I trionfi d'amore e l'incombente fuga del tempo.

● Una raffinata celebrazione dell'amore alla corte ferrarese

Le rappresentazioni allegoriche degli affreschi del Salone dei mesi, in Palazzo Schifanoia a Ferrara, testimoniano il raffinato impiego del mito in chiave illustrativa dei cicli stagionali presente presso la corte estense alla fine del Quattrocento. Qui la tradizione cavalleresca di Boiardo, Ariosto e Tasso, inserirà il tema amoroso accanto a quello delle armi, mentre sottili riferimenti astrologici servono per recuperare le nascoste corrispondenze tra il mondo astrale posto sotto l'influsso divino e la Terra popolate dalle molte esistenze umane.
Il carro trionfale dell'amore con Venere issata al centro, trainato da due cigni, animali a lei sacri ( come le colombe, la lepre, la tartaruga e la conchiglia marina ) celebra l'affermazione di questa benevola influenza sugli uomini nati in questo mese. Ai lati gruppi di giovani amanti tra cespugli di fiori, mentre i conigli che sbucano qua e là simboleggiano l'unione feconda.
 


Francesco del Cossa, Mese di Aprile, Trionfo di Venere, Ferrara, Palazzo Schifanoia, salone dei Mesi, 1469-1470 c.

● I personaggi della canzona Bacco ( Dioniso ) ed Arianna, Sileno e Mida nella memoria del mito

Bacco è divinità greco-romana, il cui simbolo, oltre al viticcio e all'edera rampicante, era costituito dal tirso, un bastone simile a uno scettro, sormontato da un fitto intreccio di foglie d'edera avviluppate, tipico di Dioniso e dei suoi seguaci, Satiri e Baccanti. La divinità ebbe diversi nomi a seconda dei luoghi nei quali era onorata; a Roma era nota come Bacco o Libero, in Oriente come Zagreo o Bassareo o anche Leneo, e il suo aspetto era sempre quello di un giovane bellissimo, con il capo riccioluto e incoronato da pampini e da viticci. Per un verso dio gioviale, sorridente e simbolo del tripudio e della ricchezza della natura, per l'altro legato a riti oscuri e talvolta selvaggi, frutto forse dei rapporti del culto del dio con territori barbarici e primitivi, nei quali  si propiziava il favore della natura mediante sacrifici di animali.

Per i greci Dioniso era il dio del vino e della vegetazione, che insegnò agli uomini la viticoltura. Figlio di Zeus e della mortale Semele, figlia del re di Tebe, Cadmo,  venne spesso raffigurato sui vasi come dio della vegetazione, con un corno per bere e tralci di vite. Come divinità legata a culti orgiastici ( esaltazione sfrenata degli istinti ) ha per sue seguaci, le menadi o baccanti, che lasciavano le case e vagavano nei boschi celebrando il dio nell'ebbrezza dionisiaca, al limite di una condizione di selvaggia violenza. Secondo la tradizione, Dioniso moriva ogni inverno per rinascere in primavera, simboleggiando, con la rinascita e la ricomparsa dei frutti sulla terra, la promessa della ripresa dei cicli vitali della natura.
Dal V secolo a.C. Dioniso fu conosciuto presso i greci anche come Bacco, e baccanti erano dette le sacerdotesse che lo invocavano durante i culti misterici, nati probabilmente dalle feste di primavera e divenuti un'occasione per abbandonarsi al vino e agli sfrenati istinti del corpo. Fu in questa forma che il culto di Dioniso si diffuse presso i romani, dove i suoi misteri furono chiamati, nel II secolo a.C., Baccanali, e divennero così sfrenati da incorrere nella proibizione del senato romano nel 186 a.C. Tuttavia i  misteri di Dioniso rimasero ancora popolari per almeno altri trecento anni.
 


Tiziano, Bacco e Arianna, National Gallery, Londra,
già nello Studiolo di Alfonso d'Este a Ferrara
 

Arianna. Minosse, re di Creta, diede incarico a Dedalo, di costruire un labirinto talmente intricato dal quale nessuno sarebbe potuto uscire, per rinchiudervi il Minotauro, in modo che non avesse alcuna possibilità di fuga. Dedalo, nella speranza di guadagnarsi la fiducia del sovrano, costruì quello che è noto alla storia come il labirinto di Cnosso. Vuole la leggenda che il Minotauro venisse rinchiuso nel labirinto e che ogni anno sette giovani e sette fanciulle ateniesi (che erano stati vinti dal re di Creta) venissero sacrificati al Minotauro per saziare la sua fame di carne umana. Per due volte fu ripetuto il sacrificio fino a quando, alla terza spedizione, giunse a Creta Teseo, figlio di Etra ed Egeo, sovrano di Atene, fingendosi parte del gruppo dei sacrificandi con l'intento di porre fine ai sacrifici. L'impresa era molto difficile non solo perché doveva uccidere il Minotauro, ma  perché una volta entrato nel labirinto, era impossibile uscirne.

