C. Baudelaire - I fiori del male
La dimensione inconscia del linguaggio simbolico ed il rapporto tra il disagio sociale e la sua rappresentazione.




P. Breughel, I ciechi

 


Indubbiamente con Baudelaire ed in generale con i cosiddetti poeti maledetti francesi ( Rimbaud, Verlaine, Mallarmé ) ma anche con gli Scapigliati italiani, si pongono problemi nuovi relativamente al peso che la dimensione inconscia può avere sia a livello di esperienze di vita e di pensiero, sia sul piano del linguaggio espressivo. Innanzitutto è da dire che il difficile rapporto con la società del loro tempo rende inoperanti molti degli strumenti di mediazione del consenso sociale, quali l'adesione ai modelli artistici correnti e ai codici comunicativi consolidati e condivisi.

L'ispirazione, lo spirito creativo del poeta che sa interpretare la realtà, ma che pure la trascende con la sua forma artistica, sono il vero elemento distintivo di queste personalità, che fanno della coerenza interna al  linguaggio espressivo il primo codice di riconoscimento della loro autenticità esistenziale ed estetica.

La costante trasgressione dei modelli imposti dalla società impone assoluta purezza ed incisività al loro universo simbolicosorta di sublimazione inconscia di fronte ad una realtà troppo bassa e coinvolta nelle aspirazioni economiche al profitto, proprie della borghesia dominante.

Il satanismo di Baudelaire consiste nel vedere la terra tutta occupata dall'unica legge del capitalismo, nemica dell'arte. Di qui la necessità del poeta di rifugiarsi nella letteratura, sorta di asilo e reclusorio privilegiato ( ma inoffensivo ), ove si elabora il linguaggio delle forme.
( questa posizione critica è presente in W. Siti, L'inconscio, Storia della letteratura Einaudi, vol V, le questioni )
 


Elevazione


Sopra gli stagni, sopra i monti e le vallate,
sopra le foreste, le nuvole, gli oceani,
al di là del sole, oltre gli spazi eterei,
al di là dei confini delle sfere stellate,

spirito, tu ti muovi con agilità e,
 come un buon nuotatore nell'estasi dell'onda,
solchi festosamente l'immensità profonda
con un'indicibile e maschia voluttà.


Fuggi lontano da questi morbosi miasmi,
vola a purificarti nell'aria superiore,
e bevi, come un puro e celestiale liquore,
il chiaro fuoco che colma i limpidi spazi.

Alle spalle gli affanni e le vaste pene
che gravano opprimenti sull'esistenza brumosa
fortunato chi può, con ala vigorosa,
slanciarsi verso i campi luminosi e sereni;

l'uomo i cui pensieri, come fanno le allodole,
verso il cielo al mattino liberi si avventano

- che sorvola la vita e intende facilmente
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!

 


La modernità della vita urbana funzionale e degradata nello stesso tempo - della Parigi delle grandi ristrutturazioni di Haussmann, che fa dire a Baudelaire nella poesia "Il cigno" ".....
La vecchia Parigi non è più ( la forma d'una città, ahimè, muta più rapidamente d'un cuore mortale)..." spinge il poeta a cogliere in modi nuovi la materialità, l'abiezione e la miseria della città con i suoi poveri, i suoi mendicanti, le sue prostitute. Questa intrusione di elementi bassi della realtà nella sfera percettiva dell'artista è operante a livello profondo, nè indolore è la contraddizione che include. Tale realtà non viene affatto eufemizzata né ricondotta a stereotipi, ma viene colta nella sua brulicante vitalità, diviene elemento non esterno ma coinvolgente, con cui il poeta si contamina, immergendosi fino in fondo nella sua costante immanenza. Si scava nell'animo dell'artista la prima vera contraddizione della modernità, non più eludibile con gli slanci ideali di un animo romantico o con il freddo razionalismo della narrazione naturalista. Lo spleen è disagio esistenziale nel doversi costantemente misurare - senza alcun orientamento - con un universo frantumato, disgregato ed alienato, privo di rapporto con l'unità grande e rassicurante della natura. Ma è anche coscienza del coinvolgimento, dell'inclusione stretta e profonda in questa realtà.

Rilevate queste implicazioni - che segnano per il soggetto una complessità nuova delle dinamiche psicologiche - resta il tentativo di recuperare anche artificialmente ( attraverso l'alcool e le droghe, la sensualità del corpo femminile inteso come legame quasi demoniaco.... ) un rapporto più pieno, quasi mistico con la natura, che alimenti tra l'altro l'ispirazione poetica.

