Modellamento / dimostrazione / apprendistato
Formati e strategie dell'istruzione o didattiche in senso stretto

Liberamente tratto da A. Calvani - Elementi di didattica 


"L'insegnante nella dimostrazione / modellamento si pone al centro dell'attenzione degli allievi come nella lezione. In questo caso mostra "come si deve fare"; ad esempio impiega uno strumento facendo vedere come lo si usa o avanza la strategia risolutiva di un problema evidenziando una procedura da applicare. L'apprendimento attraverso l'imitazione era una condizione tipica dell'apprendistato e rimane presente soprattutto nelle attività manuali e laboratoriali.
L'apprendistato è oggi oggetto di profonda rivalutazione nella riflessione didattica di autori come Gardner, Collins e Newman, che vedono in esso il mezzo principale per ridare significatività all'apprendimento. La caratteristica dell'apprendistato è che l'apprendista è messo in situazione, apprende in un contesto concreto imitando il maestro più esperto; progressivamente il maestro lascia più spazio all'apprendista via via che quest'ultimo acquista una maggiore esperienza ed autonomia ( fading ).
Si possono creare particolari integrazioni con momenti cognitivi e metacognitivi, in modo che l'apprendimento in contesto si integri con momenti di riflessività più ampia, favorendo la trasferibilità ad altri contesti ( apprendistato cognitivo, approccio caldeggiato dal costruttivismo"
 

Schema delle relazioni

Punti di forza
Concretezza, progressiva autonomia
 

Apprendistato tradizionale

Si tratta di una strategia per promuovere la competenza esperta, che si struttura nei seguenti momenti:
MODELLING
 : l’apprendista osserva il maestro che dimostra come fare. Il maestro rende i  processi visibili, l’apprendista lo imita.
COACHING:
 il maestro assiste continuamente secondo  le necessità, dà feedback, agevola il lavoro.
SCAFFOLDING:
il maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno stimolo, preimposta il lavoro
FADING:
il maestro elimina gradualmente il supporto, in modo da dare a chi apprende uno spazio progressivamente maggiore di responsabilità.
 

Apprendistato cognitivo

Si differenzia da quello tradizionale per la maggior attenzione alla dimensione meta-cognitiva
Diventare competenti vuol dire riflettere e costruire un modello mentale della presentazione esperta, rendersi conto in che cosa possa consistere
Per raggiungere l'obiettivo è necessario educare alle seguenti strategie:
ARTICOLAZIONE:
va incoraggiato l'apprendista a verbalizzare ciò che sta facendo
RIFLESSIONE:
va spinto a riflettere durante l'azione e a confrontarsi
ESPLORAZIONE:
va indotto a porre domande ed a risolvere quindi i problemi in forma nuova.

tratto da A.G. Devoti, Tecnologie didattiche e processi cognitivi ( http://www.paviaquarto.it/pedagogia/tecprcon.ppt  )
 

Ø

Clotilde Pontecorvo
Apprendere nei contesti - http://www.alpcom.it/entasis/ipermedialab/pontecor.htm


Bottega artigiana e laboratorio scientifico.
Come sviluppare questi contesti nuovi della scuola? Come vedere la scuola in un contesto d'apprendimento, in cui almeno i limiti ai quali abbiamo fatto riferimento possano essere superati? Per sviluppare questi nuovi contesti e cambiare i vecchi in questi anni è circolata la metafora dell'"apprendistato cognitivo", che mi sembra produttiva.
In altri termini, è quella che vede l'allievo come un apprendista, il quale è in un contesto in cui può imparare, apprendere in modo funzionale per la presenza di un esperto, che sa come fare e che è in grado di guidarlo a praticare le nuove competenze.
Questa metafora cognitivo mette in evidenza che le abilità e le conoscenze si devono praticare in un contesto e che il ruolo dell'esperto è quello di offrire un modello di funzionamento, da imitare. Nello stesso tempo è anche quello di esercitare un monitoraggio dell'attività del non esperto, che renda esplicito ciò che nel comportamento dell'esperto è implicito. Questo è uno dei problemi: il competente spesso fa delle cose che non sono esplicite e quindi il suo ruolo è, da un lato, sostenere il non esperto e, dall'altro, mettere in evidenza quello che non è chiaro.

