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F. Petrarca - Quanto più m'avicino al giorno estremo  
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Quanto più m'avicino al giorno estremo
che l'
umana miseria suol far breve,
più veggio il
tempo andar veloce e leve,
e 'l mio di lui
sperar fallace e scemo.

Quanto più si accosto al giorno della morte
che suole rendere breve la misera esistenza umana
tanto più vedo scorrere il tempo veloce ed impalpabile,
scorgo falsa e vana la mia speranza
I' dico a' miei pensier' : Non molto andremo
d'amor parlando omai, ché 'l duro e greve
terreno incarco come frescha neve
si va struggendo; onde noi pace avremo:

io dico ai miei pensieri. Non a lungo proseguirà
il nostro ragionamento d'amore, poiché il corpo, peso oneroso
va estinguendosi come fresca neve;
cosicché ci toccherà alfine la pace eterna:
perché co·llui cadrà quella speranza
che ne fe'
vaneggiar sì lungamente,
e 'l riso e 'l pianto, e la paura e l'ira;

Con il corpo verrà meno la speranza
che tanto  a lungo mi fece vaneggiare,
verrà meno il riso, il pianto e l'ira ( ogni emozione).
sì vedrem chiaro poi come sovente
per le
cose dubbiose altri s'avanza,
e come spesso
indarno si sospira.

così vedrò chiaramente come spesso
l'uomo si affatichi vanamente dietro cose incerte
e quanto spesso si desiderino beni vani

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