G. Parini.  Idealizzazione della vita rustica e satira della vita nobiliare


W. Hogarth, Subito dopo il matrimonio, 1743

Il Giorno - Il risveglio del Giovin Signore (vv.37 - 52)

Testo Traccia tematica


Giovin Signore
, o a te scenda per lungo
di magnanimi lombi ordine il sangue
purissimo celeste, o in te del sangue
emendino il difetto i compri onori

e le adunate in terra o in mar ricchezze
dal genitor frugale in pochi lustri,
me precettor d’amabil rito ascolta.

      Come ingannar questi nojosi e lenti
giorni di vita, cui sì lungo tedio
e fastidio insoffribile accompagna

or io t’insegnerò.
Quali al mattino,
quai dopo il mezzodì, quali la sera
esser debban tue cure apprenderai,
se in mezzo agli ozj tuoi ozio ti resta
pur di tender gli orecchi a’ versi miei.

     ( ....)
 


Il giovane nobile può vantare antiche e famose origini oppure può avere un titolo di recente acquisito col danaro della famiglia improvvisamente arricchita.
La nobiltà non è più identificabile con la purezza del sangue.

Il poeta si presenta, emblematicamente ed in tono satirico, come educatore del Giovin Signore per rendere sempre più raffinata la sua pratica quotidiana dell'ozio e del vivere inutile, nella tentata fuga dall'insopportabile noia che accompagna le sue giornate


Sorge il mattino in compagnìa dell’alba
innanzi al sol che di poi grande appare
su l’estremo orizzonte a render lieti
gli animali e le piante e i campi e l’onde
.

Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel sposa, e i minori
suoi figlioletti intepidìr la notte;
poi sul collo recando i sacri arnesi
che prima ritrovâr Cerere, e Pale,
va col bue lento innanzi al campo, e scuote
lungo il picciol sentier da’ curvi rami
il rugiadoso umor che, quasi gemma,
i nascenti del sol raggi rifrange.
Allora sorge il fabbro, e la sonante
officina riapre, e all’opre torna
l’altro dì non perfette, o se di chiave
ardua e ferrati ingegni all’inquieto
ricco l’arche assecura, o se d’argento
e d’oro incider vuol giojelli e vasi
per ornamento a nuove spose o a mense.
 


Il risveglio all'alba del contadino che si reca al lavoro. L'idealizzazione della sua vita, legata ai valori della terra e contrassegnata dall'unità familiare. La natura sembra rispondere ridente nella sua bellezza alla purezza morale di questo stile di vita.

L'operosità del fabbro, che si scontra con l'insicurezza ansiosa del ricco, tenace custode delle sue ricchezze.

      Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo,
qual istrice pungente, irti i capegli
al suon di mie parole? Ah non è questo,
signore, il tuo mattin.
Tu col cadente
sol non sedesti a parca mensa, e al lume
dell’incerto crepuscolo non gisti
jeri a corcarti in male agiate piume,
come dannato è a far l’umile vulgo.
 


La satira verso lo stile di vita del giovin signore inizia dalla descrizione del suo risveglio in tarda mattinata. Emerge il contrasto netto tra l'impiego della giornata da parte del lavoratore operoso e dell'ozioso nobiluomo.

La notte è il campo d'azione del libertino, mentre questa serve per il riposo di chi ha faticato durante il giorno. Povera è la mensa ed il giaciglio del contadino; soffice e confortevole il letto del nobile.
 


A voi celeste prole, a voi concilio
di Semidei terreni altro concesse
Giove benigno
: e con altr’arti e leggi
per novo calle a me convien guidarvi.
 


Gli Dei sembrano aver concesso una sorte diversa alla nobiltà ed anche il poeta deve impiegare verso di essa un tono diverso per ammaestrarla.


Tu tra le veglie, e le canore scene,
e il patetico gioco oltre più assai
producesti la notte; e stanco alfine
in aureo cocchio, col fragor di calde
precipitose rote
, e il calpestìo
di volanti corsier, lunge agitasti
il queto aere notturno, e le tenèbre
con fiaccole superbe intorno apristi,
siccome allor che il siculo terreno
dall’uno all’altro mar rimbombar feo
Pluto col carro a cui splendeano innanzi
le tede de le Furie anguicrinite.
 


Il ritorno a casa del nobile dopo la notte trascorsa a teatro, tra le passioni amorose o nel gioco d'azzardo. Il suo cocchio rumoroso attraversa la città immersa nel silenzio.
Iperbolico il paragone con il carro di Plutone, dio degli Inferi, che rapì Proserpina, figlia di Cerere


Così tornasti a la magion; ma quivi
a novi studj ti attendea la mensa
cui ricoprien pruriginosi cibi

e licor lieti di francesi colli,
o d’ispani, o di toschi, o l’ongarese
bottiglia a cui di verde edera Bacco
concedette corona; e disse: siedi
de le mense reina. Alfine il Sonno
ti sprimacciò le morbide coltrici
di propria mano
, ove, te accolto, il fido
servo calò le seriche cortine:
e a te soavemente i lumi chiuse
il gallo che li suole aprire altrui.
 


