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Il problema delle acque.


La sommersione della risaia attorno a Palazzolo.
 

Una più ampia disponibilità delle acque

Un primo, importante problema che Cavour dovette affrontare fu quello, fondamentale per un coltivatore di risaie, della disponibilità di acque: e non tanto per Leri, che ne era ampiamente fornita, quanto per Montarucco e soprattutto per il Torrone.  Per Montarucco cercò di ottenere a condizioni di favore le acque di risulta della vicina tenuta delle Apertole, appartenente al patrimonio della regina Maria Cristina; ma fu soprattutto per il Torrone che egli si trovò presto coinvolto in una di quelle guerre di acque che, nonostante i meriti e la indubbia superiorità della legislazione lombardo-piemontese in questa materia rispetto a ogni altra in Europa, caratterizzavano la vita e le relazioni di gran parte degli agricoltori della zona irrigua.  Assai importante per l'irrigazione del Torrone erano le acque appartenenti alla vicina tenuta di proprietà di Lorenzo Salino; ma i legami che sussistevano tra gli abituali utilizzatori delle acque dell'antico Lucedio coinvolsero assai presto, nelle controversie che ne nacquero, anche il marchese di San Giorgio, proprietario di Castelmerlino, e Luigi Festa, antico acquirente e affittuario delle tenute di Darola e Ramezzana, oltre alla società Marchetti
e Ferragatta, affittuaria dei canali demaniali.  Nella questione, che ebbe momenti addirittura drammatici,  Cavour si impegnò con energia e, anche, spregiudicatezza, tanto che suscitò le critiche non solo del Salino, ma anche del Festa e del San Giorgio, che protestarono vivamente presso il marchese Michele in nome dell'antica amicizia. Certo l'atteggiamento del conte in materia appare assai disinvolto a giudicare per esempio dal « mauvais tour » che confessava di aver « joué » alla società Marchetti e Ferragatta, « pour ne pas leur payer l'eau d'hiver ».  L'inevitabile conseguenza fu una serie di controversie giudiziarie, del resto tutt'altro che insolite, come si è detto, in questa materia e in quella regione.  Molta strada restava da percorrere prima di giungere alla costituzione dell'Associazione generale di irrigazione dell'agro all'Ovest del fiume Sesia, che fu la premessa del grande e benefico canale Cavour.
 

Interventi particolari a Leri: il drenaggio

"Ho la consolazione di pensare di aver introdotto l'uso del guano nel Vercellese.  Se potessi ancora farvi penetrare il drainaggio, in allora crederei avere bene impegnata la mia vita". Così si esprime Cavour in una lettera al Corio. La questione lo occupò per anni, durante i quali esclamava  < non morirò contento se non avrò tombinato almeno 500 giornate di Leri".
Dopo averne viste in Inghilterra grandi applicazioni, facilitate in ogni modo dal governo, prende informazioni dall'affittuario del conte Arrivabene, il quale ne aveva già fatta l'esperienza in risaia avvicendata, e da questi sente che ha fognato circa 600 giornate ed ha raddoppiato il prodotto del fondo.  Cavour manda un uomo a Mantova perché impari ogni particolare del sistema e dichiara che non morirà contento se non avrà
tombinato tutte le sue risaie, e se quest'idea può parer strana, egli osserva che l'uso del guano pareva più assurdo, eppure fu forza ai più tenaci di doversi ricredere.
Però soltanto nel '54 si mette decisamente all'opera, e colla consueta costanza non concede più pace al Corio, non volendo rimandare il lavoro a tempo indefinito, anche perché è stimolato da un riuscito esperimento avvenuto nel Novarese. I suoi vicini sono abbastanza propensi ad imitarlo, ed egli pensa ad una fabbrica di tubi, costruiti con l'argilla di Leri, organizzata da un operaio inglese. Cessata la cattiva stagione del 1855, torna a sollecitare i lavori, avendo dichiarato a Lord Palmerston che " se non otteniamo i Ducati alla pace, rinunzio alla politica e mi consacro al drainaggio ".

Si potrebbe chiedere perché, avendo tanto desiderio e convinzione, non estese subito ed in grande la fognatura, i cui buoni effetti vennero riconosciuti anche da altri. " Vedo bene, dice Cavour, che il capitale mi verrebbe estinto dal solo profitto di due o tre anni, né mi farebbe disagio la spesa.  Ma codeste novità introdotte di botto su larga scala non fanno che sbalordire anziché persuadere i miei vicini.  Se per mio lucro vorrei fognare tutte le tremila giornate, gli esempi alla spicciola, continuati ed insistenti, oltre che sono meglio accessibili alle fortune mezzane, insinuano meglio anche, come goccia che spesso cade, una più forte e sicura convinzione".
Il problema presentava una difficoltà speciale, perché le terre a risaia, se fognate, avrebbero troppo rapidamente smaltita l'acqua di sommersione, di cui ha bisogno il riso, esigendone quantità troppo forti.  Occorreva perciò modificare il sistema comunemente usato, e Cavour studiò il problema cogli ingegneri Bizot e Gauthier, ideando e perfezionando il sistema di fognatura ad effetto intermittente che, secondo il Borio, è una delle migliori invenzioni che onorano l'agricoltura moderna. L' ingegner Gauthier rende conto egli stesso dei lavori eseguiti, nell'Economia Rurale del Borio.

