La bellezza femminile nella lirica barocca
La dimensione del corpo e la bellezza femminile nella lirica barocca


Bernini, Apollo e Dafne

La poetica dell’età barocca si fonda su elementi come la meraviglia, l’ingegno e l’acutezza, il metaforismo, il capriccio e la bizzarria ed è a partire da queste coordinate che viene attuata anche una rifunzionalizzazione dei materiali poetici tradizionali: il Marino e i lirici marinisti attingono infatti a testi di tradizione eccentrica o anche classica, ma al fine di formare un repertorio di frasi, di luoghi letterari, di situazioni da riutilizzare con totale libertà rispetto alla fonte. Dunque la frase, il motivo, lo spunto sono sottoposti ad un processo di rifunzionalizzazione che ne snatura il senso originario e li rielabora in modo sorprendentemente originale: così è, ad esempio, per i materiali tratti dalla tradizione lirica di Petrarca, dei petrarchisti, del Tasso, che sono forzati spesso a significati totalmente divergenti da quelli originari.

A questo proposito è da notare, per quanto concerne la rappresentazione della donna, che i lirici barocchi convertono la tradizionale astrattezza, spiritualità, atemporalità delle raffigurazioni in concretezza e fisicità, arrivando addirittura alla  sensualità e alla lascivia (si veda soprattutto il sonetto di Casaburi intitolato “L’ispirazione del poeta”). Per i lirici marinisti gli elementi della bellezza femminile sono quelli convenzionali, ovvero i capelli, il volto (in particolar modo gli occhi, la bocca, le guance), il collo, le mani, il seno, i piedi, ma spesso inseriti in contesti del tutto nuovi, sorprendenti e sconcertanti, al fine di suscitare la meraviglia: così, ad esempio, alle donne bionde della tradizione si aggiungono le castane, le brune e le rosse (si veda il sonetto di Sempronio intitolato “Chioma rossa di bella donna”), alle fanciulle dal viso candido e dalle guance rosate vengono accostate donne di colore od orientali; fanno poi la loro comparsa l’indemoniata (si veda il sonetto di Achillini  intitolato “La bellissima indemoniata”), la vecchia (a cui è dedicato il sonetto di Giovanetti intitolato “Per una donna anziana”), la zoppa, la sdentata, la cieca, la sorda, la balbuziente, la mendica, e così via. La figura femminile, inoltre, non è più proiettata su di uno sfondo astratto e vago, ma viene colta nei più diversi gesti della vita quotidiana, come il leggere (magari con gli occhiali), il pettinarsi (si veda il sonetto di Materdona intitolato “A bella donna che s’agghinda”), il saltare la corda (come fa la protagonista del sonetto di Casaburi intitolato “A bella donna che fa molti giochi sulla corda”), il danzare, il remare o il nuotare (si veda il sonetto di Fontanella dedicato a “La bella nuotatrice”), l’innaffiare fiori: atti banali che il livello stilistico alto del genere lirico aveva rigorosamente escluso dalla rappresentazione. Analogamente, trovano spazio nei canzonieri marinisti gli oggetti legati alla donna, come specchi (si veda soprattutto il sonetto di Preti intitolato “Per la sua donna che si specchia”), pettini, occhiali, ventagli: si tratta di un vero e proprio allargamento del canone delle cose poetabili, che dev’essere ascritto fra le più significative e anticipatrici innovazioni barocche.

La rappresentazione della donna è dunque molto realistica, ma si tratta di un realismo fisico ed esteriore, alieno da ogni approfondimento affettivo o psicologico: a questo, semmai, si sostituisce la considerazione morale o moralistica su temi e problemi topici di quest’età, come il senso del trascorrere del tempo (si veda il già citato sonetto “Per una donna anziana”), la morte, la vanità dei beni terreni. Infine, bisogna notare che, come manca l’approfondimento sentimentale e psicologico e la rappresentazione del reale si ferma ai dati esteriori, così manca una profonda sensibilità religiosa: per questi poeti “sembra ignota (o almeno assai episodicamente limitata) ogni apertura di eternità” (Getto).
 

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