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Le campagne durante il secondo conflitto mondiale


Mietitura del grano del Premio Nazionale -
Foto tratta da E.Saviolo, Il dono della mia terra



Mondine della zona di Robbio
 

Le scarse informazioni

Il periodo che ruota attorno agli anni del secondo conflitto mondiale non è troppo ricco di riferimenti e di notizie. In relazione all'agricoltura il quadro della conoscenza non appare migliore di quello dell'insieme, perché sono stati privilegiati con più evidenza i problemi degli approvvigionamenti e dei consumi alimentari, che non le trasformazioni indotte nel sistema, costretto a confrontarsi con le difficoltà imposte dall'economia di guerra. A ciò si aggiunge una ulteriore complessità nella ricostruzione delle vicende vissute dall'agricoltura delle aree del Nord Italia e, fra queste, del Vercellese. La divisione dell'Italia in due parti, verificatasi nel 1943 con  la nascita nel nord della Repubblica Sociale in contrapposizione al Regno relegato nel sud del paese, ha fatto sì che molta documentazione degli anni fra il 1943 e il 1945 sia andata perduta.  Anche le serie statistiche costruite dagli istituti a ciò deputati non riportano alcun dato per questi anni. Le indicazioni  sono desumibili dalle pubblicazioni specializzate, in particolare dal quindicinale L'agricoltore, organo dell'Unione fascista degli agricoltori e poi dopo il 1940 organo del Consorzio fra i produttori dell'agricoltura e del Consorzio agrario della provincia di Vercelli. Il 15 novembre 1945 avrebbe ripreso le pubblicazioni come bollettino dell'associazione tra gli agricoltori della provincia di Vercelli.

La propaganda fascista, preparazione ad un'economia di guerra

Dopo l'invasione tedesca della Polonia, il 1° settembre 1939, data di inizio della seconda guerra mondiale, sul quindicinale degli agricoltori  furono predisposti articoli di fondo chiaramente destinati a suscitare euforia fra gli agricoltori, sulla sorta dell'esaltazione dei risultati positivi rivendicati per gli ultimi dalla politica agraria fascista.

Sono appena trascorsi quattro anni da quando i bilanci delle nostre aziende agricole chiudevano in deficit con riflessi negativi sulle condizioni dei lavoratori e su tutto l'andamento dell'economia nazionale e l'esodo rurale non era inferiore a quello dell'oro. A sanare questa situazione ha provveduto, come sempre, il Duce impartendo al Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste precise direttive. (...)
Le Organizzazioni sindacali sono state quindi subito impegnate a collaborare con l'Amministrazione statale. E quando i tempi furono maturi il sistema si completò con la costituzione dei Consorzi dei produttori realizzando l'autogoverno delle forze rurali, secondo i principi unitari del corporativismo. I lavoratori furono chiamati, pertanto, a far parte dei nuovi organismi, in condizione di assoluta parità con i camerati agricoltori. È stata così superata la fase capitalistica e il lavoratore opera nei Consorzi sullo stesso piano del più cospicuo agricoltore.

In quattro anni di intensa politica agraria fascista, si è data una disciplina unitaria all'attività produttiva. Non si produce più qualunque cosa ed in qualunque modo, ma si produce secondo la necessità dell'autarchia e con l'ausilio della tecnica più progredita. I fertilizzanti sono usati con larghezza. Ciò è dovuto al consiglio del tecnico, ma anche alle migliorate condizioni economiche dell'agricoltura. I risultati delle annate 1937-38 e 1938-39 in fatto di produzione granaria, stanno a dimostrare come si possa efficacemente lottare contro gli elementi avversi, mantenendo nel suolo un costante equilibrio tra le componenti della fertilità.

La difesa dei prodotti principali è divenuta totalitaria. Si provvede all'ammasso di tutto il grano commerciabile, cioè della metà della produzione totale. Questa disciplina viene ora estesa anche al granoturco.

