A. Rimbaud - La lettera del Veggente ( 1871 )


Nel maggio 1871 Rimbaud aveva inviato a Paul Demessy la cosiddetta “Lettera del Veggente” un’importante dichiarazione di poetica nella quale gli afferma che la poesia nasce da una ricerca tormentata e costante dell’alterità che il soggetto scopre in sé, esasperando le proprie percezioni e proiettandone la profondità caotica nello spazio poetico. Il poeta diviene un elemento intermedio tra il proprio spessore psicologico e il mondo esterno:

“ assisto allo sbocciare del mio pensiero, lo guardo, lo ascolto: dò un colpo d’archetto: la sinfonia si rimescola nelle profondità, o di colpo balza sulla scena”.

"A differenza di quanto teorizzato dai romantici, Rimbaud ritiene che lo spazio soggettivo non sia chiaramente individuabile ed immediatamente attingibile, né possa essere facilmente proiettato in un'esteriorità (come ad esempio la Natura) che lo rispecchi e lo dilati.  Tale spazio in Rimbaud resta una sorta di complessità sconosciuta, che si manifesta in modo imprevedibile e parziale, dalla quale emergono, di volta in volta, come magicamente, elementi linguistici che si presentano quasi dotati di una propria oggettività."
( da A. Budriesi, La letteratura: forme e modelli, Vol 3, SEI )
 


dalla "Lettera del Veggente " ( 1871 )


«lo dico, che bisogna essere " veggente ", farsi " veggente ". Il Poeta si fa "veggente" mediante una lunga, immensa e ragionata "sregolatezza di tutti i sensi"Tutte le forme di amore, di sofferenza, di follia; egli cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non serbarne che la quintessenza.  Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale egli diventa in mezzo a tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, - e il Sommo Sapiente!

....Egli giunge infatti all'ignoto!  Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro!  Egli giunge all'ignoto, e se, smarrito, finisse col perdere l'intelligenza delle sue visioni, le ha pur vedute!  Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori: incominceranno dagli orizzonti dove l'altro si è accasciato! [... ] Dunque il poeta è veramente un ladro di fuoco.

Ha l'incarico dell'umanità, persino degli "animali"; dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta di "laggiù" ha forma, egli dà forma; se è informe, egli dà l'informe. 

Trovare una lingua; - Del resto ogni parola essendo idea, verrà il tempo di un linguaggio universale!  Bisogna essere un accademico, - più morto di un fossile - per ultimare un dizionario di qualsiasi lingua.  Se un debole si mettesse a pensare sulla prima lettera dell'alfabeto, tosto rovinerebbe nella pazzia!

Questa lingua sarà l'anima per l'anima, riassumendo tutto, profumi, suoni, colori, sarà pensiero che aggancia il pensiero e che tira.  Il poeta definirebbe la quantità di ignoto che nel suo tempo si risveglia nell'anima universale: darebbe di più - della formula del suo pensiero, della notazione della "sua marcia verso il Progresso"!  Enormità che diventa norma, assorbita da tutti, egli sarebbe davvero "un moltiplicatore di progresso"!  Questo avvenire sarà materialista, vede bene; - sempre pieno di "Numero" e di "Armonia", questi poemi saranno fatti per restare. - In fondo, sarebbe ancora un po' la Poesia greca. L'arte eterna avrebbe la sua funzione, così come i poeti sono cittadini.  La Poesia non ritmerà più l'azione; sarà più "avanti".

Questi poeti saranno!  Quando sarà spezzata l'infinita schiavitù della donna, quando ella vivrà per sé e grazie a sé, l'uomo, - finora abominevole, - avendola resa, sarà poeta, poeta anch'essa!  La donna troverà dell'ignoto! I suoi mondi di idee differiranno dai nostri? - Troverà cose strane, insondabili, ripugnanti, deliziose; noi le prenderemo, le capiremo.

Nel frattempo chiediamo ai "poeti" del "nuovo", - idee e forme.  Tutti gli abili crederanno subito di aver soddisfatto tale domanda. - Non è questo! ».
 


Il primo elemento che risalta in questo brano è la definizione del veggente come di colui che pratica una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. La poesia nasce dalla disponibilità a lasciarsi attraversare da un'intensa esperienza interiore, che produce trasfigurazioni impreviste della realtà, creando un suo nuovo linguaggio interno ( il linguaggio dell'ignoto ). La mediazione del poeta veggente consiste appunto nel far trapelare le immagini di questa produzione inconscia.

La realtà esterna, che stimola una costante sovrapposizione di sensazioni ( sinestesie e simmetrie ) invita alla condensazione analogica del linguaggio, già teorizzata da Baudelaire in Corrispondenze. Si afferma una totale ambiguità dei sensi e dei significati del reale, così da valorizzare un linguaggio universale che riassume in sé profumi, suoni e colori.

Rimbaud ricerca consapevolmente una pregnanza quasi mitica della parola (come dimostra il riferimento alla poesia greca), che deve essere capace, arricchendosi mediante un gioco associativo ( segnalato dal « "pensare" sulla prima lettera dell'alfabeto ») di evocare significati inconsci.  Egli cerca di far esplodere i limiti che l'economia del codice espressivo imponeva alla parola (e alla frase, in quanto somma di parole), dilatando il significante fino a farvi confluire significati che non rispondessero solo alle necessità pragmatiche della comunicazione, ma lasciassero filtrare quegli elementi, generalmente censurati nella pratica intersoggettiva, che segnalano l'intervento dell'alterità inconscia nel pensiero.