Penso, per esempio, alle attività che in questa direzione sono state fatte per la comprensione del testo, attività fondamentale nella scuola, in cui è risultato molto importante che nella lettura e nella comprensione fossero evidenziate dall'esperto le operazioni mentali che il non esperto deve fare: per esempio quella di ricordare ciò che è stato appena detto perché è funzionale a quello che si leggerà dopo, porsi delle domande significative, chiarire i punti che sono oscuri, ricavarne l'essenziale. Si tratta di operazioni mentali, ma possono anche essere esplicitate in una situazione di gruppo, in una situazione interattiva.
Allora nella metafora dell'apprendistato cognitivo si presenta la possibilità di rendere la scuola un contesto di lavoro intellettuale, un contesto in cui si mettono in atto delle strategie con modalità di scambio sociale. E' stato detto prima: una delle caratteristiche negative della scuola attuale è che, pure essendo un contesto sociale, alla fine tende a privilegiare il lavoro individuale.
Un altro modo per definire la scuola è invece quello di dire che è una comunità di pratiche, di modi di fare, una comunità di apprendisti, una comunità di docenti e discenti in cui c'è scambio, relazione. E' chiaro che questa comunità di pratiche è più facile da realizzare ai primi livelli della scolarità; e di fatto direi che nel nostro Paese è proprio questo lo stile delle migliori scuole infantili, che per fortuna sono molte. E' anche più facile da realizzare nella scuola elementare, anche se a volte ci si dimentica questa possibilità, e forse non c'è abbastanza insistenza su questa dimensione. Ma se si pensa ai modelli migliori che abbiamo nel nostro Paese, come quelli di Mario Lodi e di Bruno Ciari, l'idea è proprio quella di realizzare nella scuola delle comunità di pratiche sociali. Questo è qualche cosa che mi sembra ancora da realizzare per gli altri livelli scolastici e ci si potrebbe anche domandare perché. Ma io credo che l'insistenza sui "programmi da svolgere" faccia dimenticare che il problema non è ciò che si insegna ma ciò che si impara; e che la coerenza tra queste due cose è centrale.
Dovremmo pensare a delle comunità di pratiche il cui modello da riprodurre nelle scuole potrebbe essere quello delle botteghe dell'arte e dell'artigianato: "botteghe" ovviamente di nuovo come metafora. Ma anche il modello del "laboratorio scientifico", non certo quello che solo mostra una conoscenza che è stata elaborata altrove, ma un laboratorio dove si può agire e intervenire direttamente, come può essere un laboratorio di lettura e di scrittura.
Intendo laboratori non solo come luoghi, ma soprattutto come ambienti e, in modo particolare oggi, laboratori di produzione tecnologica. Nell'esperienza della scuola in questi anni, vediamo che le esperienze di uso attivo delle tecnologie rappresentano un'attività estremamente motivante per i ragazzi, ma anche per i bambini.
Credo che questi debbano essere i riferimenti, con l'idea che ci debba essere una molteplicità di luoghi sociali, in cui ciò che si fa abbia un senso, abbia una finalizzazione, abbia anche un prodotto comunicabile e in cui colui che impara possa in questo esercitare una sua autonomia.
Allora ci si può chiedere: ha senso ancora che la scuola, soprattutto la media e la superiore, siano organizzate secondo la sequenza spazio temporale della spiegazione e della interrogazione? Non è un residuo archeologico di tempi precedenti? Che cosa si insegna e che cosa si apprende in questa attività?
 

