La lotta
contro gli stranieri
per la libertà in Italia
A. Manzoni,
Marzo 1821
Dio, che è padre di "padre di tutte le genti" e non può permettere ingiustizie e violenze contro le libere comunità, respinge la forza straniera. Con questa convinzione di tipo religioso Manzoni convalida la sua fede di patriota, riafferma il sacro diritto degli Italiani alla propria unità e indipendenza e rivolge un' accusa contro la prepotenza oppressiva degli Austriaci. All' inizio dell' ode, ( Manzoni rappresenta come una realtà di fatto ciò che è solo un progetto e una speranza ), il poeta immagina che i piemontesi abbiano già varcato in Ticino e si siano incontrati con i patrioti lombardi giurando di liberare l' Italia o di morire. Ormai, dopo secoli di servitù, è giunto il giorno del riscatto e nessuno può costringere gli italiani ad accettare ancora forme innaturali di sudditanza politica. La nazione italiana è infatti formata da genti che hanno abitudini, lingua, religione, memoria storica, comuni. Perciò, contro gli usurpatori che rintuzzano le rivolte liberali con una guerra ingiusta, gli italiani, che sentono a sé solidale il cuore di ogni popolo libero, senza più attendere l' aiuto straniero, accorrono di persona per combattere e vincere. Potranno così domani raccontare con orgoglio ai propri figli di aver partecipato alle giornate del riscatto nazionale. Sfortunatamente l' entusiasmo e la speranze del poeta si sfaldano nella generale delusione che segue i moti del 1821, per cui la poesia verrà pubblicata solo nel 1848, al tempo delle Cinque giornate di Milano, che inaugurano la prima guerra di indipendenza.
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ALLA ILLUSTRE MEMORIA DI TEODORO KOERNER POETA E SOLDATO DELLA INDIPENDENZA GERMANICA MORTO SUL CAMPO DI LIPSIA IL GIORNO XVIII D’OTTOBRE MDCCCXIII NOME CARO A TUTTI I POPOLI CHE COMBATTONO PER DIFENDERE O PER CONQUISTARE UNA PATRIA |
All'illustre memoria dI Teodoro Koerner, poeta e soldato dell'indipendenza tedesca, morTO sul campo di Lipsia il 18 ottobre 1813, nome caro a tutti i popoli che combattono per difendere o conquistare una patria. |
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Rivolti indietro alla riva arida del Ticino appena varcato, tutti assorti nella contemplazione del nuovo destino; sicuri nel loro animo dell'antico valore, hanno giurato. Non accadrà mai che l'acqua di questo fiume scorra tra due rive straniere; non ci sarà mai un luogo dove sorgano barriere tra territori italiani, mai più! |
L ’han
giurato: altri forti a quel giuro rispondean da fraterne contrade, affilando nell’ombra le spade che or levate scintillano al sol. Già le destre hanno strette le destre; già le sacre parole son porte; o compagni sul letto di morte, o fratelli su libero suol. |
Hanno giurato: altri
valorosi a quel giuramento rispondevano da altre regioni; preparando le spade in segreto; che ora scintillano al sole. Hanno già unito le destre alle destre; già si sono scambiati i sacri giuramenti: o compagni sul letto di morte, o fratelli in una libera nazione. |
Chi potrà della gemina Dora, della Bormida al Tanaro sposa, del Ticino e dell’Orba selvosa scerner l’onde confuse nel Po; chi stornargli del rapido Mella e dell’Oglio le miste correnti, chi ritorgliergli i mille torrenti che la foce dell’Adda versò, |
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quello ancora una
gente risorta potrà scindere in volghi spregiati, e a ritroso degli anni e dei fati, risospingerla ai prischi dolor; una gente che libera tutta o fia serva tra l’Alpe ed il mare; una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor. |
ebbene costui potrà ancora una volta dividere in masse disprezzate un popolo risorto, ed indietro nel tempo ad un antico suo destino di schiavitù dolorosa potrà risospingerlo; un popolo che sarà tutto quanto o libero o schiavo dalle Alpi al mare; unito nel suo destino militare, per lingua, per tradizioni religiose, per stirpe e per spirito dio libertà. |
Con quel volto sfidato
e dimesso, con quel guardo atterrato ed incerto con che stassi un mendico sofferto per mercede nel suolo stranier, star doveva in sua terra il Lombardo: l’altrui voglia era legge per lui; il suo fato un segreto d’altrui; la sua parte servire e tacer. |
