Montale e la divina indifferenza, intesa
come supremo distacco dal mondo


Inettitudine per Montale significa molte cose.
E' - per lui - innanzitutto sentirsi
 della razza di chi rimane a terra ( Esterina ) di chi è altro dalla forza devastante e misteriosa del mare e del tempo, insomma l'essere implicato nella materia del vivere, del limite e dell'incomprensione. In altri versi della sezione degli Ossi di seppia, Mediterraneo, così si esprime:

" Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi,
mangiati dalla salsedine;
scheggia fuori dal tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa
Altro fui: uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace........"

Questa condizione implica alienazione, estraneità, incoerenza, fragile appiglio nella memoria, ma sostanziale pericolo di costante metafisica allucinazione di fronte alla realtà, che continua a sfuggire nei suoi veri significati

So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’ è se mai nessuno
l’ha veduto

Esiste del resto un'altra forma di stabilità, di distacco e di prodigiosa intelligente sospensione dell'azione ( inettitudine del tutto particolare ma auspicabile ). Dinnanzi alle cose che incombono con la loro opprimente oggettività c'è un'unica, seppur infrequente, possibile forma di lucidità da parte dell'uomo. E' la divina indifferenza, che di tanto si oggettiva agli occhi del poeta in immagini astratte e ormai espropriate della loro concretezza avvilente. L'unico modo per evadere dal male di vivere, dalla legge  inaccessibile all'uomo, che lo condanna all'estraneità, all'assenza di significato, è appunto fare di quest'assenza una sorta di chiaroveggenza capace di cogliere nella nuda oggettività dell'essere presenze lievi, staccate dalla corporeità, simulacri e correlativi del nulla (   era la statua nella sonnolenza /  del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato) .

 


Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

 



De Chirico, Enigma di un giorno
 

 
Forse un mattino andando in un'aria di vetro
 
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
 
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

 



De Chirico, canto d'amore
 

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