Non si può parlare, per quanto riguarda Rimbaud, di crisi del soggetto; in lui, nella sua opera, anche le incrinature che sembrano spezzare la compattezza dell'individuo nel momento in cui lasciano spazio all'irrazionale non sono in realtà che un tentativo costante di espandere il proprio io elaborando forme nuove e sempre più complesse di conoscenza.

L'obiettivo di Rimbaud consiste nel trovare un linguaggio che escluda progressivamente tutte le astrazioni idealizzanti, per indirizzarsi verso una sorta di «comunicazione totale» che includa anche gli elementi percettivi, estetici e materiali della realtà. E' la poesia, con le sue licenze, le sue possibilità di creatività e trasgressione ad offrirgli lo strumento più idoneo per operare questa ragionata sregolatezza di tutti i sensi.  Essa ovviamente implica una sorta di esplosione dell'Io individuale, seppur ancora vissuta nell'ebbrezza di una pienezza conquistata e solo in seguito, con altri poeti, sentita come percezione di una frattura ormai irrimediabilmente aperta nell'integrità del soggetto.

( le scelte testuali ed il  commento critico sono liberamente elaborati a partire dalle analisi presenti in
A. Budriesi, La letteratura: forme e modelli, Vol 3, SEI )

 

Una poesia di associazioni multiple ed inconsce
A. Rimbaud - Vocali

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali
Io dirò un giorno le vostre origini segrete:(1)
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,
 

a   a

Golfi d'ombra;(2) E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle
I,(3) porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;

 

e       i

U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose.(4)
 

u  u

O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
- O l'Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi! (5)

 

o     o


Il poeta è colui che detiene il significato del linguaggio, che possiede la chiave enigmatica del rapporto misterioso fra gli elementi minimi dell'articolazione dei suoni e la materialità del reale solitamente inesplorata.  ( " A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali / Io dirò un giorno le vostre origini segrete" ). L'associazione fra suoni e colori viene presentata come paradigma, come base oggettiva per svelare l'infinita profondità della lingua ed essa viene ora estesa a sequenze di immagini.

Il nero della  A  si combina ai crudeli fetori attorno ai quali ronzano mosche  lucenti dai corsetti villosi. In una sorta di mancata distinzione degli opposti si affiancano connotazioni di disfacimento e di morte alla vitalità bella e concreta del volo delle mosche. L'immagine dei golfi d'ombra connota un' approdo rassicurante e nello stesso tempo misterosamente oscuro, che richiama simbolicamente una presenza femminile. Si ripropone a livello inconscio l'emergere di una femminilità ugualmente terrorizzante e materna.

La  E  bianca si associa ad immagini eteree e gelide, in un pervasivo fluire di vapori ed ondeggiare di tende. Oppure si materializza nell'astratta e statica verticalità dei ghiacciai, dei re bianchi e delle lance, ricondotte all'accostamento ai fiori ( le umbelle ) che sembrano pulsare di una sensibile fragilità.  Anche il questo caso pare operarsi l'annullamento degli opposti che si rintraccia nella magica compresenza di fluidità di venti e vapori, nelle tenere esiguità floreali accanto alla rigososa staticità e verticalità di ghiacciai e lance. Il referente simbolico pare essere quello della verginità inattingibile e del candore idealizzato.

La   I   rossa si lega ad immagini di vitalità aggressiva e affascinante. Le belle labbra e lo sputo di sangue emblematizzano con una forte carica di materialità, nel fascino della crudeltà, del peccato e della femminilità aggressiva l'annullamento di ogni dolce abbandono. La donna riappare come alterità crudele e attrraente.

La  U  è associata al verde; essa richiama la ciclicità della natura pacificata e della coscienza capace di costruire con lo studio la propria saggezza. La spazialità orizzontale non crea tensione ( vibrazioni divine di mari verdi / Pace dei pascoli seminati di animali..) ma la tranquillità interiore data dall'acquisizione del linguaggio profondo delle cose ( ... pace delle rughe / che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose... ) che permette al soggetto di accrescersi continuamente.

La  O ,  l'omega W intesa come la fine del viaggio di ricerca, come morte accompagnata dal raggio violetto - ambiguo, conturbante, contraddittorio - dello sguardo dell'altro dentro e sopra di sé; lo sguardo della donna-madre, questa volta incarnazione della morte, o forse lo sguardo di Dio giudice misterioso. Anche in questo momento l'individualità del poeta si costruisce, seppure in modo non lineare e pacificato. Le associazioni - di tipo sonoro - precedono l'evento imprevisto, il giudizio finale, incombente ( O, Tuba suprema piena di stridori strani / silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli ). I suoni discordanti, disarticolati e non armoniosi della tromba suprema anticipano il silenzio infinito, siderale il cui Mondi e Angeli, materia e spirito indistintamente attraversano lo spazio altrettanto infinito.
 

Sulla Lettera al Veggente è interessante il contributo critico presente all'indirizzo web: http://www.soscuola.it/Simbolismo/testi/rim.htm#_ftnref4

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