G. Pascoli - La simbolica sospensione del paesaggio e la fissità assorta del poeta di fronte alla vita della natura


Pascoli rimane profondamente legato nella sua poesia ad una visione della realtà analitica e rarefatta allo stesso tempo, che lo immerge, come osservatore e come poeta, in aspetti apparentemente marginali della campagna e della vita contadina; forme che invece rivestono per lui una significatività simbolica assoluta. Le composizioni di Myricae vivono tutte della sospensione magica di atmosfere campestri, dalle quali emerge un particolare inatteso dalla originale caratterizzazione. Dunque l'atteggiamento di Pascoli è di attesa, di ascolto attento, di inazione trepidante di fronte ai misteri della natura. Il poeta fanciullino si dice incapace di agire, pensare e parlare come l'uomo maturo. Egli ha bisogno di cogliere il particolare che alimenti la sua sensibilità dal profondo, sinceramente; e per fare questo ha bisogno di poter penetrare nei segreti delle realtà più quotidiane.

La nebbia è un elemento naturale che pare adattissimo ad ovattare suoni e colori, ad isolare ancor meglio nell'attesa di qualche sensibile voce della natura. Il gesto paziente del contadino che sta arando, si stende sempre uguale - a sanzionare il ritmo rassicurante delle attività dei campi - mentre qualche foglia rosseggia nei filari ed il passero con il pettirosso fanno sentire il loro verso nitido - a garantire la vitalità di una natura che pare altrimenti assopita.
 

G. Pascoli, Arano ( Myricae )

Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra paziente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinno come d'oro.



 


La paralisi della volontà e la censura del passato doloroso
G. Pascoli, Nebbia


Ancora una volta è la nebbia a fare da referente all'isolamento ed alla stabilità dell'osservazione, necessaria per giungere al messaggio poetico. Ma questa volta la funzione della nebbia è diversa: essa deve celare tutto ciò che sta fuori dalla casa del poeta. La casa è simbolo del nido protettivo - distrutto per sempre dalle sventure giovanili ed imperfettamente ricostruito accanto alla fedele sorella Maria. Pascoli è incapace di guardar oltre, di proiettarsi fuori da questo limite fisico, ma soprattutto non vuole rivolgersi indietro con il ricordo, per non misurarsi con il dolore della perdita. Dunque la nebbia che isola e protegge dal passato è anche sintomo di debolezza ed impotenza a ricreare un rapporto sereno con le cose e le persone, tanto che l'ultimo richiamo è alla morte, con il presentimento del lento funebre procedere verso il cimitero, che lo porterà a ritrovare infine i suoi cari defunti.
 


Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli
d'aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
dell'orto,
la mura ch'ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
di strada,

che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore!
Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest'orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
 

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