
Picasso, Acrobata e giovane arlecchino, 1905 |

Picasso - Buffone e giovane acrobata, 1905
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Chi sono?
( da Poemi, 1909 )
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell'anima mia:
"follia".
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore la tavolozza dell'anima mia:
"malinconia".
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
Nella tastiera dell'anima mia:
"nostalgia".
Son dunque...che cosa?
Io metto una lente
Davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell'anima mia.
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All'interno della demistificazione dei miti ottocenteschi operata dai
Crepuscolari e dai Futuristi c'è la voce tutta particolare di Aldo
Palazzeschi, che esprime - ora dolorosamente ora ironicamente - la riduzione
progressiva del ruolo del poeta a
saltimbanco
dell'anima. L'immagine del poeta, come colui che esprime con la parola una
rete di suggestioni, non esiste più. La
follia
è la parola ben strana scritta dalla penna della sua anima,
per
testimoniare l'incoerenza delle trame affettive ed emotive del soggetto. Il
poeta perde ruolo e importanza sociale, si ritrae su se stesso..melanconia
e nostalgia
lascerebbero intuire una sofferta psicologia crepuscolare. Ma
l'identificazione metaforica con cui Palazzeschi connota il poeta è nuova,
caricaturale, parodistica e un po' surreale. L'artista, che apre il suo
cuore al pubblico, evidenziando gli stati dell'animo suo quasi con una
lente, diviene
saltimbanco, clown, sbeffeggiatore irriverente e trasgressivo, libero ed
eversivo, imprevedibile.
L'instabilità e la libertà irrequieta sono la cifra distintiva del nuovo
poeta.
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