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I paesaggi urbani di Mario Sironi: arcaismo ed essenzialità nelle sintesi espressive della città industriale degli anni Venti e Trenta


Mario Sironi, Il camion, 1915

La. produzione di Sironi alla soglia degli anni Venti tende ad assestarsi in forme monumentali man mano si va determinando la poetica poi indicata come "Nocecentista". Sono di questi anni le prime periferie urbane, che l'artista riprenderà in diversi periodi della, sua. attività. Il tema dei paesaggi urbani era già stato affrontato in chiave futurista, ma negli anni Venti la città assume una connotazione particolare, diventa pura astrazione, emblema  del dramma dell’uomo contemporaneo.
Gli scenari urbani sono evocati in strutture volutamente arcaizzanti, caratterizzate dalla riduzione geometrica delle forme e dalla vigorosa costruzione plastica. Il ritorno all'antico, sollecitato in pittura, viene riproposto da Sironi anche tramite il recupero di tecniche classiche, come l'affresco, il mosaico, il bassorilievo monumentale.

Il messaggio di fredda desolazione è trasmesso dalle tristi solitudini e dalle atmosfere cupe, degli spazi deserti  delle periferie, solcate solo da qualche mezzo di trasporto o da sagome isolate di passanti. E' questa una riflessione amara e angosciata sul tema della nuova civiltà urbana e industriale delle officine e delle macchine senza riferimento ad un luogo preciso e con valenze quasi metafisiche.

"Queste visioni
- come sottolinea Margherita Scarfàtti- posseggono un carattere aristocratico, di limpido rigore formale, segnato da un duro arcaismo preclassico. Le desolate rappresentazioni delle squallide periferie restituiscono un senso cupo e oppressivo di solitudine operaia e di tormento esistenziale. Jean Clair, in un articolo scritto per la mostra milanese del 1985 , dedicata a Sironi, pone in rilievo il modo singolare in cui il pittore impiega la prospettiva"..

"Le attività dello spirito geometrico, per esempio la scienza della prospettiva, in quanto organizzatrice delle proprietà dello spazio o l'arte del costruire l'architettura, nel suo appoggiarsi alla misura, al peso, alla tensione dei materiali.. sono tutte attività poste sotto il segno della Malinconia. Così già Durer aveva detto, parlando dell'immaginazione melanconica legata alle arti del numero e della misura.(...) La prospettiva è anche artificio che, al di là del visibile, ci introduce nel discorso sulla scarsità di realtà del mondo; immagine di un falso infinito, essa crea l'illusione di uno spazio unicamente attraverso la combinazione di rapporti di proporzioni.
Questa illusione ci introduce all'assenza di essere e alla sospensione dei sensi.(... ) L'architetto (1922), L'ingegnere (1928) sono opere che possono spiegare l'attrazione quasi metafisica di Sironi per la razionalizzazione prospettica dello spazio. L'uomo afferma il potere della ragione sul caos del mondo, ma questo potere non è ancora abbastanza potente per liberarlo dal caos. Sufficientemente intelligente per capire la complessità del mondo, egli è pietrificato dalla sua stessa intelligenza: stupito di questo sapere cosciente.(...)

 


M. Sironi, Paesaggio urbano con camion, 1920-1921
 


M. Sironi, Paesaggio urbano, 1922
 


M. Sironi, Periferia, 1922
 


M. Sironi, Periferia, 1922
 

Nella seconda metà degli anni Venti la seduzione per l'ordine prospettico cede il posto alla vertigine di architetture sovradimensionate, vicino alle quali e all'interno delle quali l'uomo apparirà minacciato, perduto, inghiottito:

 "La malinconia moderna è una coscienza sommersa e inghiottita dalla realtà stessa. E' una coscienza che nella sua ossessione della morte, finisce per diventare cosa essa stessa, per considerarsi oggetto pietrificato, come se la realtà inerte delle cose fosse diventata l'unico rifugio, la sola consolazione".

 


M. Sironi, Paesaggio urbano, 1926

 


M. Sironi, Paesaggio urbano con fabbrica e cavalcavia, 1926
 

 

L’impegno artistico di Sironi ha avuto anche un risvolto istituzionale, facendo parte delle diverse organizzazioni che hanno operato all’interno dello stato fascista; fra queste il Sindacato lombardo fascista per le belle arti, fondato nel 1927. In questo clima, in cui gli interessi artistici si saldano a quelli politici, divenendone l’espressione, si sviluppa la concezione di Sironi di un’arte destinata alla collettività e realizzata in grandi spazi pubblici. Per questa ragione la produzione Sironi, che coincide con l'ascesa del regime fascista, appare strettamente collegata all’opera dei più importanti architetti del tempo. Il mosaico (  L'Italia corporativa, 1936 ), realizzato nella fabbrica vetraria Salviati di Venezia, è stato esposto all’Esposizione universale di Parigi del 1937, per poi essere collocato nel Palazzo dell’Informazione, costruito da Giovanni Muzio nel 1942, insieme ad alcune sculture eseguite dallo stesso Sironi.
Vi si celebra una concezione solidale delle attività produttive, che vede nelle finalità della nazione fascista gli obiettivi ultimi di tutte le categorie lavoratrici. L'arcaismo austero della composizione ha il compito di riaffermare la dignità artistica del soggetto, allontanandolo dalla sua evidente componente propagandistica.
 

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M. Sironi, L'Italia corporativa, 1936

 

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M. Sironi, L'architetto, 1922
 


M. Sironi, L'ingegnere, 1928
 

 Le elaborate composizioni multiple degli anni quaranta e cinquanta parlano di una nuova fase di evoluzione del linguaggio del pittore verso l'astrazione e l'impiego fortemente materico del colore..
 


M. Sironi, La grande chiesa, 1945
 


M. Sironi, Paesaggio urbano, 1945
 

 

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