Th. Mann - L'universo della
malattia come metafora della crisi e paralisi della volontà - La
montagna incantata ( 1924 )
E. Munch - La danza della vita - 1899-1900
In realtà fin dal primo romanzo, i
Buddenbrook ( in cui l'autore presenta la crisi di una famiglia di
commercianti di grani di Lubecca ) emerge il suo
conflitto col mondo borghese tardo-ottocentesco, che pure egli
rappresenta in modo del tutto preciso e dettagliato. I Buddenbrook
sono la storia di una decadenza, legata ai
nuovi stili di vita di alcuni componenti dell'antica famiglia,
tesi ad inseguire mete lontane e sempre meno concretamente legate
all'attività commerciale. Tra queste
l’inquietudine dell’arte, la sensibilità raffinata, il continuo riaffiorare
di problemi esistenziali... che portano al disfacimento di antichi valori
borghesi, magari un po’ gretti, ma rassicuranti e solidi, quali il
benessere, la ricchezza, l'unità famigliare. Il romanzo è liberamente
ma chiaramente autobiografico: Mann continua ad avvertire
inconsciamente il fascino della concretezza borghese, ma si lascia
sempre più coinvolgere in una profonda ricerca
sul senso della vita, che lo spinge a
speculazioni astratte, immergendosi
in contesti culturali ed artistici ( filosofici,
pittorici, musicali ) vicini al decadentismo estetizzante.
Dove tuttavia emerge
interamente il fascino, sottile ed ambiguo, di uno stile di vita distante
dal coinvolgimento con la realtà è nella prova narrativa più matura
di Mann: La montagna incantata,
scritta nel 1924. L'ambientazione del romanzo nel
sanatorio di Davos, circoscrive la vicenda ad un
luogo chiuso e rarefatto, dove la
malattia segna tutti i
rapporti, spogliandoli di ogni materiale condizionamento. Mann, per
meglio evidenziare la preziosa particolarità di questa
condizione di isolamento, di fronte alla
brutalità della realtà storica, fa concludere il romanzo con la morte
in guerra del suo protagonista Hans Castrop, quasi stupito della cecità
umana. |
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La montagna incantata ( 1924 ) Negli anni che precedono la grande guerra (1914-18) un giovane ingegnere amburghese, appena laureato, Hans Castorp, discendente da una vecchia famiglia patrizia, si reca nel sanatorio per tubercolotici di Davos, nel cantone dei Grigioni (Svizzera orientale), posto a 1500 metri di altitudine, per visitarvi un cugino lì ricoverato e riposarsi per qualche settimana dalle fatiche dello studio. L’ambiente sereno e accogliente, le persone che incontra, la seduzione di quella vita monotona eppur variatissima lo avvincono e lo inducono a rimanere. Le previste tre settimane diventano sette anni (ad un certo momento anch’egli si scopre attaccato dalla tisi) fino a che lo scoppio della guerra non lo ridesterà da quel sogno e lo ricondurrà nella “pianura”, nei campi di battaglia ad incontrarvi la morte. Lo vedremo nell’epilogo dell’opera scomparire in una mischia orrenda, canticchiando, per vincere la stanchezza e la paura, la canzone schubertiana del tiglio.
Nel sanatorio Castorp fa stimolanti conoscenze. Un
intellettuale italiano, Settembrini, volteriano e illuminista democratico,
fedele alle idee della Rivoluzione francese dell’’89 e al razionalismo
liberale e individualista del XIX secolo, si scontra con Naphta, un ebreo
galiziano finito nell’ordine dei Gesuiti, che si professa assolutista,
antindividualista, paladino della dittatura e della Inquisizione. Tra gli
ospiti di maggior rilievo v’è anche Peeperkorn, seguace della concezione
irrazionale della vita tutta sensi e natura, mentre Madame Chauvat, di cui
Castorp sarà preso, rivela una seducente e demoniaca femminilità.
Si discute, si dibattono i più vari problemi, si
confrontano le opposte idologie, senza peraltro approdare ad alcun risultato
definitivo.
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Cap. IV - Politicamente sospetto Si bevevano limpide limonate ai diversi tavoli e sulla scala si eseguivano fotografie. Altri si scambiavano francobolli e la signorina greca dai capelli rossi faceva a matita sopra un taccuino il ritratto del signor Rasmussen, ma poi si rifiutava di mostrargli il disegno, anzi continuava a voltarsi rapidamente ora qua ora là con i suoi denti larghi e radi, così che il giovane non riusciva a strapparle il taccuino. Erminia Kleefeld stava seduta sul suo gradino a occhi semichiusi e batteva il tempo con un giornale arrotolato, il signor. Albin le appuntava sul petto un mazzolino di fiori di campo. Il giovane dalle labbra rosse sporgenti, seduto ai piedi. della signora Salomon chiacchierava volgendo il collo verso di lei mentre il pianista dai capelli radi continuava a fissarla continuamente sulla nuca. Vennero i medici e si unirono ai loro pazienti, il Consigliere Behrens in càmice bianco, il dottor Krcokowski in camice nero. Passavano accanto alle diverse file di tavolini e per quasi tutti gli ospiti il Consigliere aveva uno scherzo bonario, così che la sua strada era segnata da una scia di gaio movimento; poi i dottori scesero dalla gioventù, la parte femminile della quale si schierò con sguardi sbieco e grandi scodinzolamenti intorno al dottor
Krokowski, mentre il Consigliere in onore della
domenica mostrò alla gioventù maschile un suo gioco d’agilità. Pose il suo
piede enorme sopra uno scalino elevato, sciolse i lacci, li afferrò mediante
un suo gesto speciale con una sola mano, e seppe, senza l’aiuto dell’altra,
infilarli a croce nei ganci con tale sveltezza che tutti se ne
meravigliarono e molti tentarono invano di imitarlo.
Giovanni Castorp ricompose il viso (l'aveva già fatto
quando s'era accorto del giungere dell'Italiano), poi rispose: |