Il dreno principale, o collettore, percorre l'appezzamento nella sua lunghezza ed è diviso in più parti con pozzetti aventi da 15 a 20 centimetri di differenza di livello.  I  pozzetti hanno un corpo otturante ed uno sportello che servono, durante il tempo di sommersione della risaia, ad intercettare le comunicazioni dell'acqua fra due porzioni contigue del collettore.
I dreni semplici od elementari seguono le orizzontali del suolo.  Per impedire l'azione di drenaggio durante la sommersione della risaia, attorno ad ogni pozzetto si costruisce un ciglio di terra ben pigiata, alto fino al livello dell'acqua dell'aiuola più elevata della sua zona e si tura il tubo emissario del pozzetto col tappo otturatore.  Così il liquido si innalza fino al più alto livello, o quanto basta per equilibrare le pressioni, e la risaia è come non drenata. Questa disposizione, voluta da Cavour, non fu presa senza discussione, e dapprima l'ingegner Bizot voleva risolvere il problema in modo diverso con la creazione di un piccolo bacino artificiale di contropressione, obiettando che gli otturatori non avrebbero impedito affatto la pressione dell'acqua dei livelli superiori e avrebbero alla fine compromesso tutto il sistema di drenaggio.
Fu adottato comunque il sistema delle bocchette otturate voluto da Cavour, anche se , dopo la sua morte, si fognò molto poco nelle risaie di Leri. Non si fecero le necessarie riparazioni e ripuliture e ben presto le condutture rimasero inservibili.



I due tipi di tubi per il drenaggio, adottati e fabbricati dal Conte Cavour,
nelle fornaci da lui appositamente costruite.
 

Interventi sui problemi irrigui.

Cavour si interessò a fondo al problema dell'irrigazione ed egli deve aver anche abbozzato una sua memoria, di cui però non rimane alcuna traccia importante: proprio per le questioni d’acque egli ebbe numerosi contatti con l’illustre avvocato Giovannetti, a cui si deve la parte riguardante il governo delle acque del Codice Albertino del 1837. Cavour si impegnò in numerosi progetti per la regolazione delle acque ( ad esempio quello concernente la costruzione di un canale derivatore di acque dalla Dora a Cavaglià ), ma l'opera più importante sarà L'Associazione d'Irrigazione dell'Agro Ovest Sesia, un modello copiato in Francia e in Spagna, che determinò un notevole incremento della ricchezza nella regione. La questione viene affrontata in modo esaustivo in alcuni discorsi di Cavour alla Camera nell'anno 1853, quando egli ricopriva la carica di Primo Ministro.
 


Canale Cavour - bacino di derivazione


Il governo dava in affitto per appalto le acque derivate dalla Dora, con le quali s'irrigava il vercellese; altre acque erano di proprietà privata, ma gli agricoltori erano soggetti a tutte le specie di angherie da parte dei concessionari i quali percepivano per diritti d’acqua un compenso pari ad un 1/6 della produzione.
Per la mancanza di concimi chimici e per il non perfetto regime delle acque i terreni fertili rendevano 18 ettolitri di riso per ettaro, quelli mediocri 14 e gli inferiori 11,  vale a dire una media di 14,3 ettolitri per ettaro. Il prezzo medio del riso era 21,74 lire all’ettolitro, per cui il prodotto lordo della risaia era 311,53 mentre il valore dell’acqua veniva pagato circa 53 lire per ettaro. Nei terreni di varia natura la quantità d'acqua necessaria va da litri 1,93 a 2,20 a 4, cioè in media 2,64; quindi i coltivatori pagavano l'acqua 1966 lire per ogni 100 litri.

Così un giorno Cavour lanciò l’idea che maturava da tempo nella sua mente di costituire una società per la concessione delle acque. Essa si costituì solamente nel 1853 e stipulò con il governo un contratto trentennale, che fu poi rinnovato fino al 1914, per l’affitto delle acque. Tutti i possessori dei beni che possono essere irrigati con acque demaniali sono uniti in società e pagano al governo un tanto per ogni modulo di acqua che si deriva dai suoi canali. Il prezzo delle acque venne stabilito a 1550 lire al modulo di 100 litri, cioè circa 40,92 per ettaro corrispondente ad 1/8 del prodotto. E' da osservare che in seguito le condizioni mutarono perché la coltivazione si stava facendo intensiva, quindi pur restando costante la quantità d’acqua per irrigazione, si può calcolare che il prodotto salisse da 18 a 29 el. nei terreni fertili e negli altri da 14 a 22 e da 11 a 15. Quindi aumentando la produzione media da 14 a 22 el., per cui, dando lo stesso prezzo di 21,74 lire, il prodotto lordo saliva a 478,28 lire, ed il prezzo dell’acqua diventava 1/12 del prodotto, cioè la metà del prezzo che si sarebbe pagato agli antichi concessionari. Se poi si calcola che il prezzo del riso dal 1854 al 1880 è salito di 26 lire per ettolitro e la produzione lorda diventa 572 lire, di cui il prezzo dell’acqua è di 1/14, si vede quali immediati vantaggi portò l'opera di Cavour agli agricoltori vercellesi.

