"Con Baudelaire l'arte rivendica il diritto a trattare il brutto anche nella
sua forma più estrema, quella del disgustoso. Già
Aristotele si era posto la domanda sul
perché nell'arte ci attrae ciò che nella vita ci spaventa o ci ripugna;
aveva risposto mostrando come la loro adeguata
rappresentazione le purifichi e le renda non solo tollerabili, ma persino
gradevoli. L'arte, grazie alla forma che trasfigura ogni contenuto
compie la meravigliosa metamorfosi del brutto reale in bello efficacemente
rappresentato. In Baudelaire la bellezza non solo include il ripugnante, ma
è anche al di là del bene e del male morale: il suo
sguardo infernale e divino
versa mescolati il beneficio ed il crimine e nei suoi occhi cavi, da
Musa malata, popolati da visioni notturne, si riflettono alternativamente
l'orrore e la pazzia. La Bellezza mostro spaventoso enorme ingenuo
conserva in Baudelaire, ben visibili ed addirittura ostentate le
sembianze disgustose delle bestie più sordide e dei cadaveri , senza
velarle o tentare di trascenderle mediante una facile purificazione. Il
bello ricorda così quel fattore di sgomento e di orrore del vivere, che
abbiamo conosciuto in un tempo immemorabile e che ci è stato in origine fin
troppo familiare, prima di diventare estraneo a causa della rimozione. La
poesia di Baudelaire riscatta tale rimozione. Pur nello sforzo di rendere
questo universo meno ripugnante / e questi brevi istanti meno gravi,
lo choc della bellezza
provoca il riconoscimento ( sempre peraltro sempre presentito ) del caos
insormontabile da cui parte e su cui campeggia la ricerca di senso
dell'esperienza.
(...) Solo le forme, spoglie e scarnificate, resistono alla loro
separazione, al potere della morte, sfuggendo al destino degli altri esseri
al prezzo però di perdere consistenza, costrette a sopravvivere in esilio,
nel mondo incerto del ricordo di una vita
anteriore ( Una carogna ). La divina essenza della forma è
immortale, in quanto non essendo composta di parti o di molecole, al
pari della materia, essa non può ulteriormente dissolversi in elementi
semplici.".
tratto da Bodei - Le forme del bello - Il Mulino pp,101-104
|
Inno alla Bellezza
Vieni dal ciel profondo o l'abisso t'esprime,
Bellezza? Dal tuo sguardo infernale e divino
piovono senza scelta il beneficio e il crimine,
e in questo ti si può apparentare al vino.
Hai dentro gli occhi l'alba e l'occaso, ed esali
profumi come a sera un nembo repentino;
sono un filtro i tuoi baci, e la tua bocca è un calice
che disanima il prode e rincuora il bambino.
Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri?
Segue il Destino, docile come un cane, i tuoi panni;
tu semini a casaccio le fortune e i disastri;
e governi su tutto, e di nulla t'affanni.
Bellezza, tu cammini sui morti che deridi;
leggiadro fra i tuoi vezzi spicca l'Orrore, mentre,
pendulo fra i più cari ciondoli, l'Omicidio
ti ballonzola allegro sull'orgoglioso ventre.
Torcia, vola al tuo lume la falena accecata,
crepita, arde e loda il fuoco onde soccombe!
Quando si china e spasima l'amante sull'amata,
pare un morente che carezzi la sua tomba.
Venga tu dall'inferno o dal cielo, che importa,
Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,
se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta
m'aprono a un Infinito che amo e non conosco?
Arcangelo o Sirena, da Satana o da Dio,
che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,
luce, profumo, musica, unico bene mio,
rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?
|