Montale e la divina
indifferenza, intesa
come supremo distacco dal mondo
" Avrei voluto
sentirmi scabro ed essenziale Questa condizione implica alienazione, estraneità, incoerenza, fragile appiglio nella memoria, ma sostanziale pericolo di costante metafisica allucinazione di fronte alla realtà, che continua a sfuggire nei suoi veri significati
So che si può vivere Esiste del resto un'altra forma di stabilità, di distacco e di prodigiosa intelligente sospensione dell'azione ( inettitudine del tutto particolare ma auspicabile ). Dinnanzi alle cose che incombono con la loro opprimente oggettività c'è un'unica, seppur infrequente, possibile forma di lucidità da parte dell'uomo. E' la divina indifferenza, che di tanto si oggettiva agli occhi del poeta in immagini astratte e ormai espropriate della loro concretezza avvilente. L'unico modo per evadere dal male di vivere, dalla legge inaccessibile all'uomo, che lo condanna all'estraneità, all'assenza di significato, è appunto fare di quest'assenza una sorta di chiaroveggenza capace di cogliere nella nuda oggettività dell'essere presenze lievi, staccate dalla corporeità, simulacri e correlativi del nulla ( era la statua nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato) .
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Bene non seppi,
fuori del prodigio
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