G. Leopardi - La traduzione poetica di una ricordanza:
la memoria di Silvia ed la caduta della Speranza.


Due testi del 1828, appartenenti alla fase matura della poetica leopardiana, ci permettono di affrontare il tema della ricordanza ( o rimembranza ), che il poeta recanatese tenta di definire concettualmente in numerose pagine dello Zibaldone e che diviene motivo centrale dei Grandi Idilli. La ricordanza è ricordo rivissuto, capace di proiettare l'animo in una dimensione del passato, emotivamente ancor viva ed operante. Artisticamente la rimembranza è capace di connotare luoghi, situazioni ed immagini familiari con la visone immaginosa propria della fanciullezza, la sola che può creare poesia attraverso espressioni vaghe ed indefinite.

La dimensione del ricordo -
sul piano creativo ( poetico ) - è essenziale per Leopardi in quanto produce quella tensione emozionale tra presente e passato, che risulta indispensabile per scavalcare con il sentimento e il verso il dato scarno della ragione, che proietta invece verso un pessimismo radicale.

La rimembranza non è certo illusione della ripetizione del passato e forse neppure semplice rimando nostalgico. Essa soprattutto consente di rivivere dall'interno la condizione psicologica dell'età adolescenziale, reimmergendo l'io nella situazione di attesa fervida per il futuro, che è il vero elemento animatore dell'esistenza umana. Se la ragione nega il valore di ogni illusione, la rimembranza è capace di  ridare concretezza alla condizione di speranzosa aspettazione, che pure si rivelerà utopistica chimera.

Il testo poetico A Silvia nasce nel 1828 dopo l'ultimo ritorno di Leopardi a Recanati . Il borgo con i suoi luoghi e i suoi immutabili quadri di vita, costituisce il referente ideale - nella sua sostanziale stabilità - per dar corpo all'elaborazione della ricordanza. Una serie di memorie nitide, evocate con la precisione delle sensazioni ancor vive; ognuna di esse si lega emblematicamente ad una verità sul senso della vita e del tempo. Il passato racchiude - nel filtro mentale del ricordo - tutta la positività del vivere giovanile, con i semplici sogni, la spontaneità e l'intensità delle speranze nutrite in quel magico tempo.
Tuttavia la ricordanza non è tale da proiettarsi unicamente sul passato e di sostarvi stabilmente. Essa muove dal presente, cioè da un quadro di disillusione sostanziale sulla condizione umana. Nella parte finale di tutti i Grandi idilli Leopardi risolve razionalmente, cioè pessimisticamente ed amaramente la tensione creata - a livello poetico - tra presente e passato. Silvia, pura incarnazione della spensieratezza e dell'incanto giovanile, viene stroncata prematuramente dalla morte e diviene emblema della Speranza definitivamente negata anche al poeta.

 


La rimembranza del piacere, si può paragonare alla speranza, e produce appresso a poco gli stessi effetti. Come la speranza, ella piace più del piacere; è assai più dolce il ricordarsi del bene (non mai provato, ma che in lontananza sembra di aver provato) che il goderne, come è più dolce lo sperarlo, perché in lontananza sembra di poterlo gustare. La lontananza giova egualmente all'uomo nell'una e nell'altra situazione; e si può conchiudere che il peggior tempo della vita è quello del piacere, o del godimento. ( Zibaldone 13 Maggio 1821.).
 


Per la copia e la vivezza  delle rimembranze sono piacevolissime e poeticissime tutte le imagini che tengono del fanciullesco, e tutto ciò che ce le desta (parole, frasi, poesie, pitture, imitazioni o realtà ec.). Nel che tengono il primo luogo gli antichi poeti, e fra questi Omero. Siccome le impressioni, così le ricordanze della fanciullezza in qualunque età, sono più vive che quelle di qualunque altra età. E son piacevoli per la loro vivezza, anche le ricordanze d'immagini e di cose che nella fanciullezza ci erano dolorose, o spaventose ec. E per la stessa ragione ci è piacevole nella vita anche la ricordanza dolorosa, e quando bene la cagion del dolore non sia passata, e quando pure la ricordanza lo cagioni o l'accresca, come nella morte de' nostri cari, il ricordarsi del passato ec. ( Zibaldone 25 Ottobre 1821.).
 

La rimembranza

Un oggetto qualunque, per esempio, un luogo, un sito, una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto a vederla. La medesima e anche un sito, un oggetto qualunque, affatto impoetico in sé, sarà poeticissimo a rimembrarlo. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell'indefinito, nel vago.

Zibaldone Recanati, 14 dicembre domenica 1828
 

A Silvia ( 1828 )

Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? 


Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno. 

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. 

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.

O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi? 
 

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore. 

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
 

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