Una sintesi delle vicende storiche di Leri
Nel 1179 la grangia di
Leri venne acquistata dal monastero di S. Genuario, cui
apparteneva già in gran parte. Forse nella località era presente un centro
fortificato, di cui piú oltre si perde memoria e del quale non esistono
tracce visibili. Passato a Napoleone in seguito all'occupazione
francese, fu assunto con decreto del 1807 dal cognato Principe
Camillo Borghese quale controvalore di un quarto della galleria Borghese
ceduta al governo francese.
Nel 1822 Leri fu acquistata dal marchese
Michele Benso di Cavour, padre di Camillo, ed i Cavour trasformarono
Leri in una grande azienda modello, probabilmente eliminando o riadattando
edifici più antichi.
Nel giugno del 1835 il marchese
Michele di Cavour, padre di Camillo, viene nominato "vicario e
sovrintendente generale di politica e di polizia della città di Torino". Gli
impegni della nuova carica gli rendono difficile conservare nelle proprie
mani il diretto controllo dell'intero patrimonio familiare, come aveva fatto
fino a quel momento. Maturò così la decisione di trasferire la gestione
diretta di Leri, sia pure sotto l'alto controllo paterno, a Camillo, figlio
cadetto, più incline alla pratica ed agli affari, mentre nell'altro
fratello Gustavo si era ormai delineata la prevalente vena filosofica.
Camillo fu pronto ad accogliere il nuovo impegno, che lo staccherà per un
certo tempo dagli interessi politici, e nel novembre dello stesso 1835
assunse formalmente la responsabilità dell'amministrazione della tenuta in
vista della nuova annata agraria.
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La tenuta di Leri, che comprendeva
Montarucco, Torrone, il gerbido di San Basilio e il bosco di Trino, fu
affittata per nove anni, a partire dal 1849, a Michele, Gustavo e Camillo
Benso di Cavour. Passato il periodo dell’accordo Cavour, in collaborazione
con il solo Giacinto Corio, decise di rinnovare il contratto
d'affitto per altri nove anni.
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La decisione di assumere la direzione di Leri e di
dedicarsi così alla carriera di agricoltore, assumeva agli occhi di
Cavour il significato di una scelta destinata a determinare tutto il
corso ulteriore della sua vita. Era la conclusione, ch'egli credeva
definitiva, di anni di incertezze, di interrogativi sul suo
avvenire, che non avevano cessato di assediarlo in tutto l'oscuro periodo
seguito alla grande delusione politica del 1830-31.
Tuttavia l'idea di una soluzione al tempo stesso realizzabile e non del
tutto negativa era venuta delineandosi man mano che lo stato d'animo veniva
mutando, e una nota di ottimismo tornava a farsi sentire.
Anche dopo il grande viaggio a Parigi e a Londra
restavano inalterate le motivazioni di fondo. « Cela m'occupe, cela
m'interesse jusqu'à un certain point, et cela m'aide à passer le temp -
scriveva il conte a Paul-Emile Maurice
qualche giorno dopo l'arrivo a Leri, dandogli notizia della nuova attività
intrapresa -.
I soggiorni a Leri da allora
si moltiplicarono, tra un fervore di iniziative, di riflessioni e di
attività che venne crescendo con gli anni. Anche a quei soggiorni si
alterneranno, sino al 1843, lunghi viaggi all'estero ed assenze, ma
dell'andamento di Leri egli si terrà costantemente informato. Anche
se nuove attività verranno ad aggiungersi a quella agricola, questa
occuperà sempre un posto centrale nella vita del conte e ad essa egli sarà
indotto a tornare in tutti i momenti più difficili, così che Leri
assumerà ai suoi occhi quel valore di rifugio e di soggiorno adatto a ridare
le giuste energie allo statista. Era, beninteso, un rifugio fatto non solo
di riflessione e di quiete, ma adatto al carattere dell'uomo che lo aveva
scelto come sede di iniziative economiche e di attività agronomiche.
Nasceva così, in questi anni, il Cavour agricoltore, convinto, com'egli dirà
nel 1841, che
« l'agriculture est la plus agréable et la plus convenable occupation
dans ce siècle » "
L'immagine dello statista quale egli stesso l'aveva disegnata,
nell'atto in cui, con « un immense gourdin à la main, et un énorme
chapeau de paille... je m'en vais
courant les champs du matin au soir » ,
sullo scenario delle grandi risaie del Vercellese, è rimasta tra le più
popolari della oleografia risorgimentale.

Cavour agricoltore in un'illustrazione
satirica del giornale satirico "Il fischietto"
Dal
1843 ha inizio, dopo la fine dei grandi viaggi all'estero e prima
dell'ingresso nella vita politica, la fase culminante dell'attività di
Cavour come imprenditore agricolo, in un quadro dove l'agricoltura si
lega da un lato con l'industria chimica e dall'altro con le attività
trasformatrici dei prodotti agrari e con quelle commerciali e bancarie:
un nesso caratteristico nel quale si rispecchia con straordinaria evidenza
la struttura di quelle forze capitalistiche e borghesi che di lì a qualche
anno, appunto sotto la guida del Cavour, conquisteranno la direzione
dell'Italia unita. Fin d'ora, tra il 1835 e il 1842, Cavour trovò modo di
soddisfare a Leri, in qualche misura, il suo bisogno di azione e di
responsabilità concrete, la sua capacità creativa.
Fonti bibliografiche e
telematiche:
- Rosario Romeo, Cavour e il suo tempo, Laterza 1969 ( vol.1°) - L'attività
agricola e i suoi problemi, pp. 607- 626
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da
http://www.camillocavour.com/Luoghi000.html#2
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