Mappa Avanti Indietro

A Leri Cavour si avvale dell'aiuto
dell'amministratore Giacinto Corio


Un'immagine di Camillo Cavour


La palazzina di Leri dove abitava il conte Camillo di Cavour
 da O. Mattirolo - Il Conte Camillo di Cavour e la Reale Accademia
di Agricoltura di Torino - Torino 1931

 

Una novità nella vita della grande azienda di Leri si ebbe nel 1843 quando Cavour conobbe Giacinto Corio.  Era questi un grosso agricoltore di Livorno Vercellese, già affittuario di una tenuta di circa 800 giornate  a San Genuario (Crescentino).
Forse a richiamare l'attenzione del conte sul Corio furono le sue convinzioni circa la bontà delle pratiche agricole vercellesi e piemontesi,  che confermavano antichi convincimenti dello stesso Cavour, rivelando competenze ed esperienze così larghe da indicare in lui un prezioso collaboratore, adatto a integrare nel modo migliore le conoscenze teoriche che il conte aveva acquistato e ad eseguire nel modo più intelligente e concreto le sue direttive.
Nell'autunno 1846 abbiamo notizia di una precisa definizione dei  rapporti di collaborazione: sulla base di un compenso annuo di 2.000 lire, il Corio si impegnava a visitare il fondo una volta la settimana. 

In un secondo momento, nel novembre del 1849 mediante una «scrittura di affittamento» della durata di nove anni  Mìchele, Gustavo e Camillo di Cavour, nella loro qualità di proprietari, davano in locazione le tenute di Leri Montarucco e Torrone a una società costituita tra Gustavo e Camillo di Cavour e Giacinto Corio. 
Lo spirito del contratto era di associare il lavoro al capitale.  I capitali erano forniti da Cavour al Corio ed essi pagavano una quota ai proprietari, i fratelli Cavour. Si tratta ancora una volta di una vera partecipazione agli utili in quanto uno dei soci era proprietario, novità notevole, se si pensa alle idee del tempo e alle difficoltà che l'applicazione di tali principi trovava nella pratica.  Del resto senza una simile soluzione  le migliorie di Leri in una forma così completa e razionale sarebbero state possibili.

 

Mappa della tenuta di Leri prima dell'arrivo di Cavour ( 1821 )
( da Mattirolo - Il Conte Camillo Cavour e la Reale accademia di Agricoltura di Torino, Torino 1931
 

Mappa della tenuta di Leri del 1915, che testimonia la sistemazione dei terreni realizzata da Cavour e Corio
( da Mattirolo - Il Conte Camillo Cavour e la Reale accademia di Agricoltura di Torino, Torino 1931 )

I due soci lavoravano assieme, facendo prove di macchine, concimi, sementi, rotazioni, ingrassi del bestiame; e la loro attività si segue leggendo le lettere del Cavour al suo amministratore. La smania delle novità era comune in tutti e due; molti pezzi di macchine vecchie, nei magazzini di Leri, dimostrano che non lasciavano nulla di intentato. 
Non in tutto andavano d'accordo, specialmente sulla valutazione del prezzo dei prodotti, poiché ognuno giudicava a modo suo sulle caratteristiche del mercato. Ma, tranne piccole divergenze, causate dal fatto che il Conte "nelle questioni dei cereali è sempre contrario all'opinione della generalità", il lavoro dei soci procedette  produttivamente. Così scrive Ridolfi descrivendo la sua visita a Leri.
"  (...) non potrebbe il Conte scendere a tutte le cure amministrative, colturali e giornaliere che la pratica direzione di una impresa rustica esige invece continue, vigilanti, ed il Corio non potrebbe mettere in quell' intrapresa la generosa benevolenza e l'illuminata filantropia che il Conte vi pone.."

 

Non è raro trovare nelle lettere frasi che dimostrano da parte di Cavour la compassione per i vecchi di Leri, la cura nel combattere le febbri e nel migliorare la vita dei lavoratori, compresa la somministrazione del vino. Il buon trattamento dei dipendenti era buona abitudine di casa Cavour, esempio tanto più notevole, in quanto  il sistema in uso nella Grange era spesso oppressivo: i lavoranti erano ancora chiamati schiavandari. I dipendenti del Conte avevano invece mensili superiori al comune, ed egli soccorreva i malati, sopportando le spese di farmacia; il medico ed il flebotomo avevano sede gratuita in Leri, ed ai vecchi fuori di servizio il Corio passava metà dello stipendio.  Il Conte era certo profondamente buono, abituato a compatire fino in fondo, ma "se è buono, tanto da vuotare il magazzino di riso per non veder piangere una signora, e ben volentieri fa sacrifici per i suoi popolani, egli è anche giusto perché ritiene che la giustizia sia da rispettarsi più ancora che la carità" 

Fonte bibliografica: Cavour agricoltore: lettere inedite di Camillo Cavour a Giacinto Corio, Firenze 1913 ,

Home page, Mappa