Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a' Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtú greca e l'ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
e pianto, ed inni, e
delle Parche il canto.
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Il richiamo al Nume ( la divinità ) che
ha ispirato la battaglia dei Greci contro i Persiani a Maratona , ci parla
di una religiosità patria
che vede l'intervento degli Dei finalizzato alla difesa della propria terra.
Il canto delle Parche
( le divinità della vita e della morte ) sanziona infine - con un accenno
alto e pietoso allo stesso tempo - al compianto dovuto ai caduti in
battaglia. |
La rievocazione del
mito della città di Troia
operato da Foscolo nella parte finale del carme, ci fa capire come sia
profonda la sua ammirazione per la cultura greca e
quanto intensi ed integrati siano i
valori di cui si fa portatrice.
Attorno alla memoria della città ruota
innanzitutto la leggenda di
Elettra, la ninfa compagna di
Giove, che, non immortale, avrà comunque il dono di un'altra forma di
eternità: quella costituita dal culto riservato alle
divinità protettrici della città.
Anche
Cassandra la profetessa ha un
ruolo importante. Dotata anch'essa di una mente divina, capace di prevedere
le sciagure della sua terra, sa anche infondere
la speranza di continuità della stirpe
troiana esortando a conservare il
culto dei defunti.
Tra le macerie di Troia, la città violata dal fato di morte, ma destinata ad
essere comunque ricordata dagli uomini di tutti i tempi, si aggira
infine Omero,
il sacro poeta dalla mente pura, capace di immortalare i gesti più valorosi
e sfortunati.
Ettore,
l'eroe ucciso in battaglia dal valoroso Achille, capace di sacrificarsi in
un gesto di estrema dedizione alla sua terra, avrà il compianto eterno degli
uomini e sarà modello di vita per
lo stesso Foscolo.
E' in questi versi che si nota la
profonda sostanza del mito per il poeta di Zante.
Esso è vicenda che confonde natura
umana e natura divina, in cui i
due poli sembrano riavvicinarsi.
Il dio modella la sorte dell'uomo, ma l'uomo sa innalzarsi fino ad
impreziosire la sua opera, tanto
da renderla modello d'azione per altri uomini.
Il mito dunque educa i
contemporanei a tener conto degli alti esempi di virtù del passato
e mentre respinge ogni ristretto vincolo storico, si proietta idealmente a
dare senso al futuro dell'umanità.
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Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a'
peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè
Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra
udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: -
E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d'Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato;
ivi Cassandra,
allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento a' giovinetti.
E dicea sospiranda: - Oh se mai d'Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de' Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l'altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il
sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti,
Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato,
e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
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