L'articolo, che prosegue con l'elencazione dei risultati di singoli settori, senza dimenticare le opere di bonifica, voleva essere la "Sintesi di quattro anni di politica agraria fascista", secondo il titolo. Tutto quanto era elencato, però, apparteneva più alle indicazioni che non all'effettiva realtà dell'agricoltura che si presentava con un panorama variegato di situazioni differenziate fra le diverse zone agrarie e le stesse aziende agricole.

Si voleva del resto riaffermare una sorta di preparazione raggiunta per affrontare anche eventi straordinari.  

"La doverosa opera di ogni agricoltore che in queste ore decisive per il destino dell'Europa si sente maggiormente impegnato nella battaglia dell'autarchia per l'alimentazione delle nostre popolazioni anche nell'eventualità di quel conflitto armato....."

Queste erano le conclusioni espresse il 29 agosto 1939 da. Olmo, presidente dell'Unione degli agricoltori di Vercelli, nel primo dei cosiddetti raduni di propaganda agraria, organizzati per 80 Comuni. In esse si ritrova la prima indicazione precisa per la guerra, pur con tutte le dovute espressioni di perseguimento della pace.  Il numero successivo del quindicinale degli agricoltori definiva il momento come quello dell'economia armata:

Gli eventi bellici in Europa  inducono a considerare la situazione economica come il mezzo e la base per il potenziamento indispensabile all'Armata ed alla popolazione civile delle Nazioni. La disciplina dei consumi s'impone ed è già previdentemente in atto nell'Italia fascista per rendere efficienti le nostre riserve alimentari e per stroncare sul nascere gli eventuali tentativi di accaparramento di prodotti o d'indisciplina economica a danno della collettività.

Pochi giorni prima era stato deciso di estendere « la disciplina totalitaria degli ammassi anche alla produzione risicola», che si prevedeva superasse gli otto milioni di quintali, il massimo mai raggiunto.

Le informazioni fornite negli altri articoli del giornale esprimevano una situazione molto meno entusiasta. Compensi ai proprietari dei quadrupedi e dei carreggi requisiti, divieto di vendita e di acquisto del granoturco, divieto di macellazione dei vitelli inferiori ai 125 chilogrammi di peso, licenze per gli addetti all'agricoltura richiamati sotto le armi, pene per gli accaparramenti e imboscamenti di merci, divieti di esportazione delle castagne, denuncia delle quantità di vino prodotto e accantonamento del 20 per cento per la distillazione, limitazione alla distribuzione del gas, ammasso della lana di seconda tosa, l'elenco è più che sufficiente per illustrare il clima entro il quale ci si ritrovava ad operare mentre si concludeva il mese di settembre del 1939. Il Consiglio dei Ministri deliberava intanto l'introduzione di nuove imposte, una ordinaria sul patrimonio e l'IGE, imposta generale sulle entrate, per fronteggiare il disavanzo del bilancio e per le nuove spese militari. La situazione si presentava con cattivi presagi, soprattutto considerando che la stampa di categoria non poteva certamente esprimere opinioni di dissenso, pur obbligata a dare notizie per informare gli agricoltori degli impegni a cui erano chiamati. Fra questi vi fu anche la raccolta e la consegna di tutti i rottami metallici, che si ritenevano con certezza presenti in ogni ambiente rurale. Dal 4 dicembre 1939 si giunse alla proibizione per gli industriali risieri della vendita diretta dei sottoprodotti del riso, «corpetto, mezzagrana, risina, pula, farinaccio, gemma e grana verde», ponendoli a disposizione dell'Ente risi.                                

