra. La cantina intesa come locale della vinificazione e della conservazione del vino è detta nei documenti «tinaggio» e trova la sua collocazione, quando è presente nella casa a corte, nella « casa da nobile » e non nella cassina vera e propria. Tuttavia non si può escludere che la crotta venisse usata anche con funzioni di tinaggio nelle aziende agricole dove la vinificazione doveva soddisfare solamente esigenze familiari; ciò spiegherebbe la scomparsa nel corso del tempo di un termine a vantaggio dell'altro. Il tinaggio infatti non è documentato in numerose cassine, benché nei corrispondenti poderi sia attestata la presenza della vite, tenuta ad alteno e spesso associata agli arativi in coltura promiscua.

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