G. Ungaretti - Il porto sepolto
Il «porto sepolto», in questo senso, rappresenta
l'essenza della poesia, il suo mistero nascosto, la fonte del miracolo e il
mito da cui trae origine. Il primo verso allude a una sorta di
«immersione rituale e purificatrice nelle acque primigenie» (Ossola), di
tipo iniziatico, cui segue la risalita alla superficie, quasi un gesto di resurrezione e di gioiosa
rinascita, in cui la poesia, strappata alla
profondità del mare, viene sparsa nell'atmosfera luminosa della terra. |
Veduta aerea di Alessandria d'Egitto
Vi arriva il poeta
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Il titolo prende spunto da un porto ormai sepolto che sarebbe dovuto
esistere ad Alessandria d’Egitto in tempi remoti, già prima della fondazione
ufficiale della città; Ungaretti aveva sentito parlare di questo porto da
ragazzo, rimanendone affascinato, trovando in esso
un’oggettivazione esemplare della
durata della coscienza, che è vivere il presente nel presente con la memoria
del passato e l’anticipazione del futuro.
La presa di coscienza di sé, per Ungaretti, avviene prima pian piano per poi culminare nella poesia “I Fiumi”, nella quale, enumerando idealmente gli affluenti dell’Isonzo, ritrova introspettivamente le origini della propria storia di uomo che è individuale (“una docile fibra”) ma che stringe un legame di reciproca dipendenza con l’assoluto (“dell’universo”). In questa poesia, fortemente autobiografica, sono presentate tutte le stagioni della vita del poeta: il bagaglio archetipo formatosi nei duemila anni nei quali crebbe la sua stirpe bagnandosi nel Serchio, l’inconsapevolezza dell’essere bambino segnata dalla spontanea felicità che scorreva nelle immense pianure disegnate dal corso del Nilo, la scoperta o meglio “il conoscersi” raggiunto osservando le turbinose e drammatiche acque della Senna ed infine la figura dell’Isonzo, concreto, attuale, drammatico, acqua purificatrice che accogliendo in sé un’intera vita fatta di momenti (i fiumi), crea una meravigliosa armonia in grado di lavare dal corpo il sudiciume della guerra. Questa ricerca di una purezza edenica continuerà a persistere nelle opere di Ungaretti, in particolare negli “Inni” egli si affida alla religione nel tentativo, attraverso la preghiera, di rimarginare la ferita aperta dalle tentazioni, dalla angosce, dalle colpe frutto della memoria (Caino); in questa fase è limpida la predonominanza di un istinto di morte, Thanatos, che viene però mitigato con la volontà d’espiazione affidata all’invocazione di Dio. |