Il ricordo del passato come bisogno umano è la dimensione fondamentale del carme foscoliano Dei Sepolcri.
- vv. 23-40 : L'illusione del sepolcro - L' illusione della sopravvivenza è affidata alle tombe: l' uomo può illudersi di continuare a vivere anche dopo la morte, poiché la tomba mantiene vivo il ricordo ed istituisce un rapporto affettivo con i familiari e gli amici. La possibilità di un rapporto affettivo tra morti e vivi strappa l' uomo alla sua condizione effimera e gli conferisce quasi l' immortalità che è propria degli dèi.
- vv. 91 - 96: Valore storico
delle tombe -
Intorno alle tombe si
raccolgono inoltre i valori fondamentali di un popolo: esse sono dunque un
metro per misurare il grado di civiltà di una società. Solo la
capacità di richiamare il senso del
passato fa nascere le
tradizioni civili dei popoli.
- vv.226 - 234: La poesia pertetua il ricordo del passato - Nella parte finale del carme si fa riferimento ad un mezzo ulteriore, che può venire in aiuto alla memoria umana. Quando il tempo avrà distrutto materialmente ogni monumento e resto delle passate civiltà, sarà la poesia con i suoi grandi miti ( vicende e leggende dal valore universale ) a tramandare ricordi e valori delle antiche civiltà ai posteri. Sulla poesia si regge la tradizione dei singoli popoli.
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vv. 235 - 295 - Il mito di Troia
( Elettra, Cassandra, Omero ed Ettore ) - A partire dal valore della
poesia come strumento eternatore di
memorie, viene
da Foscolo proposto un mito dal forte valore attualizzante. E'
rievocata
la memoria della città di Troia, attraverso
quattro grandi immagini emblematiche: La ninfa
Elettra,
la profetessa
Cassandra,
il
poeta Omero
e l'eroe Ettore,
il valoroso e sfortunato avversario di Achille. Ognuno di questi personaggi
leggendari è emblema di una forma
di ricordo. Elettra diviene,
attraverso il culto ad essa riservato per volere di Giove, divinità
protettrice di Troia, Cassandra avrà il compito di ricordare alle nuove
generazioni troiane il destino funesto della città ma anche la sua dignità
culturale e storica, Omero infine perpetuerà l'eroismo disinteressato di
Ettore per la sua patria, tanto da farne un modello d'azione per ogni futuro
combattente per la libertà. |
Vero è ben,
Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve tutte cose l'obblío nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. ![]() |
Ma perché
pria del tempo a sé il mortale invidierà l'illusîon che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l'armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente de' suoi? Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall'insultar de' nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, e di fiori odorata arbore amica le ceneri di molli ombre consoli. ![]() |
Dal dí che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi all'etere maligno ed alle fere i miserandi avanzi che Natura con veci eterne a sensi altri destina. Testimonianza a' fasti eran le tombe, ed are a' figli; e uscían quindi i responsi de' domestici Lari, e fu temuto su la polve degli avi il giuramento: religîon che con diversi riti le virtú patrie e la pietà congiunta tradussero per lungo ordine d'anni. ![]() |
A
egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta.
Che ove speme di gloria agli animosi |
E me che i tempi
ed il desio d'onore fan per diversa gente ir fuggitivo, me ad evocar gli eroi chiamin le Muse del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de' sepolcri, e quando il tempo con sue fredde ale vi spazza fin le rovine, le Pimplèe fan lieti di lor canto i deserti, e l'armonia vince di mille secoli il silenzio. ![]() |
Ed
oggi nella Troade inseminata eterno splende a' peregrini un loco, eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta talami e il regno della giulia gente. Però che quando Elettra udí la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove mandò il voto supremo: - E se, diceva, a te fur care le mie chiome e il viso e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volontà de' fati, la morta amica almen guarda dal cielo onde d'Elettra tua resti la fama. - Cosí orando moriva. E ne gemea l'Olimpio: e l'immortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa, e fe' sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando da' lor mariti l'imminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar di Troia il dí mortale, venne; e all'ombre cantò carme amoroso, e guidava i nepoti, e l'amoroso apprendeva lamento a' giovinetti. E dicea sospiranda: - Oh se mai d'Argo, ove al Tidíde e di Läerte al figlio pascerete i cavalli, a voi permetta ritorno il cielo, invan la patria vostra cercherete! Le mura, opra di Febo, sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troia avranno stanza in queste tombe; ché de' Numi è dono servar nelle miserie altero nome. E voi, palme e cipressi che le nuore piantan di Priamo, e crescerete ahi presto di vedovili lagrime innaffiati, proteggete i miei padri: e chi la scure asterrà pio dalle devote frondi men si dorrà di consanguinei lutti, e santamente toccherà l'altare. Proteggete i miei padri. Un dí vedrete mendico un cieco errar sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne, e interrogarle. Gemeranno gli antri secreti, e tutta narrerà la tomba Ilio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie per far piú bello l'ultimo trofeo ai fatati Pelídi. Il sacro vate, placando quelle afflitte alme col canto, i prenci argivi eternerà per quante abbraccia terre il gran padre Oceàno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. ![]() |
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