La possibilità di sbagliare.
Occorre pensare la scuola come una sede dove ci possono essere diverse situazioni di interazione sociale, di scambio discorsivo: insegnanti che lavorano insieme, piccoli gruppi di allievi, i grandi gruppi, il lavoro individuale, come in un lavoro di ricerca.
Nel dire questo, credo che ci siano dei punti di forza dell'apprendere a scuola che devono essere ancora valorizzati. E' la capacità che la scuola dà al giovane di avere uno spazio per riflettere ed anche uno "spazio per sbagliare", perché nella vita quotidiana non si può sbagliare, ma nella scuola sì.
Non si corrono dei rischi a sbagliare nella scuola, perché ci si sta esercitando. Ovviamente ci deve però essere un lavoro mentale condiviso: la discussione, l'interazione su degli oggetti, qualcosa che consente lo scambio. Ma nello stesso tempo è essenziale che ci siano gli oggetti, i testi, i problemi , i modelli, le leggi, i documenti: che in ultima analisi ci si eserciti su qualche cosa che c'è. Che in tale contesto ci sia un coinvolgimento più diretto con i referenti del discorso scolastico, e non sempre tutto sia mediato al secondo ordine.
Pensare intorno a degli ambiti specifici: in questo la scuola ha la possibilità di garantire un impegno esplicito nella costruzione dei significati.
Nella scuola ci deve essere posto per leggere i giornali, per capire che cosa è una legge, oggi. Io vorrei -ad esempio- che a scuola i ragazzi vedessero che cosa è la finanziaria, che domina tre mesi della nostra vita in ciascun anno. In questo caso, penso alla scuola superiore, che tiene troppo i giovani in condizione di infantilismo, di dipendenza mentale, in una situazione di minorità. Giovani che votano, in modo qualche volta anche molto diverso dalle altre classi di età, ma che sono tenuti a scuola in una situazione di minorità, pur essendo cittadini a pieno titolo.
La scuola non esaurisce tutti i modi dell'apprendere. Ha però questa possibilità di fermarsi, di ragionare, di riflettere.
06/05/97

 


Il ruolo dei mediatori e dei facilitatori didattici: mappe concettuali e testuali.

L'articolo di Clotilde Pontecorvo estende notevolmente il significato di modellamento, inserendo il concetto centrale di apprendistato cognitivo in una accezione costruttivistica e interazionale ( aula come bottega artigiana o laboratorio ) che non deve allontanarci comunque dalla riflessione sui contesti didattici più tradizionali.
Se pensiamo a molti momenti della vita scolastica, notiamo che la strategia del modellamento è del tutto frequente. Quante volte l'insegnante di lingue classiche o moderne si approssima alla lavagna per operare la riflessione su un testo che è stato trascritto e che deve essere compreso, decodificato, tradotto. Utilizzando la scrittura, con tratti grafici convenzionali, visivamente modellizza la sua riflessione, la rappresenta in procedure gerarchicamente ordinate, la segmenta, la riproduce pubblicamente. La riflessione sul testo è rallentata, proceduralizzata, per attivare la dovuta consapevolezza metacognitiva legata al compito, che solo l'esperto riesce ad esplicitare consapevolmente.
Nel modellamento al centro c'è sempre un'attività di trasformazione, di ricodificazione, di ricomposizione di contenuti che tende ad una produzione. Quando il docente-esperto si impegna nel compito di modellamento è conscio di lavorare con uno strumento di mediazione ( il testo ) che si situa tra la realtà esterna e la mente che lo interpreta accingendosi ad elaborare modelli esplicativi o risolutivi ( della sua struttura interna ), prima di dar vita ad una nuova testualità ( ricodificazione ) o ad una nuova produzione argomentativa.

Sempre più spesso si sente il bisogno di operare graficamente per visualizzare la traccia concettuale del percorso intrapreso. L'impiego ormai allargato nelle classi di mappe concettuali , cognitive e testuali, di stemmi, di schemi grafici, di tabelle e matrici concettuali.... testimonia lo sforzo concreto di mediazione didattica, che si va sviluppando durante molte lezioni. La destrutturazione di un testo letterario ad esempio può iniziare in classe con gli alunni, sfruttando semplici modalità grafiche - che hanno il vantaggio di essere prodotte in tempo reale contestualmente alla lettura del passo. Tali bozze  - sorta di articolazioni concettuali, di tracce visive del lavoro interpretativo - che hanno consentito di creare i campi semantici fondamentali del testo, vengono poi migliorate al computer e quindi messe a disposizione degli studenti, anche sul web, come facilitatori per ulteriori interventi. Dietro all'elaborazione di tali strumenti grafici si nasconde il contributo attivo della classe, che quasi sempre coopera costruttivamente allo sviluppo del percorso didattico.
Un esempio di mappa testuale è rintracciabile alla pagina web http://www.valsesiascuole.it/crosior/db/dstverb.htm
 

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