Ecco il trionfo dello spirito che sa elevarsi dalla bassa realtà; ecco l'alta sfera della sensibilità poetica che sa ergersi al di sopra delle cose, che come un agile festoso nuotatore sa varcare insondabili abissi, che - come le allodole al mattino - sa cogliere la libertà del pensiero, intendendo il linguaggio dei fiori e delle cose mute. La poesia Corrispondenze è forse il referente testuale più adatto per intendere tale possibile immersione nell'enigmatica unità della natura.

Tuttavia la polarità di spleen e ideal, di noia - melanconia - alienazione e di elevazione poetica, di materialità e di spirito, di male e di bene ( emblematico l'ossimoro che dà il titolo alla raccolta I fiori del male ) se è segno indubbio di un disagio storico ed esistenziale non ci parla ancora - sul piano espressivo - di una piena e totale liberazione del linguaggio dell'inconscio. Il controllo della forma poetica, l'impiego costante dell'analogia e della sinestesia, se inaugurano la poetica del simbolismo, vedono ancora riaggregati strutturalmente i campi semantici del reale e dell'immaginario simbolico in modi sostanzialmente prevedibili e razionalizzabili.

Non si è ancora operata quella decisiva rarefazione concettuale e linguistica, che consentirà di parlare di significati latenti e di codici espressivi puramente interni alla forma poetica, dettati dalle dinamiche inconsce del soggetto, che nulla hanno da condividere apparentemente con i bisogni comunicativi del lettore. Questo passaggio avverrà solo con S. Mallarmé, che porterà alle estreme conseguenze le ricerche di A.Rimbaud e di P. Verlaine sulle potenzialità del poeta veggente magico creatore di linguaggi oscuri, complessi e visionari.
 


Una Carogna
 
Ricorda, anima mia, ciò che vedemmo
Quel bel mattino estivo così dolce:
Alla svolta d'un sentiero un'infame
Carogna stesa su un letto cosparso di ciottoli,
 
 le gambe all'aria, come una lubrica femmina
 in ardore trasudante veleni,
spalancava
in posa cinica e indolente
 il ventre
saturo di miasmi.
 
Risplendeva su quel putridume il sole,
 come a cuocerlo di tutto punto
 e per restituire centuplicato alla grande Natura
quando ella aveva congiunto.
 
Ed il cielo guardava sbocciare come un fiore
La superba carcassa.
Tale il puzzo, che crederesti
di svenire là sull'erba.
 
Ronzavano le mosche su quel ventre
Putrido, a cui uscivano dei neri
Battaglioni di larve che colavano
Già per vivi brandelli come un denso liquido:

 tutto scendeva, saliva come onda,
 o si slanciava sfrigolando;
il corpo, gonfio d'un vago respiro,
Sembrava vivere moltiplicandosi.
 
Quel mondo dava una musica strana,
Come l'acqua corrente e il vento,
 o il grano che un vagliatore con ritmico moto
Agita e fa turbinare nel vaglio.
 
Si cancellavano le forme ed erano ormai soltanto un sogno,
 un abbozzo che tarda a definirsi
 sulla tela dimenticata, e che l'artista compie
solo col ricordo.
 
 Da dietro le rocce una cagna irrequieta
ci guardava con occhio ostile,
spiando il momento in cui riprendere allo scheletro
Il boccone che aveva abbandonato.
 
E tu? Tuttavia proprio a questa sozzura
Tu sarai simile, a quest'infezione orribile,
 tu stella dei miei occhi, tu che sei il sole della mia natura,
Passione e angelo della mia vita!
 
Tale sarai, o regina delle grazie,
Dopo gli ultimi sacramenti, quando
Sotto l'erba e le grasse fioriture
Andrei ad ammuffire tra gli ossami.
 
Allora, ai vermi che ti mangeranno
Di baci, tu racconta, mia bellezza,
Che ho conservato la forma e l'essenza
Divina dei miei amori decomposti!

 
I ciechi

Guardali, anima mia: sono veramente orribili.
Simili a manichini, ridicoli;
 terribili, strani sonnambuli,
dardeggiano non si sa dove i globi tenebrosi.

I loro occhi, abbandonati dalla divina scintilla,
 restano alzati al cielo come se guardassero lontano:
 non li si vede mai  verso il selciato
 
curvare la testa appesantita.

Traversano così l'oscurità senza confini,
 sorella del silenzio eterno. O città!
 Mentre attorno a noi tu canti ridi e urli, 

innamorata atrocemente della voluttà,
 io, vedi, così mi trascino. Ma più di essi inebetito,
mi dico: "Che cosa cercano in cielo, tutti questi ciechi?"

 

Corrispondenze

E' un tempio la Natura ove viventi
pilastri a volte confuse parole
mandano fuori; la attraversa l'uomo
tra foreste di simboli  dagli occhi
familiari. I profumi e i colori
e i suoni si rispondono come echi
lunghi che di lontano si confondono
in unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte ed il chiarore.
Esistono profumi freschi come
carni di bimbo,dolci come gli òboi,
e verdi come praterie; e degli altri
corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno
l'espansione propria alle infinite
cose, come l'incenso, l'ambra, il muschio,
il benzoino, e cantano dei sensi
e dell'anima i lunghi rapimenti.