II sistema del controllo totale della produzione e del mercato era ormai giunto alla fine del 1939 ad un livello eccezionale.
Il 10 gennaio 1940 gli agricoltori vercellesi furono informati della decisione del Governo di fornire tutti i cittadini del Regno di una carta annonaria individuale, dotata di un certo numero di cedole. Il suo primo utilizzo era previsto per l'acquisto del caffè. Ogni consumatore doveva registrare la sua carta annonaria presso il proprio fornitore abituale entro il 27 gennaio, in modo che a partire del 10 febbraio fosse possibile ottenere il caffè nella razione stabilita. Nel frattempo il fornitore si sarebbe preoccupato di richiedere all'ente distributore il caffè necessario per soddisfare tutti i  clienti da lui registrati. La carta annonaria, si diceva, avrebbe potuto essere utilizzata per altri beni, da stabilire. Lo zucchero giunse dal 1° febbraio, con una razione di 500 grammi al mese. L'elenco degli interventi si susseguiva con regolarità  toccando mano a mano tutto quanto poteva avere attinenza col soddisfacimento dei bisogni elementari della popolazione civile e dell'esercito. Ad aprile furono presentate le norme da attuare per la mobilitazione, in caso di guerra assoggettando alla mobilitazione civile gli enti pubblici e privati, nonché i cittadini non sottoposti ad obblighi militari, compresi le donne ed i minori di età superiore ai tredici anni.                

Fra tutti questi annunci, il quindicinale degli agricoltori incrementò gli articoli e le notizie dì informazione tecnica, chiaramente indirizzati a migliorare la produttività dell'agricoltura. Il Consorzio agrario provinciale di Vercelli dall'inizio del 1940 iniziò ad occupare una pagina intera dì presentazione di macchine, sementi e concimi, mentre, purtroppo, ci si doveva confrontare con il razionamento delle fonti di energia come carbone e derivati dal petrolio, che appunto avrebbero dovuto muovere le macchine che non utilizzavano la trazione animale. Queste ultime, in ogni caso, erano ancora prevalenti.
 



Vercelli - Interno della stazione ferroviaria - Costruita nel 1884 - 1885 venne demolita nel 1940 per recuperare materiali di metallo a scopi bellici - Foto dell'archivio storico dell'ex-tipografia Chiais


Il ponte sul fiume Sesia

La guerra: imposizione di ammassi, tessera per i beni di prima necessità, la borsanera.

Nel 1940 l'Italia entrava in guerra con la Francia e l'Inghilterra.  Dopo l'avvio apparentemente facile del conflitto, che illude sulle reali possibilità italiane, arrivarono i  provvedimenti di guerra, con l'imposizione degli ammassi e il conferimento obbligatorio dei generi alimentari. Fu applicato il blocco dei prezzi di beni e servizi. Si diedero norme per l'oscuramento. Si applicarono addizionali di guerra all'imposta complementare sul reddito, che era stata diffusa alle categorie agricole sin dal 1925. Fu esteso il tesseramento a burro, olio, lardo e strutto, coinvolgendo Ì produttori agricoli in un controllo sempre più pressante delle loro produzioni. Il 1940 terminava con espressioni di incitamento agli agricoltori per un loro impegno totale al fine di garantire l'autosufficienza alimentare del paese in guerra.
Con il 1941 il clima cambiò, attraverso una propaganda che cercava di diffondere sentimenti di fiducia nella vittoria militare e contemporaneamente spingeva per un aumento generalizzato delle produzioni agrarie, mentre incominciavano ad apparire le conseguenze negative, come i risarcimenti dei danni di guerra, testimoni dei primi effetti dei bombardamenti aerei. Sul giornale incominciarono ad apparire le notizie sui caduti.
Il 1° ottobre del 1941 venne il tesseramento del pane e della farina di granoturco, con una razione rispettivamente di 200 e 300 grammi. Alla fine dell'anno fu necessario scrivere una nota sui guadagni degli agricoltori, come risposta ad una voce diffusa fra i consumatori stretti fra il regime dei calmieri e il razionamento generalizzato. Si ripeteva, con alcune lievi modifiche, la situazione vissuta già nella prima guerra mondiale, quando le necessità di alimenti di materie prime naturali avevano portato ad un regime di ammassi e di prezzi che garantiva gli agricoltori. Del resto, se da un lato si premeva per un aumento della produzione nei campi e nelle stalle, dall'altro non si potevano non applicare forme di incentivi che spingessero gli agricoltori verso gli obiettivi indicati.
Gli interessi degli agricoltori si orientavano sul regime dei prezzi. Infatti non era stata applicata una continuità fra i prezzi di acquisto dei prodotti agricoli e i prezzi finali di vendita ai consumatori. Si accusavano gli agricoltori di godere di condizioni di favore, nel senso che a loro sarebbero stati riconosciuti tutti i costi di  produzione ed un certo profitto, con interventi governativi che li sovvenzionavano facendosi carico dell'eventuale differenza necessaria per tenere sotto controllo i prezzi finali. Forse furono proprio i commercianti, gestori del razionamento, che si trovarono a lamentarsi maggiormente del trattamento loro riservato, con il mantenimento di prezzi calmierati e scarsi margine di ricarico per remunerare i loro costi.. I consumatori finali, soprattutto delle città, si lamentavano anch'essi dei prezzi e  vedevano con invidia la maggiore disponibilità di generi alimentari nelle campagne, derivante dalle quote riservate.