Un altro vantaggio si ebbe dal fatto che dal 1856 l’irrigazione si fece a bocca tassata, mentre la prima società mandava a bocca libera. Cavour si occupò molto della questione perché l’assemblea voleva alzare i prezzi mentre con l'Associazione l’idea era quella di beneficiare gli agricoltori tutti e specialmente quelli di fondi non estesi.   

Quando l'irrigazione era a bocca libera l'agricoltore non faceva nessun lavoro per preparare i terreni alla migliore utilizzazione dell'acqua. I concessionari a loro volta, per irrigare in fretta, mandavano grossi volumi d’acqua sui campi e quest’acqua doveva rimanere ferma per più tempo in modo da fare la piena e bagnare anche le alture non livellate, trasbordava da ogni parte rovinando il terreno arabile ed impoverendolo dei materiali fertilizzanti che finivano nei fontanili. Con la bocca tassata l'agricoltore studiò di sistemare il terreno ed i fossi conduttori, trasformò gli edifici distributori di legno in muratura spendendovi, è vero, ingenti somme, ma che ben presto portarono l’utile. Infine l’utente consumò meno, e l’acqua poté essere usata da un maggior numero di soci.
I prezzi dell'acqua erano così stabiliti

risaia 28 millesimi del modulo
parto 12 millesimi del modulo
meliga, trifogli, marzaschi   4 millesimi del modulo

Ecco come si strutturava il funzionamento della Società: nel 1884, comprendeva 20 mila soci; spese per il personale £ 75810; al governo per affitto d’acqua 874,240; imposte 78000; spese di riparazione 100.000 irrigando:

12047 ettari di risaia
4685 ettari di prato
      7015 ettari di marzaschi

La Società conta - nel 1913 -  14 mila soci in cui i canoni fondamentali sono quelli di Cavour. Acquista dallo Stato circa 700 moduli d’acqua derivata dal Po, dalla Dora, dall’Elvo, e dal Cervo, ma, poiché l’acqua di colo dei terreni spetta sempre all’associazione, paga poco più di 2000 lire e rivende l’acqua a 1600 lire al modulo. Comprende 60 consorzi, ed irriga circa 50 mila ettari, di cui 2/3 sono a riso, meliga e prato stabile, ed 1/3 a granella da raccolto.
Questi sono i risultati ottenuti dall'opera di Cavour.
Da questo si comprende come, alla sua morte, i membri dell’associazione concorressero con 25 mila lire per il monumento da erigere a Vercelli: 500 per il monumento nazionale a Torino e 1000 per il busto di marmo nella sala delle adunanze; e ottimamente fece la Camera Italiana nel 1862 , dando il nome di Canali Cavour al complesso degli scavi e campi d’irrigazione di tutta la regione.


Cavour, riunì anche tutta la documentazione sui corsi d’acqua derivati dai fiumi e torrenti in un unico fondo ed ufficio alle dirette dipendenze del ministero dell'Agricoltura. Fu così composto un insieme di testimonianze, importanti per conoscere le diverse origini e ragioni dei diritti d’acqua, per un territorio vastissimo corrispondente al bacino del Po e dei suoi affluenti nella regione piemontese. L'insieme delle carte comprende gli atti di concessione e di passaggio del possesso dei diritti a partire dal tardo medioevo;. per i secoli più recenti contiene anche una collezione di rappresentazioni iconografiche con mappe del corso dei vari canali e derivazioni, con le prese d'acqua, le chiuse, le ruote con i relativi mulini e piste e quant'altro fosse collegato all'acqua. Il fondo che iniziò dalle disposizioni di Cavour è continuato nel tempo sino a noi, dopo essere stato conservato presso l'amministrazione dei canali demaniali, indicata anche come amministrazione dei canali Cavour. La maggior parte della documentazione concerne proprio le acque del Vercellese
 

Una prima progettazione del Gran Canale Cavour

Il
canale Cavour, la grande opera che modificò l'assetto idrografico dell'area vercellese, fu ideata dall'agrimensore vercellese Francesco Rossi tra il 1842 ed il 1846, e venne riprogettata dall'ispettore delle Finanze ingegner Carlo Noè nel 1852 per incarico del  Cavour, al tempo Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Piemontese. I lavori di costruzione del canale ebbero inizio nel 1863, dopo la proclamazione del Regno d'Italia e Cavour non potrà verificare i benefici effetti della struttura.
 


Il tracciato del Canale Cavour
 


  FontI bibliografiche:
- Rosario Romeo, Cavour e il suo tempo, Laterza 1969 ( vol.1°) - L'attività agricola e i suoi problemi, pp: 656 - 657
-
Cavour agricoltore: lettere inedite di Camillo Cavour a Giacinto Corio, Firenze 1913 - Prefazione di Ezio Visconti, pp.43 sgg.
 

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