Con quel volto sfiduciato ed avvilito; con quello sguardo vergognoso ed abbassato, con il quale sta un mendico mal tollerato ad elemosinare in terra straniera, doveva stare nella sua terra il Lombardo; gli altrui desideri erano legge per lui: il suo destino, un segreto nelle mani d'altri; la sua sorte servire e tacere. |
O
stranieri, nel proprio retaggio torna Italia e il suo suolo riprende; o stranieri, strappate le tende da una terra che madre non v’è. Non vedete che tutta si scote, dal Cenisio alla balza di Scilla? non sentite che infida vacilla sotto il peso de’ barbari piè? |
O stranieri, gli Italiani riacquistano la propria eredità e riaffermano il proprio diritto sulla terra ereditata dai padri; o stranieri, abbandonate questa terra che non è vostra. Non vedete che il popolo italiano tutto si riscuote. Dal Moncenisio alla punta di Scilla (Calabria )? Non sentite che insicura questa terra su fa sotto il peso della dominazione straniera? |
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O stranieri! Sulle vostre bandiere sta la vergogna di un giuramento
tradito; un giudizio da voi pronunciato vi accompagna all'ingiusta
lotta;
voi che tutti insieme gridaste in quei giorni:
Dio rifiuta
la forza straniera; ogni popolo sia libero e venga meno l'ingiusta ragione della guerra di conquista |
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Se la terra, dove
oppressi levaste lamenti, ricopre i corpi dei vostri oppressori, se il volto di signori stranieri tanto amara vi parve in quel giorno, Chi vi ha detto che vano, eterno sarebbe stato il dolore del popolo italiano? Chi vi ha detto che ai nostri lamenti sarebbe stato sordo quel Dio che vi aiutò? |
Sì,
quel Dio che nell’onda vermiglia chiuse il rio che inseguiva Israele, quel che in pugno alla maschia Giaele pose il maglio ed il colpo guidò; quel che è Padre di tutte le genti, che non disse al Germano giammai: Va’, raccogli ove arato non hai; spiega l’ugne; l’Italia ti do. |
Sì quel Dio che sommerse nel mar Rosso il Faraone che inseguiva gli Ebrei, quel Dio che diede a Giaele la forza di uccidere ( Sisara), conficcandogli un chiodo nella tempia, quel Dio che è padre di tutti i popoli che non disse mai al popolo tedesco: va', raccogli dove non hai arato: distendi le mani; ti consegno l'Italia. |
Cara Italia! dovunque
il dolente grido uscì del tuo lungo servaggio; dove ancor dell’umano lignaggio ogni speme deserta non è: dove già libertade è fiorita, dove ancor nel segreto matura, dove ha lacrime un’alta sventura, non c’è cor che non batta per te. |
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Quante
volte sull’Alpe spïasti l’apparir d’un amico stendardo! Quante volte intendesti lo sguardo ne’ deserti del duplice mar! Ecco alfin dal tuo seno sboccati, stretti intorno ai tuoi santi colori, forti, armati dei propri dolori, i tuoi figli son sorti a pugnar. |
Quante volte dalle Alpi cercasti di intravedere una bandiera amica liberatrice! Quante volte distendesti lo sguardo sulla distesa del duplice mare che circonda l'Italia! Ecco alfine dal cuore della tua terra, stretti intorno ai santi colori della bandiera, valorosi, armati della propria dolorosa disperazione i tuoi figli si sono levati a combattere. |
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Oggi, o valorosi, sui
vostri volti risplenda la virtù segretamente conservata: si combatte per l'Italia, vincete! il suo destino sta nelle vostre spade. O risorta a libertà, grazie a voi, rivedremo l'Italia seduta al convito dei popoli, o più schiava, più vile, più disprezzata starà sotto l'odiosa oppressione straniera. |
oh
giornate del nostro riscatto! Oh dolente per sempre colui che da lunge, dal labbro d’altrui, come un uomo straniero, le udrà! Che a’ suoi figli narrandole un giorno, dovrà dir sospirando: «io non c’era»; che la santa vittrice bandiera salutata quel dì non avrà. |
O giornate del nostro
riscatto! Dovrà dolersi per sempre colui che da lontano, dalla bocca d'altri, come uno straniero, udrà queste notizie! Poiché ai suoi figli, narrandole un giorno, dovrà dire sospirando:"io non c'ero"; poiché la santa bandiera d'Italia, vittoriosa in quel giorno felice non avrà salutato. |