
Fussli, L'artista commosso dalla
grandiosità delle opere antiche |
Jonh Keats
Ode su un'urna greca
Tu ancora intatta sposa della
quiete,
Tu figlia adottiva del silenzio e del tempo lento,
Narratrice silvestre, che puoi così esprimere
Un racconto fiorito più dolce della nostra rima:
Quale leggenda ornata di foglie sovrasta la tua forma,
Di divinità o di mortali, o di entrambi,
A Tempe o sulle vallette dell'Arcadia?
Quali uomini o dèi sono questi? Quali vergini restìe?
Quale folle inseguimento? Quale lotta per fuggire?
Quali flauti e tamburelli? Quali estasi selvagge?
II.
Le melodie udite sono dolci, ma quelle non udite
Sono più dolci: dunque, voi, flauti lievi suonate ancora:
Non per l’orecchio sensuale, ma, più preziosi
Suonate canti senza toni allo spirito:
Bel giovane, sotto gli alberi, tu non puoi abbandonare
La tua canzone, né mai possono quegli alberi esser spogli;
Sfrontato amante, mai, mai puoi tu baciare,
Benché vincente, quasi alla mèta - ma, non affliggerti;
Lei non può svanire, pur non avendo tu la tua beatitudine,
Per sempre l’amerai e lei sarà bella!
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- Baudelaire, Spleen
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- Quando basso e pesante il cielo grava
- Come un coperchio al
gemebondo spirito
- Preda di lunghe
accidie, e a noi,
abbracciando
- Tutto il cerchio
dell'orizzonte, versa
- Un buio lume, più
triste che notte;
- Quando la terra si trasforma in umido
- Carcere dove la
Speranza, come
- Un pipistrello, se ne
va sbattendo
- Contro i muri la sua
timida ala,
- Urtando il capo a
putridi soffitti;
- Quando la pioggia, stendendo le sue
- Immense strisce, imita le sbarre
- D'una vasta prigione, e
un muto popolo
- Di ragni infami al
fondo del cervello
- Viene a tenderci le sue
reti, - a un tratto
- Campane erompono
furiose e lanciano
- Verso il cielo uno
spaventoso urlo,
- Come spiriti erranti e senza patria
- Che diano in gemiti, ostinatamente.
- E dei lunghi, funerei cortei
- Vanno sfilando nell'anima mia
- Senza tamburi né musica, lenti.
- È in lacrime, ormai vinta, la Speranza;
- L'atroce Angoscia mi
pianta, dispotica,
- Sul cranio chino il suo
vessillo nero.
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Courbet, Baudelaire ( part. della
tavola l'Atelier ) |

Monet, L'assenzio
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Leopardi , Zibaldone, LXVII
"Poco propriamente si dice che
la
noia è mal comune
.
Comune è l'essere disoccupato, o sfaccendato, per dir
meglio; non annoiato. La noia non è se non di quelli in cui lo spirito è
qualche cosa. Più può lo spirito in alcuno, più la noia è frequente, penosa
e terribile. la massima parte degli uomini trova bastante occupazione
in che che sia, e bastante diletto in qualunque occupazione insulsa; e
quando è del tutto disoccupata, non prova perciò gran pena. Di qui nasce che
gli uomini di sentimento sono sì poco intesi circa la noia, e fanno il volgo
talvolta maravigliare talvolta ridere, quando parlano della medesima e se ne
dolgono con quella gravità di parole, che si usa in proposito dei mali
maggiori e più inevitabili della vita"
( )
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D'Annunzio, Consolazione
Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancóra per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.
Ancóra qualche rose è ne' rosai,
ancóra qualche timida erba odora.
Ne l'abbandono il caro luogo ancóra
sorriderà, se tu sorriderai.
Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l'oblìo afflisse.
Che proveresti tu se fiorisse
la terra sotto i piedi, all'improvviso?
....................
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S. Lega, Il pergolato |

Casorati, L'attesa
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Montale, Spesso il male di vivere ho
incontrato
Spesso il male di
vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato
Bene non seppi, fuori
del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
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Svevo, La coscienza di Zeno - il fumo.
Egli ci accolse in persona alla porta. Allora
il dottor Muli era un bel giovane. Si era in pieno d'estate ed egli,
piccolo, nervoso, la faccina brunita dal sole nella quale brillavano ancor
meglio i suoi vivaci occhi neri, era l'immagine dell'eleganza, nel suo
vestito bianco dal colletto fino alle scarpe. Egli destò la mia ammirazione,
ma evidentemente ero anch'io oggetto della sua.
Un po' imbarazzato, comprendendo la ragione della sua ammirazione,
gli dissi:
- Già: Ella non crede né alla necessità della cura né alla serietà
con cui mi vi accingo.
Con un lieve sorriso, che pur mi ferì, il dottore rispose:
- Perché? Forse è vero che la sigaretta è piú dannosa per lei di
quanto noi medici ammettiamo. Solo non capisco perché lei, invece di cessare
ex abrupto di fumare, non si sia piuttosto risolto di diminuire il
numero delle sigarette che fuma. Si può fumare, ma non bisogna esagerare.
In verità, a forza di voler cessare del tutto dal fumare,
all'eventualità di fumare di meno non avevo mai pensato.
Ma venuto ora, quel consiglio non poteva che affievolire il mio
proposito. Dissi una parola risoluta:
- Giacché è deciso, lasci che tenti questa cura.
- Tentare? - e il dottore rise con aria di superiorità. - Una volta
che lei vi si è accinto, la cura deve riuscire. Se Lei non vorrà usare della
sua forza muscolare con la povera Giovanna, non potrà uscire di qua. Le
formalità per liberarla durerebbero tanto che nel frattempo ella avrebbe
dimenticato il suo vizio......
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Boccioni, Il fumatore |