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Il sistema corporativo

Il sistema corporativo varato dal Fascismo è sentito come un sistema economico completamente nuovo, diverso sia dal liberismo sia dal protezionismo incontrollato sia dagli schemi socialisti del capitalismo di Stato. Si fonda, secondo la precisa volontà del Duce, sul concetto dell’autodisciplina delle categorie, subordinate allo stato, per l’attuazione di una comune politica economica “totalitaria”.

Tra gli economisti dell’epoca si svolge un approfondito dibattito. Una buona definizione viene da Lorwin (ROSSINI, pag. 29): “Un sistema di organizzazione economica nel quale tutte le officine, aziende, industrie… sono considerate come unità coordinate di un sistema unico, in modo da permettere la utilizzazione di tutte le risorse disponibili per soddisfare al limite massimo i bisogni di un popolo in una determinata epoca”. Non mancano detrattori: Ugo Spirito lo definisce come “negazione dell’economia”, altri temono che si riproducano i negativi effetti delle Corporazioni medievali… Interviene nel dibattito anche Luigi Einaudi che nello studio “La Corporazione aperta”, citata in ROSSINI, pag. 30, scrive: “Le antiche Corporazioni caddero perché erano divenuti corpi chiusi, monopolistici, privilegiati;… perché respingevano i nuovi, gli inventori, i creatori … di nuovi prodotti; perché creavano una classe di paria… Finché i paria furono pochi, il sistema resistette; cadde quando i paria, divenuti molti, …vollero avere la loro parte… Il carattere fondamentale della Corporazione moderna è di essere aperta…L’ organizzazione corporativa è incompatibile con un residuato di uomini e di capitali legalmente disoccupati. Essa deve non limitare ma selezionare imprese, imprenditori, lavoratori…”

Prima della fondazione dell’Ente risi il governo fascista prende i seguenti provvedimenti:

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è istituito il mercato a termine del riso nella borsa cereali di Milano, ma il provvedimento decade nel ’34 su richiesta dell’Ente risi
-        nel ’28 sono istituiti il Marchio Nazionale e i tipi ufficiali per l’esportazione
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fra ’29 e ’30 nasce il Consorzio nazionale dei risicoltori, che però avrà importanza limitata
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si fa propaganda per il consumo interno sottolineando le qualità alimentari del riso
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sono ridotti del 50% i costi di trasporto ferroviario del riso; le agevolazioni sono però revocate dopo la fondazione dell’Ente risi.

L’Ente risi nasce con R. Decreto Legge del 2 ottobre 1931 n. 1237, modificato poi con Leggi n. 1785 del 1931 e n. 1932 del 1933. Lo scopo è quello di “provvedere alla tutela della produzione risicola nazionale e delle attività industriali e commerciali che vi sono connesse, promuovendo e sostenendo iniziative rivolte al miglioramento della produzione, della trasformazione e del consumo del prodotto”. La sede è Milano. L’art. 2 del decreto costitutivo precisa che  l’ente è amministrato da un  Consiglio formato da un Presidente di nomina governativa, da nove risicoltori designati dalla Confederazione generale fascista degli agricoltori, da un rappresentante della confederazione nazionale dei sindacati fascisti dell’industria, da un rappresentante del sindacato nazionale dei tecnici agricoli, da due rappresentanti della confederazione nazionale fascista del commercio, tutti designati dalle rispettive Confederazioni.

I produttori hanno obblighi relativamente semplici:

-        entro il 30 luglio di ogni anno devono denunciare all’Ente la superficie coltivata a riso, specificando le semine dirette e i trapianti, e precisando le varietà seminate
-        entro il 10 novembre devono denunciare il preciso quantitativo del risone raccolto
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prima di effettuare qualsiasi lavorazione o utilizzazione del risone devono farne denuncia all’ente pagando i “diritti di contratto”
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devono denunciare entro tre giorni ogni contratto di vendita del risone
-        devono giustificare con apposito documento ogni trasporto di risone.

Gli altri partecipanti alle contrattazioni (industriali, commercianti ecc.) sono obbligati a denunciare all’Ente i contratti di compravendita pagando i “diritti di contratto”, devono tenere un registro giornaliero di carico e scarico con tutti i movimenti effettuati nel magazzino e devono settimanalmente comunicare tutte le operazioni eseguite.

L’Ente sorveglia attraverso periti tecnici che verificano le superfici coltivate e ispettori amministrativi che controllano i movimenti del risone. Il servizio di repressione delle frodi,  in un primo tempo gestito da agenti dell’ente, dal dicembre del ’33 è affidato alla Guardia di Finanza.

L’Ente si differenzia dagli Istituti di tipo parastatale ed ha carattere corporativo, poiché lo Stato crea lo strumento della disciplina economica e gli conferisce il privilegio di percepire la tassa che va a costituire un adeguato fondo di manovra, nomina il Presidente, forma il C. d. A. chiamando a farvi parte tutti i rappresentanti  delle categorie interessate e costituisce il Collegio dei revisori dei Conti, limitandosi però ad indicare gli scopi generali, cioè di provvedere alla tutela della produzione risicola, agevolando la distribuzione ed il consumo, senza ingerirsi in aspetti strettamente tecnici. La responsabilità del raggiungimento degli scopi è affidata ai rappresentanti delle categorie interessate.

Tra gli economisti dell’epoca, però, alcuni non sono d’accordo circa la natura corporativa dell’Ente: ad es. Giorgio Mortara, citato in ROSSINI, pag. 121, parla dell’ente risi e di altri consimili, come ad es. l’Ente serico, i consorzi siderurgici, l’Istituto cotoniero ecc., come di organi distaccati della Pubblica Amministrazione che temporaneamente assumono il controllo dell’attività economica o addirittura come cartelli di imprenditori costituiti sotto l’egida dello Stato.
 

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