Montale - Il temporale nella città balneare annuncia forse
un mutamento nell'esistenza... 

Van Gogh - Caffé terrazza nella piazza del forum, Arles di notte

E. Montale - Arsenio


I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
 

È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...

Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide,
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il,rombo silenzioso.
 

Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene

- finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che s'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un frùscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
 

Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
Mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell’ora che si scioglie, il cenno d’una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.

 

 


Arsenio è l'ultimo componimento in ordine cronologico degli Ossi di seppia, aggiunto nell'edizione del 1928 e composto l'anno prima. La scena, che ha per la prima volta un protagonista maschile diverso dal poeta, ma in cui il poeta si proietta oggettivandosi, è posta in una stazione balneare nell'imminenza di un temporale. Arsenio è attratto dal vortice degli elementi verso la spiaggia nell'intuizione che a quello sconvolgimento improvviso della natura sia legata la possibilità di un mutamento radicale nella propria esistenza, che quello sia l'evento tanto atteso. Ma Arsenio, come Montale, è «della razza di chi rimane a terra»...

II senso globale di Arsenio, a parte l'interpretazione dì singoli versi ambigui, è chiaro: Arsenio si è trovato davvero, o molto probabilmente, di fronte all'evento tanto atteso, quello capace di sconvolgere il corso della sua vita, di annullare d'un colpo il «male di vivere», liberandolo e rendendolo «divino». II temporale è il simbolo di questa opportunità o forse è esso stesso questa opportunità: lo sconvolgimento naturale attrae Arsenio, che è sul punto di gettarsi in mare, sradicando le radici viscide che lo legano a terra. La liberazione, il mutamento è però inquietante, forse-perché si tratta di proiettarsi nel turbine di un mare sconvolto-coincide con l'annullamento di sé, con l'annientamento, la morte. Forse, insomma, è il morire che può dare senso alla vita, il proiettarsi nel nulla cosmico. Ma Arsenio, come Montale, è «della razza di chi rimane a terra» e rinuncia a cogliere questa terribile ma forse salvifica opportunità, ritornando alle cose in autentiche e alle angosce di tutti i giorni, qui simboleggiate dalla folla dei villeggianti morti-viventi.

II componimento è anche importante perché segna, in anticipo rispetto alle successive scelte delle Occasioni, un deciso orientarsi verso una poetica che è stata definita del "correlativo oggettivo", in parte mutuata da Eliot, che Montale proprio in questi anni legge e traduce. Sta di fatto che qui Montale sostituisce all'io lirico un personaggio, Arsenio, in cui la sua personale problematica esistenziale è oggettivata (come in Eliot accade col protagonista di Rapsodia e con Gerontion nel componimento omonimo).

 http://digilander.libero.it/letteratura/Novecento/Montale/arsenio.htm
 

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