Davide Susanetti   - Euripide

Fra tragedia, mito e filosofia

Defunti che risorgono, prigioniere di guerra che si offrono allo sguardo come opere d’arte, vittime sacrificali che scompaiono nell’aria, mogli e madri che decidono il proprio e l’altrui destino nello spazio ossessivo della loro mente, trovatelli che incarnano modelli atavici di regalità, fantasmi ed allucinazioni che infestano i palazzi del potere, guerrieri che impazziscono ed eroi che smarriscono il senso del loro agire. Il volume intende mettere in luce come nelle tragedie di Euripide i personaggi entrano in contraddizione con le loro storie; mettono in dubbio il senso e la credibilità delle vicende che li vedono protagonisti; si misurano con l’universo ingannevole delle opinioni, dei simulacri e dei doppi. Il lettore potrà così notare come la tradizione del mito e i percorsi dell’immaginario condiviso della pólis vengono sottoposti alle torsioni di un processo destrutturante, al cui termine resta l’illusione sapiente del teatro.

2007  pp. 324 
€ 25,50  
Cod ISBN 9788843042678

Indice

 
Prefazione
1.La maschera e la morte/Confini e contrasti/Sottrazioni e dilazioni/La gloria e il segreto del talamo/Ostaggio/La confusione dei contrari/Il silenzio
2.Pensare e uccidere/Dal femminile al divino/Recita e ruoli/Il teatro dell’onestà e del delirio/Scrittura e biblioteca dell’éros 3.La recita della sventura/La notte/La corona delle sventure/Dignità e parole al vento/Sovranità della legge?/Il commercio dei favori/Derive dionisiache
4.Il salvatore sognato/Vecchi e bambini/Il peso degli oracoli/Il miracoloso e l’ambiguo/Di nuovo supplici/Apparizione onirica/La gloria del nulla/Il coronamento delle fatiche
5.Controversie teologiche/Odiare a caso/ Senza danza/La mente è dio/L’innocenza della preda/I simboli/L’oracolo in casa/ Insondabilità e misteri/Sceneggiare la salvezza/Un omicidio impossibile
6.L’esilio della morte apparente/Prigionieri dell’opinione/Nel mondo dei sogni/Un corpo anonimo/Memorie d’oltretomba/La sorte/ Giocare con i riti
7.Fantasmi mitici/Uno stupro divino/ Brusio di racconti, brulicare di immagini/ Manipolazioni dell’origine e scandali teologici/ Tra Edipo e Ippolito/Simulacri e felici apparizioni/Autolegittimarsi?
8.I corpi alla terra, le storie in biblioteca/Il cadavere del nemico/La città di un solo uomo/ Ottimismo del progresso/Un raggio di sole sul rogo dell’amore/Ulteriore carriera di una vergine
9.La ferocia della seduzione/Straniero e consanguineo/I sofismi della tradizione/ Manifesto di felicità/Prodigi e visioni/ Vestizione e intimità/Vuoto ed esilio
10.Pietà: epilogo con la Musa /
Bibliografia.

Estratto

Euripide – «il poeta sotto il cui sguardo la moira s’era svuotata nella tyche» – «aveva visto nell’etere sparire gli dei della forma», ma «la forma era nel suo cuore, una forma che non aveva altra sostanza se non quella della sua poesia, una parvenza». Così scriveva Carlo Diano nella pagina conclusiva del suo celebre Forma ed evento (p. 65). L’etere cui lo studioso allude non è mera espressione metaforica, ma allusione alle elaborazioni teoriche dei fisiologi della Ionia, dei meteorológoi che, osservando il cielo e indagando i principi della natura, avevano avviato un processo di rottura e di modificazione rispetto alle credenze e alla religiosità della pólis. Un processo che i dibattiti culturali suscitati dalla sofistica avrebbero portato a ulteriori e ben più critiche conseguenze. L’etere si sostituisce a Zeus, è la sede celeste cui le anime ritornano al momento della morte. Ma è anche, nella poetica euripidea, la cifra simbolica di una destrutturazione dell’immaginario condiviso e della tradizione mitologica, sintomo di un’eclissi di valori e insieme spia di una finzione che dichiara di essere tale. L’inattualità e la desostanzializzazione della forma – nel senso che Diano attribuiva a questo termine, quando diceva che l’Achille omerico è per eccellenza «l’eroe della forma» – si trasforma sulla scena nel gioco nostalgico e contraddittorio della parvenza e del simulacro che l’illusione teatrale fa essere per il breve tempo dello spettacolo. Nel mondo incerto e umbratile delle parvenze e dei simulacri, nell’orizzonte di un’opinione che smarrisce la sicurezza della verità, i personaggi finiscono per non riconoscersi nelle storie che il mito assegna loro. Dotati, in più di un caso, di un’acuta lucidità, gli eroi di questo teatro scavano il senso e soprattutto il non senso delle loro vicende, portando ad esaurimento l’ordine del discorso e le loro stesse maschere. Continuano a rivolgersi agli dei dell’Olimpo, agli dei del mondo omerico ed esiodeo, ma allo stesso tempo articolano punti di vista che non hanno più nulla a che fare con le rappresentazioni fissate dai cantori e dai poeti del passato. In questo contesto, lo spazio rilevante attribuito al femminile non costituisce tanto una riflessione di genere, quanto piuttosto un reagente capace di catalizzare, in modo più drastico, gli elementi della crisi. Si tratta di aspetti in parte rilevati dalla critica. Ma il percorso qui delineato si propone di osservare più da vicino alcuni snodi significativi di tali dinamiche, sondando le faglie che la drammaturgia apre e richiude dinanzi agli occhi del suo pubblico. Ciò ha indotto a porsi domande talora indiscrete – e forse a giudizio di alcuni indebite – e tuttavia ci è parso fosse l’unico modo per interrogare i testi nella loro effettiva complessità. Come in precedenti lavori, si è optato per un linguaggio che fosse accessibile anche ai non specialisti nel settore dell’antico, confidando che le questioni trattate potessero interessare anche gli appassionati di teatro e di filosofia. Al termine del volume è raccolta una bibliografia essenziale concernente le tragedie prese in considerazione (di cui vengono indicate, nel medesimo contesto, anche le coordinate cronologiche). Da qui chi desidera ulteriori approfondimenti potrà ricavare utili suggerimenti. Nella stesura sono state importanti le conversazioni con il mio maestro Giuseppe Serra e con gli amici Silvia Voltolina, Massimo Stella e Stefano Formaggio che, come sempre, mi hanno accompagnato nella fatica quotidiana del lavoro. Un pensiero grato a Maria Grazia Bonanno che ha letto ed accolto in “Seminari romani di cultura greca” una prima stesura delle mie osservazioni sullo Ione. Un’analoga cortesia mi ha usato Maria Grazia Ciani presentando all’Istituto Veneto una mia prima nota sull’Ecuba. Un ringraziamento è doveroso anche nei confronti di Circe e Fedra che, con significative zampate sullo schermo del computer ed eloquenti miagolii, mi hanno suggerito spesso l’opportunità di una pausa o di un utile ripensamento. 

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