Le leggi razziali ( 1938 )


Roma 1938: Dopo le leggi razziali i commercianti pongono sulle loro vetrine cartelli
che rivendicano la purezza della razza dei proprietari.


L'uomo nuovo fascista e le leggi razziali

L'obiettivo ultimo del regime era quello di trasformare l'Italia in una grande potenza. Il mito ( cioè l'immagine di riferimento, capace di colpire la fantasia, di suscitare l'entusiasmo e quindi di mobilitare le energie del popolo verso il conseguimento di una determinata meta ) consapevolmente assunto dal fascismo fu quello di Roma: l'Italia sarebbe dovuta tornare alla potenza ed alla posizione di egemonia che aveva posseduto nell' antichità, al tempo dell'Impero dei Cesari.

Tutto ciò parve realizzarsi nel 1935-1936, allorché venne conquistata l'Etiopia; e Vittorio Emanuele III fu proclamato imperatore. In quel momento il consenso della popolazione italiana nei confronti del regime toccò il suo vertice quantitativo; Mussolini decise allora di accelerare l'operazione di creazione dell'uomo nuovo fascista, ovvero di procedere con maggiore radicalità sulla strada del processo di trasformazione degli italiani in quel tipo umano che il futuro imperiale della nazione richiedeva.

Secondo Mussolini, non si poteva tenere o allargare un impero se la nazione impegnata in quell'impresa non aveva una fortissima consapevolezza della propria superiorità e della propria grandezza. Pertanto nel 1938, Mussolini scelse di introdurre anche in Italia una legislazione razzista. Con le leggi razziali del 1938 l'antisemitismo divenne anche in Italia una realtà concreta capace di toccare tutti gli aspetti della vita quotidiana. La decisione non nacque affatto dalla volontà di imitare in qualche modo la Germania hitleriana, bensì da motivazioni del tutto interne alla logica e alla mentalità dei fascismo. L'obiettivo era quello di educare l'uomo nuovo fascista, una sorta di nuova stirpe di conquistatori e di padroni, capaci di imporsi agli altri popoli proprio perché sicuri della loro grandezza.

La situazione italiana, tuttavia, era tale per cui non esistevano minoranze etniche significative nei confronti delle quali fosse possibile far percepire immediatamente agli italiani la loro superiorità razziale. Pertanto, lucidamente e cinicamente, Mussolini ripiegò sugli ebrei, che erano in numero quanto mai esiguo (circa 45.000. su una popolazione globale di 46 milioni di italiani) e perfettamente integrati nella vita razionale; molti di essi, anzi avevano fin dall'inizio aderito con entusiasmo al fascismo e partecipato alla marcia su Roma. L'antisemitismo fu dunque un elemento tardivo del fascismo italiano e non rivestì mai il ruolo ossessivo che ebbe nel nazionalsocialismo tedesco. A partire dal settembre 1938 le leggi antiebraiche furono ugualmente pesanti ed umilianti per gli israeliti residenti in Italia.

Gli studenti e gli insegnanti ebrei ad esempio furono espulsi dalla scuola pubblica, mentre a tutti gli israeliti venne vietato di prestare servizio militare, di ricoprire cariche pubbliche e di essere iscritti al PNF. Con un decreto del novembre 1938 si proibì "il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con una persona appartenente ad altra razza ". Lo scopo di un tale provvedimento era di conservare intatte, senza contaminazione alcuna, quelle eccezionali qualità che distinguerebbero gli ariani (= gli europei bianchi ) da tutti gli altri gruppi umani, elevandoli ad unici artefici della civiltà. Questi erano i presupposti spirituali perché potesse verificarsi la trasformazione dell'Italia in grande potenza.

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