La battaglia di Maratona e la drammaticità della guerra nel mondo classico. L'esaltazione del valore militare

U. Foscolo - dal carme "Dei sepolcri" vv 199 - 212


 

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Ah sí! da quella religïosa pace un Nume parla: 
e nutria contro a' Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,

la virtú greca e l'ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.

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Ah sì! Da quella pace sacra parla una divinità: e alimentava la virtù greca e l’ira contro i Persiani a Maratona dove Atene consacrò delle tombe ai suoi guerrieri. 
Il navigante che fece rotta lungo l’isola di Eubea, vedeva attraverso l’oscurità balenare le scintille degli elmi e del cozzare delle spade, i roghi dei cadaveri emanare fumo, vedeva fantasmi di guerrieri luccicanti di armi ferree cercare la battaglia; e all’orrore del silenzio notturno si spandeva nel campo di battaglia il tumulto ed il suono delle trombe di guerra, ed un incalzare di cavalli scalpitanti sugli elmi dei moribondi ed il pianto dei vinti e gli inni dei vincitori ed il canto delle divinità della morte.

 



Jacques Louis David, Leonida alle Termopili
 


In questa parte del carme, Foscolo collega le tombe di Santa Croce, di cui stava parlando, alle tombe di Maratona: il senso religioso e l’amor di patria che spira dalla pace delle tombe di Santa Croce è lo stesso che alimentò il valore e l’ira dei Greci contro i Persiani a Maratona. In questo modo la battaglia di Maratona, in cui nel 490 a. C. i Greci fermarono i Persiani che avevano invaso la Grecia, diventa un racconto esemplare (un mito) che ha lo scopo di stimolare gli animi dei posteri a compiere grandi azioni. 

Nel rievocare la battaglia, Foscolo racconta lo scenario che si presenta ad un navigatore che di notte si avvicina all’isola di Eubea. Questa descrizione è stata tratta dai versi del poeta Pausania, il quale narrava appunto ciò che si presentava della battaglia agli occhi dei marinai che si avvicinavano all’isola. Nell’ ultimo verso di questo passo Foscolo rievoca il mito delle Parche, cioè le divinità che accompagnavano la vita e la morte degli uomini.

Nella rappresentazione della famosa battaglia si nota l'estrema drammaticità che caratterizza lo scontro. Nel silenzio notturno si diffonde lo strepito delle falangi  ed il suono delle tombe di guerra. I caduti stanno per essere violati nel loro corpo dagli scalpitanti cavalli, il loro ricordo rischia di perdersi. Il canto delle Parche, le divinità della morte, ci suggerisce che l'attenzione degli dei per questi morti sconosciuti non manca. Così anche le future generazioni dovranno ricordare il loro oscuro sacrificio chiedendosi il senso di tanta virtù militare e trarne esempio. Si ripropone il concetto classico di modello di virtù, che risponde ad un volere superiore di carattere divino.

Il dramma della battaglia si trasforma in una sua epica celebrazione.
 

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