Non vi è dubbio che nel contesto generale siano state messe in essere anche forme di evasione. Un preciso indice lo si ritrova nella revisione delle leggi che sanzionavano i comportamenti illeciti, che si ebbe nel febbraio del 1942, dopo la legge generale dell'8 luglio 1941. Il sistema degli ammassi e del razionamento, senza dimenticare i rifornimenti per i militari, poteva offrire occasioni di trasgressioni in diverse fasi della vera e propria filiera che, partendo dalla terra, portava i prodotti finali al mercato dei consumatori.
Al momento degli ammassi era possibile giocare sulle quote esenti per i consumi familiari dei produttori, i responsabili della  custodia e della distribuzione delle merci ammassate potevano manovrare i movimenti dei prodotti, usufruendo di scorte variabili e buoni di assegnamento contraffatti, le tessere annonarie erano suscettibili di falsificazioni e di distribuzioni non corrette. In sostanza, era possibile, come in effetti avvenne in misura notevole negli ultimi anni di guerra, costruire un mercato parallelo a quello ufficiale, definito popolarmente come borsanera, che usufruiva dei prodotti sottratti al regime dei controlli. In ogni caso gli agricoltori non si ritrovarono più a gestire sovrapproduzioni, anzi la sovrapproduzione aziendale divenne un vanto tale da meritare premi, come quello stabilito nel 1942 per  il riso.
Come nella prima guerra mondiale, si erano allentate alcune delle norme limitative per la semina del riso e la formazione delle risaie. Si premiava sia l'aumento della produttività sia l'estensione delle superfici coltivate, spingendo ad utilizzare tutti i terreni disponibili, per marginali che fossero. Al di fuori  delle campagne si sarebbe arrivati a realizzare i cosiddetti orti di guerra, che si diffusero sugli stessi spazi destinati normalmente a giardini, privilegiando la coltura delle patate. Le richieste di risorse per i consumi continuavano a premere, coinvolgendo tutto quanto poteva essere utilizzabile. Anche i fieni e le paglie dovevano essere conferite obbligatoriamente.
Il clima creato all'inizio delle attività belliche incominciava a sfaldarsi anche sulle pubblicazioni ufficiali e ormai si faceva ricorso ad atti di fede. Nella primavera del 1942 l'articolo di fondo de L'agricoltore titolava appunto "Atto di fede".

I provvedimenti adottati dal Comitato Interministeriale per gli approvvigionamenti, la distribuzione e i prezzi allo scopo di assicurare alla Nazione una razione alimentare adeguata alla attuale situazione granaria, impongono a tutti gli Italiani una nuova prova di disciplina e di comprensione degli immensi valori storici che questa guerra universale ha posto in gioco. In questo momento tutti i figli d'Italia, a qualsiasi categoria economica e sociale appartengano, qualunque sia il campo del loro lavoro, devono essere sulla stessa linea e sentire come primo inderogabile dovere quello della solidarietà nazionale. Anche i rurali pertanto sono chiamati a dare il loro contributo. Tale contributo si concretizza nella cessione agli ammassi di una quota parte del grano o del granoturco - che essi hanno diritto di trattenere  per i bisogni alimentari propri, dei famigliari e dipendenti; quota che è parte corrispondente alla decurtazione arrecata alla razione di pane per i  non produttori. A parte il notevole contributo materiale che in tal modo si sarà recato al raggiungimento della saldatura tra il vecchio e il nuovo raccolto, l'apporto degli agricoltori ha un altissimo valore morale in quanto testimone ancora una volta della intima unità e fusione del popolo italiano, graniticamente compatto di fronte al nemico. La consegna delle aliquote di cereale deve assumere pertanto il carattere di una unanime manifestazione di fede patriottica e civile.

