
G. Moreau, I liocorni
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A. Séon- Orfeo |
La modernità
problematizza l'idea di bellezza ( allontanandola dalla fissità di
modelli ideali legati al passato e ponendola in relazione con la vitalità
forte e significativa del presente ). Tale bellezza scaturisce ad esempio
dalle contraddittorie ed ambigue valenze
della vita urbana. In Verlaine tuttavia, a differenza di Baudelaire,
non c'è la forza per costruire una vera poetica del
sublime en bas. C'è piuttosto il fascino dell'abbandono a una
dimensione decadente, che evoca - in analogia
con la società di fine secolo, avvolta in fatui piaceri - l'età del Basso Impero
romano, tempo di corruzione, di insane certezze, di piaceri raffinati,
assaporati con l'ansia della fine di un mondo ( Languore
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Monet - Impressione del sole nascente
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P. Verlaine - Il chiasso dei caffé, il fango dei
marciapiedi ( 1870 )
“Il chiasso dei
caffè, il fango dei marciapiedi,
i platani che si sfogliano nell’aria scura avviliti,
l’omnibus, uragano di ferraglia e di mota,
che stride, mal seduto sulle sue quattro ruote,
e gliocchi verdi e rossi lentamente roteando
gli operai che al club si avviano fumando
in faccia ai poliziotti pipette micidiali
tetti che gocciolano, selciato unto, muri umidi,
rotto bitume di fogne un traboccare immondo,
questa la mia strada – il paradiso in fondo.
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A. Séon, Il lamento di Orfeo ( 1896 )
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G. Moreau, Giove e Semele
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P. Verlaine - Languore
a Georges Courteline.
Io sono l'Impero
alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti in aureo stile
in cui danza il languore del sole.
L'anima solitaria soffre di un denso tedio.
Laggiù, si dice, lunghe battaglie cruente.
Oh, non potervi, così debole nei miei lenti desideri,
oh, non volervi fiorire un po' quest'esistenza!
Oh, non volervi, non potervi un po' morire!
Ah, tutto è bevuto! Batillo, hai finito di
ridere?
Ah, tutto bevuto, tutto mangiato!
Più nulla da dire!
Solo, una poesia un po' sciocca
da gettare nel fuoco,
solo,
uno schiavo
un po' frivolo che vi trascura, solo,
una noia di chissà cosa che vi affligge!
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Il sonetto ricostruisce - attraverso riferimenti ed emblemi storici -
il sottile legame che unisce la bellezza evanescente
della parola poetica al senso di corruzione
e di decadenza che affiora
dall'estenuazione di un'intera età, privata di valori, ideali, programmi
d'azione.
L'età del Basso Impero è evocata come emblema di
minacciose insicurezze: i barbari del nord alle porte, forti e
terribili nel loro imminente urgere ai confini... ed intanto
la fuga di una miope aristocrazia nel piacere,
nell'eccesso, nel lusso raffinato che vuole l'evasione fatua del
divertimento e del sogno, in quanto è incapace di fronteggiare i
pericoli incombenti. E' la crisi di un mondo che
rinuncia all'azione ed alla sua stessa difesa. La fine dell'800
appariva un'età altrettanto malata, attaccata alle false certezze del
progresso e della scienza, alla ricerca di un piacere sempre più bilanciato
tra godimento e impulso di morte. Anche il concetto di
bellezza vive di questa strana ambiguità,
staccandosi dalle connotazioni forti, dalla vitalità della natura, dalla sua
tensione interna che l'artista romantico riflette e quasi assorbe.
Quest'idea di bellezza è invece incapace di forza e di
tensione: si adagia nelle mezze tinte, nella
musicalità
sottile, nello sfumato, nell'indeciso..... Il verso è impari; colori e
suoni sono mescolanze, fusioni, frutto di raffinate e cangianti sensazioni
sempre aperte e imprevedibili nei loro sviluppi.
Sono
acrostici indolenti
quelli che il poeta può produrre in
questo tempo, versi in cui si esprime un compiaciuto ripiegamento sulle
fragili parvenze della natura; una natura
in cui danza il languore del sole, scenario
tacito, dissolvenza di luce e calore, raffinata evanescenza.
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