Il giovane si innamorò di Ariannafiglia di Minosse e da questa fu aiutato nell'impresa che avrebbe liberato Creta dal Minotauro. Infatti quando fu il turno di Teseo di entrare nel labirinto, questi dipanò lungo la strada un rocchetto d filo, fornitogli da Arianna, su suggerimento di Dedalo. Quando Teseo giunse al cospetto del mostro lo uccise e riavvolgendo il filo, riuscì ad uscire dal labirinto. Finì così l'orrendo sacrificio che era stato imposto da Minosse agli ateniesi e contemporaneamente Teseo ed Arianna fuggivano da Creta recandosi a Nasso.
Non appena sbarcati, Teseo, dichiarò ad Arianna che aveva finto di amarla per salvarsi dalla prova del labirinto e abbandonò la fanciulla sulla spiaggia. Arianna, rimasta sola, iniziò a piangere fino a quando apparve al suo cospetto il dio Dioniso che per confortarla le donò una meravigliosa corona d'oro opera di Efesto,
 la sposò e la portò con sé. Venne poi mutata dal dio in una  costellazione splendente: la costellazione di Arianna.

Secondo la leggenda Sileno, compagno e maestro di Dioniso, era caduto dalla groppa del suo asino, perché ubriaco, nel giardino di re Mida. Questi allora gli prestò soccorso e il dio, in segno di riconoscenza per la sua generosità nei confronti di Sileno, gli concesse di esaudire un suo desiderio. Mida richiese allora che tutto ciò che toccava si potesse tramutare in oro. La richiesta fu prontamente esaudita, ma con conseguenze impensabili e destinate a sollevare non pochi problemi al re: persino il cibo che egli toccava per portarselo alla bocca diventava oro nelle sue mani. Mida si vide perciò costretto a richiedere al dio di ritirare la sua grazia e di far cessare gli effetti dello straordinario potere che gli aveva concesso perché altrimenti sarebbe morto di fame e di sete. Dioniso gli ordinò allora di bagnarsi nelle acque del fiume Pattolo, che ebbero l’effetto di cancellare ogni traccia dei poteri straordinari del re, e che, secondo la tradizione, da quel giorno divennero ricche d’oro.

http://www.sullacrestadellonda.it/mitologia/dioniso.htm
http://digilander.libero.it/AkiraKoga/BaccoDioniso.html
http://www.elicriso.it/mitologia-ambiente/minosse/minosse.htm
http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/altro/Mida.html
 


Dosso Dossi, Trionfo di Bacco, prima metà XVI sec.


A. Carracci, Trionfo di Bacco ed Arianna, 1601

 

● La canzona di Bacco ( Trionfo di Bacco ed Arianna ) di Lorenzo il Magnifico

Si tratta di una composizione poetica che appartiene al genere della ballata, formata  da sette stanze di ottonari,  separate da una ripresa di quattro versi, con coincidenza, negli ultimi tre, delle parole in rima: «tuttavia»/«sia»/« certezza»; gli ultimi due versi, a loro volta, si ripetono identici, rafforzando la cadenza di un ritornello divenuto quasi proverbiale.

La canzone a ballo, musicata, accompagnava uno dei cosiddetti trionfi, carri mascherati che, inventati dallo stesso Magnifico, sfilavano per le vie di Firenze durante il carnevale, con accompagnamento di musiche e canti. Il genere dei "canti carnascialeschi" ( carnevaleschi ), ebbe molta fortuna fino al Cinquecento. Il testo venne composto probabilmente per il carnevale del 1490.

Il canto è dedicato a Bacco, la divinità del vino e, per estensione, della gioia e del piacere. L'allegoria mitologica ha radici nella letteratura conviviale dell'antichità, ma il tema si ritrova anche nella letteratura medievale, , secondo una concezione "carnevalesca" che canta il godimento della  vita e dei sensi e che si pone  contro ogni visione ascetica di induca alla rinuncia ai beni del mondo. La ripresa di questa tematica, da parte di Lorenzo il Magnifico, appare elaborata sul piano dei riferimenti letterari. Il canto bacchico ha un andamento leggero e incalzante, come si conviene ad un canto che accompagni un carro carnevalesco. Ma i riferimenti mitologici sono precisi e nascondono precisi rimandi simbolici e metaforici. La ricerca del piacere , che sembra ispirare le tesi dei vari personaggi mitologici, congiungendo giovani e vecchi nell'esaltazione della gioia del vivere, è affiancata da una concezione di  fondo pessimistica e malinconica: quella che si basa sul trascorrere del tempo e sulla caducità dei beni terreni. E questo uno dei motivi fondamentali anche della poesia di Petrarca ( La vita fugge e non s'arresta un'ora ), che l'aveva sviluppato nel senso della ricerca interiore. Qui il motivo resta piuttosto esterno e superficiale,  risolto nell'ambito di stilemi prevalentemente decorativi e formali. Nel ritornello divenuto quasi proverbiale ( Chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c'è certezza ) , si alternano in parallelo di versi  che alludono, rispettivamente, alla bellezza e alla gioia da un lato, al fuggire della giovinezza e alla precarietà del futuro dall'altro, con un ritmo facile e cantabile.
 

Lorenzo il Magnifico - Canzona di Bacco  - recitazione


Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco ed Arïanna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.

Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;

or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe hanno anche caro
da lor essere ingannate:

non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate:

ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol essere lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d'anni pieno;
 

se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?

Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?

Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;

ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!

Non fatica, non dolore!
Ciò c'ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mappa di riferimento

 

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