Si toccava in questo modo uno dei punti che più creavano contrapposizione fra i produttori agrari e i consumatori, che già avevano richiesto interventi delle organizzazioni degli agricoltori, cioè una differenza di trattamento per i consumi individuali e i margini di manovra disponibili nelle campagne.
In queste, del resto,  si stava verificando un'altra contrapposizione, fra i proprietari dei fondi e i loro affittuari, in quanto le quote esenti dagli ammassi interessavano essenzialmente questi ultimi. Vigendo il blocco dei contratti di affitto, all'interno di un sistema generale di blocco dei prezzi dei beni e dei servizi, i proprietari vedevano diminuire la loro rendita in termini monetari, con la riduzione del loro potere di acquisto. Le regole in essere risalivano al 1936 e fu avviata una vertenza per consentire il pagamento in natura di tutto o parte del canone, che portò ad nuovo accordo.
L'estate del 1942 vide completarsi l'intervento pubblico  in agricoltura con una disciplina "totalitaria" del raccolto che veniva definito come cerealicolo, anche se in essi erano compresi frumento, granoturco, riso, avena, orzo e segale, ma pure le fave e tutti gli altri prodotti atti alla panificazione. Le farine per la panificazione erano ormai predisposte con miscele variegate di sfarinati provenienti da tutti i grani suscettibili di lavorazione e di consumo alimentare. La lettura delle pagine sulla panificazione italiana del tempo di guerra suscita una sensazione di tempo fermato o non trascorso, in quanto si ritrovano quasi tutte le indicazioni che erano state date in occasione delle grandi carestie del Settecento, con la ricerca delle piante alimentari.   
Un aspetto importante della vita dell'agricoltura vercellese del 1942 lo si ritrova nella riorganizzazione delle strutture rappresentative e degli enti economici, semplificate e ridotte di numero.

La campagna di monda del 1943, se fosse stata attuata in periodo di pace, avrebbe potuto essere considerata come eccezionale, almeno a leggere il numero complessivo dei contingenti di mondariso stabiliti per la provincia di Vercelli: ben 26.310 contro i 24.30.0 previsti nel 1939. Giunsero quindi Le ore più gravi della nostra storia, come si espressero gli agricoltori vercellesi, nell'apprendere la notizia della nascita della Repubblica Sociale.

Nell'attuale momento storico, anche gli agricoltori hanno il preciso dovere di continuare, in disciplina, il duro lavoro dei campi, guardando l'avvenire economico della Nazione con senso di tranquillità.

L'anno 1943 terminava con la pubblicazione del Programma del Partito Fascista Repubblicano. Seguì il periodo dell'occupazione tedesca, delle incursioni aeree nelle campagne, del dramma degli sfollati dalle grandi città, della guerra civile sino al tracollo dell'aprile del 1945. È la fase più difficile da ricostruire sulla base delle fonti documentarie originali, in gran parte disperse e spesso distrutte, pur se esistono numerosissime testimonianze dei protagonisti, di valore molto differenziato. Senza volere né potere procedere ad una narrazione dettagliata degli eventi di quegli anni, si deve ricordare che le terre del riso, pur vivendo tutte le tragedie e le difficoltà derivanti dalle terribili vicende quotidiane, si trovarono nella condizione di essere considerate fra le poche ricchezze disponibili. Il riso del Vercellese e degli altri comprensori risicoli svolsero un ruolo importante nel fornire un contributo alle misere razioni alimentari distribuite con le tessere annonarie. Nell'inverno del 1944-45 sembrarono molto lontani Ì tempi in cui si vietava l'impiego delle farine di riso nella panificazione: in molti giorni il pane fu confezionato con sola farina di riso.
 


Fonti bibliografiche:-
- Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione agricoltori di  Vercelli e di Biella, 2002
 

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