L'ultima sosta del nobile a consumare stuzzicanti cibi ed a sorseggiare vini raffinati. Poi il sonno ristoratore, a tarda ora, aiutato dal servo fedele che rende ancor più confortevole la stanza da letto.
La luce del mattino trova ancora addormentato il giovin signore.


Dritto è perciò, che a te gli stanchi sensi
non sciolga da’ papaveri tenaci
Morfeo prima, che già grande il giorno
tenti di penetrar fra gli spiragli
de le dorate imposte
,
e la parete
pingano a stento in alcun lato i raggi
del sol ch’eccelso a te pende sul capo.
Or qui principio le leggiadre cure
denno aver del tuo giorno;
e quinci io debbo
sciorre il mio legno, e co’ precetti miei
te ad alte imprese ammaestrar cantando
.
 


E' un suo diritto il risveglio tardivo e lento. la luce del sole deve entrare solo gradualmente dalle imposte per non ferirgli gli occhi ancora assonnati.

Qui inizia la poesia didascalica di Parini, che finge di voler fornire - proprio a questo punto - i suoi primi insegnamenti al nobile. E' dopo il risveglio che dovrà essere pianificata a dovere l'intera giornata per non essere vittima della noia.


Già i valletti gentili udîr lo squillo
del vicino metal cui da lontano
scosse tua man col propagato moto;
e accorser pronti a spalancar gli opposti
schermi a la luce, e rigidi osservâro,
che con tua pena non osasse Febo
entrar diretto a saettarti i lumi
.
Ergiti or tu alcun poco, e sì ti appoggia
alli origlieri i quai lenti gradando
all’omero ti fan molle sostegno.

Poi coll’indice destro, lieve lieve
sopra gli occhi scorrendo, indi dilegua
quel che riman de la cimmeria nebbia;

e de’ labbri formando un picciol arco,
dolce a vedersi, tacito sbadiglia.
Oh! se te in sì gentile atto mirasse
il duro capitan qualor tra l’armi,
sgangherando le labbra, innalza un grido
lacerator
di ben costrutti orecchi,
onde a le squadre varj moti impone;
se te mirasse allor, certo vergogna
avria di sé
più che Minerva il giorno
che, di flauto sonando, al fonte scorse
il turpe aspetto de le guance enfiate.
 


Lentamente risuona la campanella che richiama i servi: essi accorrono prontamente e si danno da fare per evitare un risveglio troppo brusco al loro padrone. Il sole non deve bruscamente trapelare dalle finestre; i cuscini devono sorreggere opportunamente il suo corpo appena levato dal letto. Uno sbadiglio leggero segna il volto del nobile, gradevole gesto che non si confonde certo con il rude grido del capitano in battaglia.
Nuova iperbole a sfondo satirico: perfino Minerva avrebbe ritegno ad osservare le sue guance rigonfie nell'atto di suonare il flauto, a paragone della delicatezza dello sbadiglio del giovin signore.


Ma già il ben pettinato entrar di novo
tuo damigello i’ veggo; egli a te chiede
quale oggi più de le bevande usate
sorbir ti piaccia in preziosa tazza:
indiche merci son tazze e bevande;
scegli qual più desii. S’oggi ti giova
porger dolci allo stomaco fomenti,
sì che con legge il natural calore
v’arda temprato, e al digerir ti vaglia,
scegli ’l brun cioccolatte, onde tributo
ti dà
il guatimalese e il caribbèo
c’ha di barbare penne avvolto il crine:
ma se nojosa ipocondrìa t’opprime,
o troppo intorno a le vezzose membra
adipe cresce, de’ tuoi labbri onora
la nettarea bevanda ove abbronzato
fuma, ed arde il legume a te d’Aleppo
giunto, e da Moca che di mille navi
popolata mai sempre insuperbisce.
 


Iniziano le prime cure del mattino. Il nobile è pettinato, riceve la prima colazione, sceglie la bevanda più adatta: cioccolato o caffé a seconda del suo stato fisico e del suo stato d'animo. Il duro lavoro di barbari popoli ha procurato questi lontani prodotti alla classe nobiliare.

Serpeggia qui il solito satirico contrasto tra la fatica della plebe che è necessaria per mantenere il privilegiato e raffinato stile di vita dei ceti più alti.


La connotazione morale polarizzata delle classi sociali.


MODULI DI ITALIANO CLASSE 4^, DOCUMENTI