Il viaggio
Alcuni riferimenti testuali

 

 

 


E si presenta ancora innanzi a me il fantasma
d'Odisseo, gli occhi rossi dal salmastro e da una brama
matura: rivedere ancora il fumo
che affiora dal calore della casa e il suo cane invecchiato
che aspetta sulla porta.

Sta, gigantesco, e mormora di tra la barba imbianchita parole della nostra lingua, quale già la parlavano
tremila anni fa.
Stende una mano incallita dalle gomene e dalla barra,
con la pelle segnata dal tramontano dall'afa e dalle nevi.

Sembra che voglia scacciare di mezzo a noi il Ciclope
titanico, monocolo . le Sirene che danno, se le ascolti,
l'oblio, Scilla e Cariddi:
tanti intricati mostri, che ci tolgono l'agio di pensare
ch'era un uomo anche lui che lottò
dentro il mondo, con l'anima e col corpo.

E il grande Odisseo: colui che disse di fare il cavallo
di legno - e gli Achei presero Troia.
M'immagino che venga a insegnarmi come fare un cavallo
di legno anch'io, per conquistare la mia Troia.
Mi dice l'ardua angoscia di sentire le vele della nave gonfie dalla memoria e l'anima farsi timone.  Ed essere solo, occulto nel buio della notte, a deriva
come festuca all'aia. 

L'amaro di vedere naufragati fra gli elementi i cari,
dispersi: ad uno ad uno.
E come stranamente ti fai forte a parlare coi morti,
quando i vivi superstiti non bastano.
Parla... rivedo ancora le sue mani che sapevano, a prova,
se la gòrgone di prora era ben fatta
donarmi il mare senza flutti azzurro
nel cuore dell'inverno.

 G. Seferis, Sopra un verso straniero


 


Molte e verdi isole devon pur esistere
nel profondo e vasto mare dell'infelicità
perché il navigante pallido e sfinito
possa così ancora continuare il viaggio
giorno e notte, notte e giorno,

alla deriva sul suo triste cammino, con la tenebra compatta e nera,
serrata intorno alla rotta del suo naviglio;
.......

P. B. Shelley, Versi scritti sui colli Euganei
 






 


Né più mai toccherò le sacre sponde        
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso,
onde non tacque
le tue limpidi nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque

cantò fatali, ed
il diverso esilio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua preziosa Itaca Ulisse.


Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura

U. Foscolo, A Zacinto




 

Colombo. Bella notte, amico.

Gutierrez. Bella in verità: e credo che a vederla da terra, sarebbe più bella.

Colombo. Benissimo: anche tu sei stanco del navigare.

Gutierrez.
Non del navigare in ogni modo; ma questa navigazione mi riesce più lunga che io non aveva creduto, e mi dà un poco di noia. Contuttociò non hai da pensare che io mi dolga di te, come fanno gli altri. Anzi tieni per certo che qualunque deliberazione tu sia per fare intorno a questo viaggio, sempre ti seconderò, come per l'addietro, con ogni mio potere. Ma, così per via di discorso, vorrei che tu mi dichiarassi precisamente, con tutta sincerità, se ancora hai così per sicuro come a principio, di avere a trovar paese in questa parte del mondo; o se, dopo tanto tempo e tanta esperienza in contrario, cominci niente a dubitare.

Colombo
. Parlando schiettamente, e come si può con persona amica e segreta, confesso che sono entrato un poco in forse: tanto più che nel viaggio parecchi segni che mi avevano dato speranza grande, mi sono riusciti vani;

..........

Gutierrez. Di modo che tu, in sostanza, hai posto la tua vita, e quella de' tuoi compagni, in sul fondamento di una semplice opinione speculativa.

Colombo. Così è: non posso negare. Ma, lasciando da parte che gli uomini tutto giorno si mettono a pericolo della vita con fondamenti più deboli di gran lunga, e per cose di piccolissimo conto, o anche senza pensarlo; considera un poco.
Se al presente tu, ed io, e tutti i nostri compagni, non fossimo in su queste navi, in mezzo di questo mare, in questa solitudine incognita, in istato incerto e rischioso quanto si voglia; in quale altra condizione di vita ci troveremmo essere? in che saremmo occupati? in che modo passeremmo questi giorni? Forse più lietamente? o non saremmo anzi in qualche maggior travaglio o sollecitudine, ovvero pieni di noia?

G.Leopardi, dalle Operette morali, Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez



 

 

 

 


Uomo libero,, sempre tu amerai il mare !
Il mare è il tuo specchio: contempli l'anima tua.
nell'infinito srotolarsi della tua onda,
e il tuo spirito è un abisso non meno amaro.


Ti diletti a tuffarti nel seno della tua immagine;
l'abbracci con gli occhi e con le braccia, e il tuo cuore
si distrae talvolta dal proprio battito
al fragor di quel lamento indomabile e selvaggio.

Entrambi siete tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha sondato il fondo dei tuoi abissi;
mare, nessuno conosce le tue intime ricchezze:
tanto gelosamente serbate i vostri segreti !


E tuttavia da secoli innumerevoli
vi fate guerra senza pietà nè rimorsi,
tanto amate la strage e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli inseparabili !

Baudelaire, L'uomo e il mare



 


Poiché discendevo i Fiumi impassibili,
mi sentii non più guidato dai bardotti:

Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti.

Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese
Quando coi miei bardotti finirono i clamori
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo.

Nei furiosi sciabordii delle maree
 l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo,
 ho corso!
E le Penisole salpate
 non subirono mai caos così trionfanti.

La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!

Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature, l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone.

E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdeazzurri
dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;

..............

A. Rimbaud, Il battello ebbro

 





 

 

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