Analizziamo un'intervista a Fausto Petrella ( presidente della Società Psicoanalitica Italiana. ) sul rapporto difficile dei poeti maledetti con il loro pubblico.
da http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=429#freud


STUDENTESSA: La società e il tempo hanno rifiutato e condannato artisti come Baudelaire e Rimbaud, i cosiddetti "poeti maledetti", ritenendoli pazzi, mentre le società delle epoche successive, hanno rivalutato l'argomento delle loro opere, ritenendole a dir poco geniali. Si può quindi affermare che la società e il tempo possano influenzare la follia creativa ?

PETRELLA: Intanto avrei difficoltà a considerare l'opera di Baudelaire nel suo complesso come l'espressione di una follia creativa. Baudelaire aveva un controllo assoluto sul testo ed è uno dei massimi poeti francesi, che appartiene a una temperie particolarissima del decadentismo - è uno dei massimi esponenti di questo - e quindi l'opera di Baudelaire è stata censurata, ma mi risulta che venisse censurata per motivi morali, diciamo, perché si riconosceva nelle sue opere l'espressione di una sorta di pornografia intollerabile per i benpensanti dell'epoca. Quindi molti testi sono stati proprio censurati. Ma questo è successo anche per pittori, per Le déjeuner sul l'herbe. Insomma questo atteggiamento di censura era diffuso, soprattutto in riferimento al tema della sessualità e di una sessualità un po' perversa come quella di Baudelaire. I tempi sono straordinariamente cambiati. Nessuno oggi si sognerebbe di restare colpito dalla trasgressività di Baudelaire. Ecco, quindi qui non vedrei tanto l'espressione di una follia. Baudelaire era anzi un poeta altamente formale, molto ordinato nella sua espressione, molto travagliato emotivamente. Però mi sembra che tra la sua attività poetica e i vari rimedi che dava alla sua depressione, alle sue difficoltà emotive, al suo pessimo rapporto con la famiglia, che era un rapporto disastroso, ecco, mi sembra che lui se la sia cavata abbastanza bene, alla fin fine.

STUDENTESSA: Baudelaire comunque rifiutava la società, cioè fu condannato in quanto esprimeva concetti che andavano contro la società. Per questo fu ritenuto pazzo.

PETRELLA: Non mi risulta che Baudelaire sia stato ritenuto proprio pazzo. O meglio: uno può dare dei giudizi di per sé, ma non è scattato un giudizio medico, specifico su Baudelaire o degli internamenti a causa della sua pazzia, ecco, in questo senso. Che poi potesse essere considerato pazzo è possibile, ma noi consideriamo pazze molte persone. Per fortuna questi giudizi non hanno in genere degli effetti pratici, perché non comportano dei provvedimenti. Quindi la situazione di Baudelaire fu scandalosa perché ci fu una pesante censura su un'attività artistica, che poteva avere una sua legittimità. Infatti il mondo si divise tra pro e contro. Ma questo può succedere.
 


Questa breve intervista, che è recuperabile nella sua integralità in rete, testimonia di un aspetto del dibattito sulla personalità dell'autore sempre molto vivo, seppur spesso frutto di semplificazioni  troppo intuitive e superficiali.

Con il termine genialità creativa la studentessa tenta di identificare una categoria di giudizio privilegiata, che ingloba nello stesso tempo il riconoscimento postumo della validità artistica delle opere di Baudelaire e la marginalità storica del soggetto, apertamente contestato dalla società e poi coerentemente escluso con la censura morale delle sue idee. Il termine pazzia viene qui impiegato come sinonimo di anormalità, che si esprime in colpevole trasgressione, in mancanza di rapporti sociali, di relazionatità comunicativa. Non viene recuperato invece il significato di disagio oggettivo del poeta a misurarsi con modelli e codici comunicativi impersonali e sostanzialmente falsi come quelli del tempo.
Anche le risposte dello psichiatra Petrella tendono a ridimensionare il valore oggettivo del termine pazzia, ma non mettono in rilievo sufficientemente il ruolo che il linguaggio poetico ha nel ricreare un universo alternativo in questa personalità, dotato di piena autonomia di significati.

Per approfondire i concetti legati al ruolo del linguaggio e dell'inconscio sono importanti le opere dello psicanalista francese Lacan. In Italia è interessante il discorso di Eugenio Borgna (
L'arcipelago delle emozioni, I conflitti del conoscere, Le figure dell'ansia, Malinconia tutti editi da Feltrinelli ).
 

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