Pirandello : il comico e l'umoristico
come sentimento del contrario
Riflettendo sulla realtà, possiamo coglierne il lato molteplice e contradditorio: da un lato si evidenzia il ridicolo di una persona o di un fatto, dall’altro si individua il fondo dolente, di umana sofferenza che lascia il posto alla pietà. Celebre è l'esempio della " vecchia signora ", goffamente imbellettata e vestita di abiti giovanili, che suscita il riso del lettore, il quale avverte in lei " il contrario " di come si dovrebbe acconciare una vecchia signora. Ma se egli riflette sul perché ella inganni così pietosamente se stessa, nel tentativo magari di trattenere un marito più giovane di lei, ecco che perverrà al " sentimento del contrario" ed il riso cederà il posto alla pietà. Di qui la sua "poetica dell' umorismo ": l'umorista scava più in profondità dello scrittore comico e di quello tragico perché, intervenendo con la riflessione, smaschera le menzogne delle convenzioni sociali e gli autoinganni della nostra coscienza..
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Vediamo dunque, senz’altro, qual è il processo da cui risulta quella particolar rappresentazione che si suol chiamare umoristica: se questa ha peculiari caratteri che la distinguono, e da che derivano: se vi è un particolar modo di considerare il mondo, che costituisce appunto la materia e la ragione dell’umorismo. Ordinariamente, – ho già detto altrove, e qui m’è forza ripetere – l’opera d’arte è creata dal libero movimento della vita interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corrispondenza tra loro e con l’idea– madre che le coordina. La riflessione, durante la concezione, come durante l’esecuzione dell’opera d’arte, non resta certamente inattiva: assiste al nascere e al crescere dell’opera, ne segue le fasi progressive e ne gode, raccosta i vari elementi, li coordina, li compara. La coscienza non rischiara tutto lo spirito; segnatamente per l’artista essa non è un lume distinto dal pensiero, che permetta alla volontà di attingere in lei come in un tesoro d’immagini e d’idee. La coscienza, insomma, non è una potenza creatrice, ma lo specchio interiore in cui il pensiero si rimira; si può dire anzi ch’essa sia il pensiero che vede sé stesso, assistendo a quello che esso fa spontaneamente.
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Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale
orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti
giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è
il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe
essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa
impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario.
Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella
vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un
pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente
s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a
trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non
posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in
me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più
addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto
passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la
differenza tra il comico e l’umoristico. |
Lo scrittore siciliano applica per la prima volta nel romanzo " Il fu Mattia Pascal ", la poetica dell'umorismo, nel senso che egli non si accontenta della semplice narrazione degli avvenimenti, ma sente l'esigenza di riflettere e di produrre meccanismi di riflessione anche nel lettore. Fra tutte le sue opere narrative essa è quasi sicuramente la più importante, inaugurando la letteratura novecentesca e rompendo definitamene con gli schemi tradizionali: la narrativa diventa sempre più analisi interiore, tentativo di evidenziare l’angoscia esistenziale, l’incomunicabilità,la solitudine dell’uomo per il quale “ nulla è certo, tutto è relativo “. La sofferenza dell’uomo si manifesta per eccellenza nella “trappola” costituita dalla famiglia e dalle misere condizioni economiche dei personaggi di Pirandello, i quali tentano la ribellione e l’evasione dal grigiore della vita e dalle convenzioni sociali che impongono loro di recitare una parte ( la forma ); ma per l’autore,da questa trappola non c’è una vera via d’uscita : il suo pessimismo nei confronti della società è assoluto e non propone alternative.
Da qui nascono
le situazioni incoerenti, assurde,
paradossali, grottesche, comico-tragiche .
Così nel romanzo
"
Uno, nessuno, centomila " si
può constatare che l’uomo si crede " uno " ( univoca ed irrepetibile
personalità ) ed é invece fatto di "
centomila " vane forme, le molteplici
immagini secondo cui gli altri lo vedono.
Questo equivale ad essere " nessuno " per se
stessi.
La vera personalità dell' individuo resta soffocata sul nascere da una
“maschera” che gli altri impongono dall’esterno ed in base alla quale egli
vive. Ma mentre Mattia Pascal vuole costruirsi una nuova identità, Moscarda vuole distruggere le identità illusorie che gli sono attribuite, e non ne cerca un’altra, anzi, estraniandosi totalmente dalla vita sociale, si rifugia in uno ospizio per poveri. Se prima la consapevolezza di non essere “nessuno” gli procurava angoscia, ora rifiuta ogni identità personale, addirittura il proprio nome, e si abbandona gioiosamente al continuo divenire della vita, senza più fissarsi in alcuna forma, rinascendo nuovo in ogni istante e identificandosi di volta in volta nelle cose che lo circondano, alberi, vento, nuvole. In questo romanzo, la condizione negativa dovuta alla mancanza di identità, si trasforma in una condizione positiva, apparentemente gioiosa, anche se si intuisce la solitudine amara insita nella volontaria esclusione dal mondo di Vitangelo Moscarda. Anche nelle novelle Pirandello offre una gamma vastissima di situazioni umane, bizzarre, grottesche, paradossali. Ne “Il treno ha fischiato” il protagonista schiavo di un mondo monotono e alienante, rivela un’improvvisa follia che gli si manifesta nel sogno ad occhi aperti di meravigliosi viaggi in località esotiche e lontane. Si tratta della valvola di sfogo della fantasia, che finalmente ha il coraggio di prendere il posto - almeno per un certo tempo - dell'amara realtà di tutti i giorni.
Nella novella
“La
signora Frola e il signor Ponza”,
la situazione umoristica creata dai due personaggi che a vicenda si dicono
pazzi, si trasforma in paradossale: in essa troviamo uno dei temi
caratteristici della concezione pirandelliana della vita, e cioè il
relativismo conoscitivo,
secondo il quale “nulla è certo tutto è relativo”. Infatti, ognuno di noi,
si fa una idea della realtà che è diversa da quella degli altri; ognuno ha
la sua verità che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. La
Signora Frola di fronte alle richieste insistenti di conoscere la sua vera
identità, dirà di essere quella che ognuno crede che essa sia. |