G. Ungaretti - Il porto sepolto


Il componimento, che dava il titolo alla prima raccolta ungarettiana, assume una particolare importanza per intendere l'idea di poesia che ne è alla base.  Così ha scritto Ungaretti:      
«Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s'intitolasse Il Porto Sepolto.  Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile, Jean e Henri Thuile.  Entrambi scrivevano. [... ] Abitavano fuori d'Alessandria. in mezzo al deserto, al Mex.  Mi parlavano d'un porto, d'un porto sommerso, che doveva precedere l'epoca tolemaica , provando che Alessandria era un porto, che già prima di Alessandro era una città. Non se ne sa nulla: quella mia città si consuma e s'annienta d'attimo in attimo.  Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa?  Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d'ogni era d'Alessandria.  Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto».

Il «porto sepolto», in questo senso, rappresenta l'essenza della poesia, il suo mistero nascosto, la fonte del miracolo e il mito da cui trae origine.  Il primo verso allude a una sorta di «immersione rituale e purificatrice nelle acque primigenie» (Ossola), di tipo iniziatico, cui segue la risalita alla superficie, quasi un gesto di resurrezione e di gioiosa rinascita, in cui la poesia, strappata alla profondità del mare, viene sparsa nell'atmosfera luminosa della terra. 

Commento tratto dal testo in adozione  Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Dal testo alla storia, dalla storia al Testo



Veduta aerea di Alessandria d'Egitto

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde


Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d'inesauribile segreto

 

 

  • La parola poetica nel suo rapporto con l'inconscio

Il titolo prende spunto da un porto ormai sepolto che sarebbe dovuto esistere ad Alessandria d’Egitto in tempi remoti, già prima della fondazione ufficiale della città; Ungaretti aveva sentito parlare di questo porto da ragazzo, rimanendone affascinato, trovando in esso un’oggettivazione esemplare della durata della coscienza, che è vivere il presente nel presente con la memoria del passato e l’anticipazione del futuro.
In questo senso la distinzione temporale viene a scomparire, in quanto la vita si consuma e s’annienta di attimo in attimo ma al tempo stesso è sempre presente e dato immediato della coscienza, creando un abisso nel quale il nulla non è nient’altro che l’infinito.

  • Evoluzione del rapporto tra coscienza ed inconscio in Ungaretti

La presa di coscienza di sé, per Ungaretti, avviene prima pian piano per poi culminare nella poesia “I Fiumi”, nella quale, enumerando idealmente gli affluenti dell’Isonzo, ritrova introspettivamente le origini della propria storia di uomo che è individuale (“una docile fibra”) ma che stringe un legame di reciproca dipendenza con l’assoluto (“dell’universo”). In questa poesia, fortemente autobiografica, sono presentate tutte le stagioni della vita del poeta: il bagaglio archetipo formatosi nei duemila anni nei quali crebbe la sua stirpe bagnandosi nel Serchio, l’inconsapevolezza dell’essere bambino segnata dalla spontanea felicità che scorreva nelle immense pianure disegnate dal corso del Nilo, la scoperta o meglio “il conoscersi” raggiunto osservando le turbinose e drammatiche acque della Senna ed infine la figura dell’Isonzo, concreto, attuale, drammatico, acqua purificatrice che accogliendo in sé un’intera vita fatta di momenti (i fiumi), crea una meravigliosa armonia in grado di lavare dal corpo il sudiciume della guerra. Questa ricerca di una purezza edenica continuerà a persistere nelle opere di Ungaretti, in particolare negli “Inni” egli si affida alla religione nel tentativo, attraverso la preghiera, di rimarginare la ferita aperta dalle tentazioni, dalla angosce, dalle colpe frutto della memoria (Caino); in questa fase è limpida la predonominanza di un istinto di morte, Thanatos, che viene però mitigato con la volontà d’espiazione affidata all’invocazione di Dio.

da http://www.biblio-net.com/filosofia/l'inconscio.htm
 

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